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Cazzi dal muro al sex-shop

Adesso che sono passati degli anni, ripensandoci mi scappa da ridere, ma allora quando vidi tutti quei cazzi, rimasi senza parole.
Se la memoria non mi inganna, erano una decina di svariate misure uscivano da quei fori ricavati nelle pareti di cartongesso come dei trofei sessuali di caccia, come degli uccelli imbalsamati.
Cinque da una parte, e cinque dall’altra. Io e mio marito eravamo nel bel mezzo della piccola stanza rettangolare. Ai lati, come ho detto, avevamo quella vasta gamma di falli, di fronte un piccolo monitor nel quale scorrevano le immagini di un film porno e alle spalle la porta chiusa con il chiavistello.

Eravamo entrati in quel sex-shop per curiosità, dopo aver lisciato cazzi finti e tette di gomma, il ragazzo dietro al banco con la testa ci indicò una porticina che, curiosi, varcammo.
Oltre la porta, vi era una rampa di scale, la salimmo e ci trovammo su un pianerottolo.
Qui vedemmo diversi corridoi, imboccammo il primo a sinistra.
C’erano tante porte chiuse e degli uomini fuori con le spalle appoggiate al muro. Nel passare mi scrutavano dalla testa ai piedi, sinceramente ero un po’ imbarazzata e quando Vittorio entrò nell’unica porta aperta, tirai un sospiro di sollievo.

La famosa stanza rettangolare, sul pavimento, disseminati, vi erano fazzoletti sporchi e preservativi, notai subito i fori nelle pareti. Non appena chiudemmo la porta, da quei buchi spuntarono cazzi di ogni sorta.

Sfilai davanti a quelle verghe come un generale fa d’innanzi alla sua truppa, fissandoli ed esaminandoli uno per uno.
– quale ti piace di più? – chiese mio marito la voce rauca.
– tutti! – risposi io
– in particolare?
– quello la giù – e gli indicai uno che sembrava il gancio da traino di una roulotte, era ricurvo ed aveva una grossa e gonfia cappella, un cazzo davvero imponente.
– prendilo in bocca allora.
– non sarà “pericoloso”?
– ma no! Gli dai un paio di ciucciate.

Mi misi a novanta gradi, Vittorio da dietro mi sollevò la gonna, spostò il perizoma e me lo mise nella fica. Dovetti, spalancare la bocca al massimo per accogliere quella cappella sproporzionata. Mi tenevo con le mani appoggiate alla parete, mio marito infoiato, mi stantuffava energicamente, mentre io andavo su e giù con la testa. Non ci mise molto il mio uomo a riempirmi di sborra la passera, quando si sfilò, lo sperma mi colava all’interno delle cosce, una sensazione che mi fa impazzire.

Smisi di succhiare il cazzone, mi posi con le spalle vicino alla parete e iniziai a segare due cazzi, quello che avevo poco prima in bocca e un altro non distante.
– leccami! – ordinai a mio marito che si inginocchiò d’innanzi a me.
– ohhh, si dai, così lecca, ahah – stavo godendo come una scrofa e nel frattempo masturbavo quei due cazzi con impeto.
– vengo amore, ci sono. – dimenavo la testa, le gambe divennero molli, a stento mi reggevo in piedi, strinsi la presa sui due manubri che tenevo in mano e raggiunsi l’orgasmo, anche i cazzi che menavo fiottarono.

– ti è piaciuto? – chiese Vittorio.
– sì, è stato bellissimo! – i buchi che ospitavano i cazzi che avevo appena menato ora erano vuoti. Mio marito, mi abbracciò sollevandomi nuovamente la gonna. A piccoli passetti, mi portò vicino a un altro cazzo.
– piegati in avanti. – mi piegai e fu lui stesso a infilarmi il cazzo che usciva dal buco nella fica. Fatto questo, si pose di fronte a me, mi aggrappai ai suoi fianchi, il membro gli pendeva floscio tra le gambe, glielo presi in bocca ugualmente mentre andavo avanti e indietro. Era bellissimo fottere senza sapere a chi appartenesse quella verga, anche questo come i due precedenti era venuto e liberato il buco.

Uscimmo dalla stanza solo dopo che lì avevo fatti schizzare tutti e devo dire che alcuni hanno scaricato una quantità di sperma notevole, dovevano essere belli “carichi”.
Per quello che poteva valere, ero orgogliosa di me e anche mio marito lo era, lo capì da come mi stringeva a se mentre facevamo ritorno nella casa di suo zio.

Vito, così si chiamava lo zio, abitava in quel piccolo paesino tedesco ai confini con L’Olanda da più di vent’anni. Ci aveva invitato a trascorrere due settimane nella sua bella casa. Vito era il fratello della madre di mio marito, da sei anni aveva perso la moglie, non aveva figli e si ritrovò quindi da solo in una casa troppo grande per un vedovo.

Ero in cucina che lavavo i piatti, Vittorio nella sala guardava una partita.
– voglio chiavarti! – mi disse lo zio di mio marito aprendo un mobile. Lo guardai esterrefatta. Credevo di essermelo immaginata, speravo di essermelo immaginata. Lo guardai cercando conferme alla mia speranza.
– non fare quella faccia, mi piaci e voglio fotterti.
– ma, sono la moglie di suo nipote!
– chi cazzo se ne frega! Per me, sei solo una gran fica da sbattere, guarda qua! – era in tuta da ginnastica, abbassò i calzoni e tirò fuori il cazzo che era la copia sputata di quello che avevo succhiato in quella stanza.
– la prego, si copra potrebbe entrare suo nipote.
– ti piace? Eh!
Non riuscii a mentire.
– sì, ma lo rimetta dentro.
– toccalo! – mi prese la mano e la portò sul cazzo, era duro, caldo e pulsava come il mio cuore.
– allora ci stai? – chiese infilandomi la mano sotto la gonna.
– e…mio marito? – titubai, non sapevo ce scusa inventare stavo lottando contro i miei istinti per cercare di salvare la faccia di fronte ad un parente di mio marito.
– a lui ci penso io, lo farò uscire con una scusa. Sei già zuppa. – mi aveva spostato il lembo del perizoma e con le dita mi sfiorava le labbra della fica, ormai intrisa di umori.
– questo toglilo. – si riferiva al perizoma.
– quando ceniamo non metterlo e siediti vicino a me.
– cosa intende fare?
– masturbarti mentre mangiamo.
– ma capirà!
– no se fai la brava ora, fammi sentire un po’ la lingua sulla cappella.
– solo un po’. – mi abbassai e glielo leccai.
– vada di là adesso, altrimenti tuo marito capirà.

Ora che lo avevo saggiato non avevo più dubbi, il cazzo dello zio di mio marito era quello che succhiai nel sex-shop, questo spigava anche il suo comportamento. Ad un secondo esame non mi spiegai come potevo non averlo riconosciuto prima, di cazzi così non se ne vedono molti.
Evidentemente era tra quegli uomini nel corridoio che non guardai in faccia perché ero troppo imbarazzata.

La sera apparecchiai in sala, nel controllare se tutto era a posto Vito mi venne dietro e mi strinse i seni.
– non vedo l’ora di chiavarti. – disse lambendomi l’orecchio con la lingua.
– stia buono Vito! – cercai di svincolarmi inutilmente.
– hai fatto quello che ti ho detto?
– certo!
– fammi controllare. – mi alzò la gonna.
– brava, sei una bimba obbediente. – non avevo messo gli slip come mi aveva detto.
– lo cornifichi spesso, mio nipote?
– cosa dice?
– non fare la santarellina con me, si vede che sei una troia.
– insomma Vito! – in quell’istante sentimmo la porta del bagno aprirsi, Vittorio aveva finito di farsi la doccia.
– tieni! – mi allungò un cetriolo che prese dalla tasca.
– cosa ci devo fare?
– va in bagno e mettilo nella fica.
– lei è pazzo!
– fa come ti dico! – mio marito stava arrivando, nascosi il cetriolo sotto a un tovagliolo, non appena entrò Vito lo chiamò per fargli vedere non so cosa, presi il tovagliolo con dentro il cetriolo e andai in bagno.
Quando uscì camminavo con le gambe aperte, non le chiudevo per il timore che il cetriolo schizzasse fuori come un proiettile.

Possibile che durante tutta la cena Vittorio non si accorse che suo zio trafficava tra le mie cosce? Era proprio un cornuto patentato. Per lui vanno bene tutti, per sino i parenti, basta che mi tocchino.
A letto era infoiato come un mandrillo, anch’io nonostante l’orgasmo che raggiunsi a tavola, avevo voglia di farmi una bella scopata, ma non gliela diedi, non se lo meritava e lo mandai in bianco.

La mattina quando mi svegliai Vittorio non c’era nel letto, mi alzai, uscì dalla camera e scesi le scale per andare in cucina. Indossavo una camiciola corta e trasparente, sotto non avevo niente. Vito era seduto vicino al tavolo davanti aveva due tazzine colme di caffè.
– buongiorno! – non mi aspettavo di trovarlo, di solito la mattina usciva presto per fare jogging. Mi sedetti alla svelta per nascondere le mie nudità.
– dov’è Vittorio? – chiesi mentre prendevo la tazzina di caffè.
– in giro. – rispose alzandosi.
– siamo soli, ma anche se tuo marito fosse rimasto qui, non si sarebbe opposto vero?
– cosa vuol dire? – era in boxer e canottiera, mise la mano nella fessura dei boxer e tirò fuori il cazzo proprio mentre si stava ergendo.
– voglio dire che certi uomini nascono cornuti. – il suo fallo distava dalla mia bocca solo pochi centimetri.
– prendilo tutto fino alla radice. – mi disse mettendomi una mano dietro la testa.
– non riesco, è troppo grosso! – risposi poggiando le labbra sulla cappella che dischiudevo mano a mano che scendevo.
– brava la mia nipotina, così, vai giù, adagio, senza fretta. – ero a metà e già me lo sentivo in gola. Cercai di posizionarmi nella maniera migliore, per accoglierlo tutto, ma sentivo come un senso di soffocamento, con tutta la buona volontà non potei andare oltre. Risalì ed ebbi dei conati di vomito, rovesciai su quel palo di carne un miscuglio di saliva e caffè. Mi fece alzare e tentò di baciarmi in bocca, ma mi opposi, non ero nelle condizioni migliori per dargli un bacio alla francese.
– piegati in avanti sul tavolo. – feci come mi disse lui, si inginocchiò dietro di me e con le mani mi allargò le chiappe. Con la lingua percorreva il solco delle natiche come se stesse leccando del gelato che colava lungo il cono. Quando la punta fu nell’orifizio anale, un brivido mi corse lungo la schiena e non riuscì a trattenere un gemito di piacere.
– ohhh…sì…mmm ohhh.
– ti piace? – farfugliò quelle parole, mentre nell’ano ora ci ficcava le dita.
– ahah… siii… così sì… com’è bello!
– che vacca sei proprio una gran vacca. – ero piegata sul tavolo, distesi le braccia, con le mani afferrai i bordi del tavolo. Vito se la cavava alla grande con la lingua tanto da condurmi ad un altro all’orgasmo.
– sto… si sto per, eccomi, ci sono, non fermarti continua dai…dai!
– sei venuta troia?
– sì…!
– alzati. – mi alzai sentivo un formicolio lungo tutto il corpo. Vito si sedette sulla sedia.
– impalati. – mi disse e con la mano stringeva il cazzo alla base. Dandogli le spalle lentamente mi calai sul suo cazzone, lo sentivo entrare dentro di me centimetro per centimetro, quando lo ebbi tutto dentro, Vito mi sfilò la camiciola e mi afferrò le tette.
Seduta su quello scettro roteavo il bacino e lui giocava con i miei capezzoli.
– quanti uomini ti sei fatta? – chiese mordendomi la schiena.
– boh! Non lì ho mai contati. – ora le mani del mio amante erano tra le mia cosce, con il polpastrello dell’indice, mi sfregava il clitoride.
– muoviti! – mi ordinò, allora mi piegai in avanti, misi le mani sulle ginocchia e iniziai ad andare su e giù da prima lentamente poi sempre più velocemente.
– uuu… che magnifica zoccola, dai che te la riempio di sborra puttana! – essere insultata mentre trombo, mi è sempre piaciuto, ma adesso ancora di più, forse perché a umiliarmi era lo zio di mio marito, una persona di famiglia. Sentivo che stava per venire, mi issò.
– inginocchiati e apri la bocca. – velocemente, mi accovacciai e spalancai la bocca, Vito appoggiò la cappella sul labbro inferiore e si menava il cazzo.
– dio… sì… sì… ohhh… stronza bevi, ingoia! – i fiotti di sperma si infransero sulla mia lingua, quando anche l’ultima goccia uscì, mi passò il cazzo sul viso come fosse un pennello, e che pennello. Avevo ancora la bocca aperta.
– manda giù! – ingoiai, dopodiché feci scoccare le labbra.
– sei stata brava.
– lo sono sempre. – risposi dando un bacio al cazzo che stava scemando.

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