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Masturbato dalle magiche mani di sabrina

La spiaggia di Analipsi era deserta.
Malgrado fossero le tre del pomeriggio, per quanto lo sguardo riuscisse a spaziare, non si vedeva anima viva.
Non era certo una sorpresa per me, che conoscevo l’isola come le mie tasche, essendoci nato e vissuto per tutti i venticinque anni della mia vita.
Sapevo perfettamente che Analipsi era una spiaggia dove incontrare qualcuno era molto difficile.
La sabbia finissima, la bassa vegetazione che, malgrado il caldo feroce dell’estate greca, arrivava, in alcuni punti, quasi a sfiorare l’acqua del mare, quel tratto di costa era molto impervio, e Analipsi rappresentava l’eccezione, l’unico tratto sabbioso di alcuni chilometri di costa rocciosa e scoscesa.
Difficile, se non impossibile, da raggiungere a piedi, ad Analipsi si arrivava via mare, con barche o gommoni. Ma, essendo l’isola piena di meravigliose  baie e litorali, più comodi ed ampi, i turisti si affollavano su quelli, e ad Analipsi non giungeva quasi mai nessuno.
Era per questa ragione che vi portavo le ragazze, le mie conquiste della stagione estiva, per trovare l’intimità necessaria a soddisfare i nostri piaceri sessuali.
E quel giorno vi avevo portato Serena.
Avevamo raggiunto la spiaggia un paio d’ore prima, con la barca che usavo per andare a pesca: era una piccola imbarcazione, con un’ansimante motore di pochi cavalli.
Con me, come vi dicevo poco sopra, c’era Serena, una ragazza italiana che avevo conosciuto due sere prima, in una delle discoteche che riempiono, insieme a ristoranti, negozi e locali di ogni tipo, le strette stradine medievali della città vecchia, nel capoluogo dell’isola.
Serena aveva ventiquattro anni, ed era giunta in vacanza sull’isola con una comitiva di amici e di amiche.
Quella sera, per puro caso, c’eravamo ritrovati a ballare uno di fronte all’altra, e c’eravamo piaciuti subito.
Quando la musica era passata ai lenti, fu naturale cercarci e ballare insieme per quasi tutto il resto della serata.
Serena non era una ragazza particolarmente alta, ma io l’avevo trovata ugualmente irresistibile.
Capelli lunghi e biondi, occhi azzurri, naso piccolo, bocca perfetta e dalle labbra generose, lei aveva un viso straordinariamente luminoso, con un sorriso aperto, solare ed ammaliante.
E poi aveva quel qualcosa di innato, e che non tutte le donne hanno, quello charme, quel fascino che attraeva, come una calamita, l’attenzione degli uomini: era impossibile non notarla e non desiderarla all’istante.
E così, non volendo assolutamente perdere l’occasione di conquistarla, l’avevo invitata per quel giorno a passare la giornata con me: e lei, con mia grande soddisfazione, aveva prontamente accettato.
E così l’avevo portata ad Analipsi ed ora ce ne stavamo sdraiati al sole, sui teli da mare stesi sulla spiaggia, ad abbronzarci e a chiacchierare in perfetta solitudine.
La vedevo distesa accanto a me, gli occhi chiusi per proteggersi dal sole accecante, in un ridottissimo bikini bianco, ancora più candido nel contrasto con la sua pelle, meravigliosamente scurita dal sole.
Le guardavo l’abbondante seno sollevarsi al ritmo del suo respiro: un seno decisamente grande, ma sodo e consistente, come avevo avuto modo di constatare ballando per ore con lei.
Scendendo con gli occhi lungo il suo corpo, mi soffermavo sul ventre, tonico e piatto, per poi proseguire lungo le gambe, lisce e sinuose come poche ne avevo viste, la pelle morbida e delicata come il velluto.
Ma le parti del corpo che più mi intrigavano in Serena erano le mani ed i piedi.
Non mi è più capitato, nel corso degli anni, di incontrare una donna che avesse mani e piedi erotici e sensuali come quelli di Serena, quella stupenda ragazza italiana che frequentai in quei bollenti giorni estivi di tanti anni fa.
Molte donne, anche se bellissime, perdono molto del loro fascino per colpa di mani brutte o piedi sgraziati.
Sono particolari molto importanti, almeno per me, ed il fascino di una donna passa necessariamente anche nella valutazione estetica delle sue estremità.
E una mano non curata ha sempre fatto crollare il mio desiderio.
Forse, anzi certamente, non per tutti sarà così; probabilmente sono particolari non eccessivamente rilevanti per alcuni, magari secondari, ma…
Comunque sia, a me quel giorno bastava guardare i piedi e le mani di Serena per sentirmi eccitato.
La pianta arcuata e la caviglia sottile, le dita lunghe e dalle unghie perfettamente tagliate e curate, lo smalto color prugna applicato con estrema cura… avrei pagato non so cosa per far scorrere le mie labbra e la mia lingua su quei piedi.
E poi, le mani.
Piccole, ma dalle dita affusolate, le unghie lunghe e dritte, anch’esse laccate dello stesso colore di quelle dei piedi, con quello smalto scuro ad impreziosirle e a renderle così eccitanti.
Serena portava alcuni braccialetti sugli esili polsi ed anelli colorati alle dita. Erano mani splendide e che avrei voluto sul mio corpo, a massaggiarmi e ad accarezzarmi per ore.
E furono proprio le sue mani le protagoniste assolute di quel giorno al mare con lei.
Per tre volte ebbi l’occasione di fare sesso con Serena.
Questa che vi sto raccontando è la prima; la seconda, quella in cui i suoi piedi furono al centro delle mie spasmodiche attenzioni, e la terza, che ricordo ancora come un sogno, ve le narrerò un altro giorno, appena ne avrò il tempo.
Avevamo fatto un lungo bagno, giocando nell’acqua e nuotando fino ad uno scoglio a qualche centinaio di metri dalla riva.
Ora, sdraiati ai caldi raggi del sole, riprendevamo fiato, raccontandoci un po’ delle nostre vite.
D’un tratto, sollevandomi su un gomito, presi l’iniziativa e la baciai, e lei, dopo aver risposto prontamente al mio bacio per alcuni istanti, mi allontanò da sè ridendo e spingendomi con la mano sul petto.
Così tornai a sdraiarmi, non volendo farle eccessive pressioni, e continuando a divorarla con lo sguardo, inebriandomi della vista del suo corpo adagiato accanto a me.
Mi sentivo irrequieto a causa della vicinanza di Serena, ma capivo che lei, in quel momento, aveva solo voglia di prendere il sole e di godersi il mare ed il caldo.
Mi rassegnai, perciò, ad attendere che anche per lei arrivasse il tempo di desiderare di fare del sesso, convinto più che mai che la giornata si sarebbe conclusa alla grande; d’altronde, accettando il mio invito a passare l’intera giornata insieme, per di più in un posto isolato come Analipsi, Serena mi aveva fatto chiaramente intendere quello che anche lei voleva che accadesse.
Era solo questione di avere pazienza.
Quando, più tardi, la sua mano mi sfiorò il fianco, l’impazienza che si era impadronita di me si trasformò definitivamente in eccitazione.
Girai la testa verso di lei e vidi che era lei, ora, ad essersi appoggiata ad un gomito: un sorriso, la cui natura non riuscii immediatamente ad identificare, le illuminava il viso.
- Sei sicuro che qui non arriverà altra gente ? – mi chiese, guardandosi attorno.
- Tranquilla. Se a quest’ora non c’è nessuno… –
Rimasi immobile, sdraiato sul telo da mare.
La sua mano destra risalì lentamente dal fianco, per carezzarmi delicatamente il petto.
Le sue dita, incredibilmente leggere e delicate, saggiarono i miei pettorali ed i muscoli delle spalle, per poi dare inizio ad un lieve massaggio dei miei capezzoli.
Vidi la sua mano passare da uno all’altro e, malgrado il caldo opprimente, rabbrividii a quel meraviglioso contatto.
Allungai una mano anche io e le carezzai un seno, ancora parzialmente nascosto dalla parte superiore del bikini: ma lei quasi non se ne accorse, concentrata com’era a sfiorare la mia pelle riarsa dal sole.
Il costume che indossavo era troppo attillato per nascondere la mia eccitazione agli occhi della ragazza; ed infatti Serena, accortasi dell’effetto che le sue carezze mi provocavano, si sollevò, inginocchiandosi accanto a me, e portando anche l’altra mano sul mio petto.
Le vedevo scorrere dalle spalle all’ombelico, con una pressione così lieve da sembrare quasi impalpabile, inconsistente come un alito di vento.
Salivano e scendevano, imprevedibili e improvvise, a volte solleticandomi la pelle, a volte pizzicandomi i capezzoli.
Serena mi fissava negli occhi, i suoi capelli, ancora umidi, scompigliati dalla dolce brezza che soffiava sulla spiaggia; mi guardava sorridente, conscia dell’effetto che visibilmente quel massaggio mi procurava, ed eccitata anche lei per questa mia reazione.
Ma non era solo il contatto con lei ad accendermi i sensi: era anche, e soprattutto, la vista delle sue mani su di me.
Vedevo le sue unghie smaltate percorrere il mio torace, e le sentivo quasi graffiarmi la pelle, disegnando figure inesistenti, misteriosi arabeschi e incomprensibili geroglifici.
Passò così qualche minuto, fino a quando il costume fece fatica a trattenere il mio pene spasmodicamente eretto.
A quel punto Serena tornò a sdraiarsi, su un fianco, reggendosi la testa con una mano, e scendendo con l’altra sul mio ventre, fino a iniziare un infernale ed erotico gioco con l’elastico del mio costume.
Sembrava sempre che le sue dita stessero per infilarsi sotto la stoffa, per raggiungere il centro del mio piacere.
Ma, invece, continuavano ad indugiare, sollevando appena un lembo del costume, per poi allontanarsi e risalire lungo il mio corpo.
Avevo il fiato corto ed il cuore in gola, nell’attesa che la ragazza si decidesse ad andare oltre.
Quando vidi la sua mano scivolare sopra il costume e accarezzarne la stoffa, fino ad appoggiarsi sul pene, capii che anche per lei il gioco si stava protraendo oltre misura.
Osservai la sua mano saggiare la consistenza di quello che il costume conteneva, e la sua lingua guizzare improvvisa, percorrendo ed inumidendo le sue labbra, salate dall’acqua di mare e bruciate dal sole.
Nel frattempo, con una mano ero riuscito a sciogliere il nodo del suo reggiseno, che pigramente scivolò via, offrendomi la vista delle sue splendide tette: accostai la testa e con i denti le afferrai delicatamente un capezzolo, strappandole un lungo gemito di piacere.
Finalmente le sue dita scostarono con decisione l’elastico del costume e si infilarono rapide al di sotto.
Una scossa di piacere mi percorse tutto e, senza pensarci su due volte, sollevai il bacino spingendo sui talloni, e mi liberai dell’indumento, restando completamente nudo di fronte a lei.
Il cazzo svettò, non più costretto dal costume, una turgida asta di carne che si stagliava più pallida, in confronto al resto del mio corpo intensamente abbronzato.
Anche il respiro di Serena si era fatto affannoso, gli occhi fissi sul mio cazzo, la sua mano immobile sul mio ventre.
Avevo i suoi capezzoli, induriti ed eccitati, a pochi centimetri dalla mia bocca, ma restai anch’io fermo, in attesa delle sue mosse: mi piaceva da impazzire l’idea che fosse lei a prendere l’iniziativa, che tutto avvenisse secondo i ritmi e le voglie che la ragazza mi avesse imposto.
Lentamente la sua mano scivolò verso il basso, sfiorandomi i peli del pube, accarezzando l’interno della coscia, sfiorando i testicoli quasi dolenti per l’eccitazione.
Poi, con delicatezza, impugnò il mio cazzo alla base, stringendolo lievemente.
Volevo chiudere gli occhi e abbandonarmi alla sua mano: ma, invece, li tenni aperti, perchè non volevo perdere nemmeno un istante di quello spettacolo così erotico e voluttuoso.
Serena dischiuse la sua mano e la fece scorrere, con le dita aperte,  lungo la parte posteriore del mio cazzo.
Quindi, giunta sulla punta, ridiscese allo stesso modo per l’altro lato.
Vedevo le sue unghie perfette e laccate, gli anelli colorati ed i braccialetti al suo polso che riflettevano la luce solare.
Continuò così per un po’, avanti e indietro, con lentezza ed in modo semplicemente fantastico.
- Ti piace ? – mi chiese, in un sussurro appena percettibile.
- Da morire… hai una mano fantastica… bellissima… –
La sentii sospirare, i denti a mordersi delicatamente il labbro inferiore.
Faticavo quasi a parlare per il piacere che mi invadeva ogni singola fibra del corpo e della mente.
- Cosa ti piace della mia mano ? – mi chiese Serena, la voce rotta dall’emozione di quegli istanti.
- E’ stupenda… curata… hai delle unghie lunghe e perfette… e smaltate… di questo colore magnifico… -
La mano si era nuovamente stretta attorno al cazzo, come impugnasse un bastone.
- Ad un ragazzo che conosco, in Italia, piace moltissimo lo smalto azzurro… vuole sempre che io lo metta… -
Pensai alla sua mano con le unghie laccate di azzurro, e poi di rosso acceso, e poi di bianco lucido, e poi stretta ad afferrare e a masturbare altri cazzi.
Sarei venuto in un attimo, lo sentivo, se la ragazza non avesse allontanato quella sua mano dalla mia carne fremente.
E Serena, neanche avessimo avuto un contatto telepatico, proprio allora ritrasse la mano, per tornare a sdraiarsi al mio fianco, sfilandosi le mutandine del costume.
Vidi la sua fica, completamente depilata, già inondata dei suoi umori.
Feci per sollevarmi, ma lei subito mi disse: – No, fermo… resta così… non ti muovere… voglio farlo come piace a me… -
La sua mano sinistra si impossessò del mio cazzo, mentre con la destra aveva iniziato a carezzarsi il seno e la pancia.
Me lo scappellò completamente, per poi passare le dita delicatamente sul glande congestionato.
- Cos’altro ti piace di me, Vassili ? -
- Tutto mi piace di te… il seno… la tua pelle… tutto mi fa impazzire… -
Ora, con la destra, era arrivata sulla sua fica, giocando con il clitoride e scendendo in punta di dita lungo le grandi labbra.
- E… cos’altro ti piace… oltre alle mani e al seno… – mormorò Serena con voce sognante.
La sua mano scivolava sul cazzo, ancora non masturbandolo, ma carezzandolo e stuzzicandolo con sempre maggiore insistenza.
- I tuoi piedi… sono splendidi… eccitanti… – le risposi, allungando gli occhi per guardarglieli ancora una volta.
La testa mi pulsava per la straordinaria eccitazione che mi stava divorando.
- E… e cosa ti piacerebbe fare… con i miei piedi ? – mi chiese Serena, infilandosi due dita nella fica e gemendo per il piacere.
E mentre così faceva, la sua mano aveva preso ad andare velocemente su e giù, lungo tutta l’asta, masturbandomi con sempre maggior frenesia.
La vedevo scorrere sulla cappella, ritraendo tutta la pelle, per poi risalire, il suo pollice a tormentarmi la punta: Serena sapeva bene come far esplodere un cazzo sotto le sue mani.
- Vorrei leccarteli… succhiarti le dita, una ad una… e poi… -
Non ce la facevo più a trattenermi.
La mano di Serena si muoveva sempre più rapidamente, masturbandomi con grande abilità e portandomi verso il punto di non ritorno.
I suoi braccialetti tintinnavano e le sue unghie, di quello stupendo colore, risaltavano erotiche sulla mia carne più chiara.
Con la coda dell’occhio vidi la ragazza a gambe spalancate, le dita a penetrarsi convulsamente, i gemiti che si trasformavano in grida di appagamento.
Mentre lei veniva, travolta dal piacere che si stava dando, rallentò il movimento della sua mano sul mio cazzo, facendomi provare l’intenso desiderio di continuare da solo, di proseguire quello che lei aveva iniziato così magnificamente.
Ma la ragazza aveva  una nuova sorpresa in serbo per me.
Si tolse la destra, ancora bagnata del suo piacere, dalla fica, e la portò sul mio cazzo, ad unirsi con l’altra mano, e accelerando di nuovo il movimento.
Sentii lo sperma risalire, pronto ad uscire, ed il piacere invadermi la mente.
Guardavo le sue mani, gli anelli, i braccialetti, le unghie laccate e… e improvvisamente vidi anche la sua bocca, le labbra appoggiate, in un bacio che era quasi un soffio, alla cappella completamente scoperta.
Il primo schizzo le bagnò le labbra e una guancia, il secondo le imbrattò una bionda ciocca dei suoi capelli.
Il resto dello sperma, bianco e caldo, colò sulle sue mani, strette attorno al pene pulsante, scivolando tra le dita e sugli anelli, e risaltando sulle sue splendide unghie.
Svuotato, rimasi ad osservarla mentre, con sguardo malizioso, si leccava le dita, ripulendole dal mio seme.
Sulla barca, a sera, mentre tornavamo in paese, Serena mi baciò teneramente, felice per la giornata trascorsa.
- Domani torniamo ad Analipsi – le dissi, abbracciandola – perché ho altre parti del tuo corpo da conoscere in maniera più approfondita. E, per domani, voglio uno smalto rosso, vivido, acceso. E non solo sulle mani, naturalmente… -
Il suo sorriso mi dimostrò, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Serena aveva capito a cosa mi riferivo; e che la sola idea di quello che sarebbe accaduto l’indomani l’eccitava e l’intrigava.

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