Mi accorsi che mio figlio Nicola era diverso dagli altri ragazzi una mattina d’estate di qualche anno fa.
Aveva da poco compiuto diciotto anni e da buona madre gli stavo preparando la colazione, prima che uscisse per andare con gli amici in spiaggia.
Venne in cucina e mi diede il buongiorno con un bacio sulla guancia, quindi si sedette a tavola per mangiare i suoi corn flakes.
Ma notai che c’era qualcosa di strano.
Teneva la sua mano sinistra continuamente poggiata in grembo, mentre con l’altra afferrava con forza il cucchiaio. Lo stringeva forte, come se pesasse un chilo e non pochi grammi.
Feci finta di non notare nulla di strano e mi sedetti a fianco a lui.
Continuavo a fissare la sua mano sinistra e mi accorsi che era poggiata sulla patta dei suoi pantaloni, come a voler nascondere qualcosa. Ed allora ebbi un’illuminazione. Era successo anche a lui. Anche il mio piccolo Nicola, il mio angioletto, era diventato un uomo. Aveva avuto il suo primo rapporto sessuale.
Non sapevo come parlarne con lui, ma all’improvviso la sua voce mi distolse dai pensieri.
(Cerco di annotare in questo diario il nostro dialogo. Le parole non sono esattamente le stesse, ma il senso del discorso sì.)
-Mamma-disse-mi devo confidare con qualcuno, e da quando papà è andato via tu sei l’unica persona di famiglia con cui posso parlare di certe cose.
-Dimmi tutto, Nicola. Lo sai che tra noi non ci devono essere segreti.
-Ieri ho incontrato una ragazza, molto carina. Ha diciotto anni ma è piccolina, molto più di me.
-Cosa è successo?
-Beh, avevamo bevuto tutti e due e lei mi si è avvicinata e mi ha sussurrato una cosa all’orecchio.
-E cosa ti ha detto?
-Mi ha detto che ero molto carino e soprattutto che nascondevo bene i miei segreti.
-Quali segreti?-feci io
Allora Nicola mi guardò negli occhi con durezza e poi disse:
-Vuoi farmi credere che in tutto questo tempo non ti sei accorta di cosa aveva tuo figlio in mezzo alle gambe?
Lo guardai stranita. Non aveva mai avuto un atteggiamento così duro nei miei confronti, ma soprattutto non aveva mai fatto riferimento ai suoi organi genitali nei nostri discorsi. Nemmeno quando gli parlavo delle precauzioni che un ragazzo ed una ragazza devono prendere al giorno d’oggi quando fanno sesso.
Lui riprese
-Perchè non mi hai mai detto che avrei fatto scappare le ragazze? Perchè non mi hai mai avvisato che non tutte le donne sono uguali? Che non a tutte piace quel tipo di uomo?
-Ma di che diavolo stai parlando?-sbottai.
-Non sto capendo nulla di quello che dici. Cos’hai che non va?
Nicola si alzò di scatto dalla tavola e gettò il cucchiao che ancora stringeva verso il muro.
Poi con uno scatto improvviso si abbassò i pantaloni e restò in boxer di fronte a me. Lo guardai in faccia sorpresa, ma poi lo sguardo mi cadde sul suo inguine, ed allora tutto mi fu chiaro.
Nonostante i boxer fossero larghi non riuscivano minimamente a nascondere l’evidenza.
Nicola, come suo padre, era un superdotato.
-Se ancora non l’hai capito te lo dico io-mi urlò in faccia.
-Tuo figlio ha un cazzo come quello di un cavallo!
E detta l’ultima parola si tirò giù i boxer.
Ero sconvolta. Mi sentivo il viso in fiamme. Volevo scomparire, ma allo stesso tempo non riuscivo a togliere gli occhi dall’uccello di mio figlio.
Era magnifico. Grosso, immenso. E anche le sue palle erano mostruose. Grosse come palle da ping pong. E Nicola aveva solo diciotto anni.
Il mio ex-marito era un superdotato, ma Nicola nonostante la giovane età, ce l’aveva ancora più grosso. E anche più massiccio. Una cosa sconvolgente.
-Mamma-riprese-dove credi che possa metterlo questo? In culo ad una vacca?
Balbettai qualcosa, ma lui riprese con foga.
-La ragazza di cui ti parlavo, appena mi ha visto nudo è scappata via. Mi ha detto che non dovevo nemmeno sfiorarla con quel coso. Altrimenti l’avrei ammazzata.
Non so perchè, ma quelle parole furono come uno schiaffo in faccia per me.
Senza dire nulla mi alzai e feci un passo verso di lui. Si tirò indietro, ma io continuavo a camminare nella sua direzione.
Era da troppo che non vedevo un pene. E uno di quelle dimensioni non lo avevo mai visto.
Afferrai l’uccello di Nicola con tutte e due le mani e dissi:-Non hai idea di come mi senta io adesso. Il mio cervello sta andando in tilt e dovrò combattere con il senso di colpa per tutta la vita, ma il tuo uccello non andrà in culo ad una vacca, ma in bocca a tua madre.
Detto questo mi inginocchiai davanti a lui e chiusi gli occhi, avvicinando pianissimo le mie labbra alla sua cappella.
La bellezza di certi momenti è nell’attesa che essi avvengano, più che nella loro realizzazione.
Con la lingua iniziai ad inumidirgli la cappella, preparandolo per il suo primo pompino.
Ma quando cercai di prenderlo in bocca, mi accorsi di quanto grosso fosse in realtà. Non riuscivo nemmeno a circondargli la cappella con la bocca. Solo la parte superiore era coperta dalla mi bocca vogliosa, eppure già me lo sentivo in gola. non riuscivo a credere che per lui avere un cazzo da cavallo non fosse solo un modo di dire. Rinunciai.
Mi misi in piedi e lo guardai. Nicola era rosso in viso e sudato, ma già le sue mani erano sotto la mia gonna che si bagnavano nel caldo della mi figa.
Mi fece girare e mi spinse sul divano. Mi alzò il lembo posteriore della gonna e tirò giù le mutandine con una tale foga che credevo volesse impalarmi all’istante. Sentii una pressione sul mio sesso che non aveva nulla di umano. Era come se un tir cercasse di parcheggiare in un posto riservato ai motorini. Fu allora che comiciai ad urlare.
Nicola si tirò indietro. Poverino, l’inesperienza giocava a suo sfavore.
Mi voltai e gli dissi dolcemente:-Non ti preoccupare, la figa non è come la bocca. Devo solo abituarla ad accogliere un cazzo enorme come il tuo. Ci vorrà un po’, ma alla fine riuscirai ad infilarmelo dentro. E allora potrai anche sfondarmi il culo! Credevo che tuo padre fosse uno stallone, ma se lui ti vedesse ora scoppierebbe in lacrime per l’invidia e l’imbarazzo.
Non credevo alle mie orecchie. Dalla mia bocca non uscivano le parole di una mamma, ma quelle di una puttana. Una troia, ecco cos’ero. Una troia che vuole accolgiere in grembo l’uccello di suo figlio.
La mia figa era una fontana. Stavo sbrodolando dappertutto. Diedi un’ultima occhiata al cazzo di Nicola e poi guardai negli occhio mi figlio e gli dissi:-Non importa cosa può succedere stasera, ma voglio che tu spinga con tutto te stesso. Non mi frega niente. Voglio morire di dolore, ma alla fine devi riempirmi di sperma. Deve uscirmi dalle orecchie!
A quel punto Nicola mi afferrò per le braccia, mi fece girare su me stessa e mi buttò nuovamente sul divano. Ero a pecorina e sentivo mio figlio ansimarmi nelle orecchie. Poi si avvicinò ulteriormente e disse:-Non so nemmeno io cosa sto facendo, ma non riesco a fermarmi.
Detto questo sentii una forza sovrumana che spingeva per entrare nella mia figa. Mi ancorai al bracciolo del divano e comiciai a stringere le mani e ad urlare.
-Non ti fermare, stallone mio, non ti fermare!!!
Ad un certo punto il dolore si fece insopportabile, ma il piacere era ancora superiore. Era come se mi stesse mettendo un pugno nella figa, invece era solo la sua cappella.
Tirava indietro il suo uccello e poi lo rispingeva in avanti un po’ di più. Sempre un po’di più. Sempre più grosso, sempre più duro, sempre più uomo!
Ormai urlavo come una posseduta, ma più il dolore aumentava, più il piacere lo copriva.
E alla fine un’ondata caldissima mi inondò. Il suo sperma mi riempì la vagina, e poi fluì all’esterno. Era come se un innaffiatio si fosse azionato per annaffiarmi la figa e non voleva saperne di spegnersi.
Urlai un’ultima volta con tutto il fiato che mi era rimasto e poi svenni.
Mi risvegliai a letto, immobile, con mio figlio che mi teneva la mano e mi diceva:-Non lo dimenticherò mai. Grazie.
Riprendermi da quella scopata fu dura. Restai a letto per tre giorni, e quando provai a camminare di nuovo svenni ancora per il dolore.
Nicola mi era sempre vicino ed ogni volta che lo chiedevo alzava le coperte e dolcemente mi soffiava sulla figa.
Quando poi, dopo una settimana, riuscivo a camminare di nuovo, Nicola entrò in camera mia di sera e guardandomi in faccia e sorridendo disse:-Sono tuo figlio e non dovrei rivolgermi a te in questo modo, ma stasera avrei tantissima voglia di romperti il culo!
Mi feci il segno della croce e in un secondo mi tirai giù le mutande.