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La donna del mio amico

Ho appuntamento a casa del mio amico Cesasre alle ore 14. 00. Sono già d’accordo con lui che, in caso di una sua assenza, lascerò a Sara, la sua ragazza, il libro di cucina che gli avevo promesso. Arrivo, come mi capita di sovente con un certo ritardo. Lui è già uscito per lavoro. Salgo in ascensore e penso a lei, a come sarà vestita. Penso che mi piacerebbe vederla scollata, cosa inusuale; lei ha un seno piccolo, che nella sua mente rappresenta, lo so per certo una sorta di limite. Mi interessano di meno le sue gambe, pure molto sensuali, forse perché le ho già viste tante volte. Si, vorrei proprio che indossasse una maglietta larga, così da intravederne, in caso di certi spostamenti, le forme del piccolo seno, oppure il seno stesso, se fossi fortunato; ma mi concedo poche speranze, lei abitualmente indossa un reggiseno. Suono finalmente alla porta. Mi apre lei e, sorpresa, è solo in un costume da bagno a due pezzi; sta prendendo il sole in terrazzo, mi spiega.
La speranza di vederle il petto è ormai nulla, mi dico. Ma non ne sono poi così dispiaciuto; appena si dirige verso il terrazzo, invitandomi a seguirla, noto il suo culetto magnifico, piccolo e al tempo stesso armonioso, che non vedevo da qualche tempo, così, dall’ultima vacanza trascorsa insieme, almeno due anni prima. Mi fa accomodare mi offre da bere, mi spiega che Cesasre è uscito da pochi minuti, ringraziandomi comunque per il pensiero del libro; non fa nulla, le dico. A questo punto, mi offre di prendere il sole con lei. Accetterei, le dico, ma sotto i pantaloni, non ho il costume; solo un paio di slip. Lei mi dice che non è un problema; acconsento. Dopo un poco, discutendo, le dico che sono fortunati con il loro terrazzo all’ultimo piano del palazzo; nessuno che li possa vedere, mentre prendono il sole, anche nudi, volendo. Lei ride, facendomi notare che comunque sarebbe difficile, data la sua pudicizia. Proprio allora rialzandosi, e passanomi a fianco mi rimette il culetto sotto il naso in bella vista; si piega per prendere altre bibite. Noto che il mio pene sta avendo un’erezione: sono ovviamente in imbarazzo. Temo mi esca dagli slip; non ho neanche il tempo di girarmi che lei si volta e lo nota, ne sono certo. Non diciamo nulla; penso alla figura di merda, a cosa racconterà a Cesasre al suo ritorno, quando noto, con la coda dell’occhio che comincia a fissarmi proprio lì. Rieccitato riprendo la mia erezione. A quel punto decido di giocare a carte scoperte. Scusami, le dico, ma come avrai notato, mi ecciti. Mi spiace per Cesasre, ma è cosi. D’altro canto sei tu ad avermi convinto a prendere il sole così. Lei rimane colpita dalle mie parole e mi invita a togliermi gli slip, laddove ciò mi possa essere d’aiuto. Non dirà nulla a Cesasre, non me ne devo dar colpa, mi dice. È una reazione naturale. Quelle parole non mi fanno capire più niente. Starà scherzando, penso; ma so che non è possibile, data la sua timidezza, anche se in effetti il tono della sua voce tradiva della malizia, era chiaro che il fatto che qualcuno la ammirasse tanto da eccitarsi semplicemente alla sua vista le piaceva parecchio. Allora mi sfilo gli slip, sono eccitatissimo. C’è un momento di imbarazzo, è ovvio. L’erezione non se ne andrà da sola, lo so. Dopo un poco, lei mi fissa di nuovo e sorride. A quel punto le chiedo scusa, ma io devo masturbarmi. Mi sorride di nuovo e fa un cenno d’assenso. Comincio. Noto che anche lei è eccitata. Si muove. Non sta ferma. Penso che è incredibile, ma forse scoperemo. Lei si alza. Le chiedo un aiuto. Si avvicina. Sorride di nuovo. Mi prende il pene eretto come non mai, in mano. Le chiedo se possa prendermelo in bocca; ormai ho perso ogni inibizione, ogni controllo. Lei mi dice che non lo fa mai, neppure con Cesasre. Non insisto. Sto comunque godendo. Le chiedo di fermarsi. Le sfilo le mutandine per prime. La cosa che mi eccita di meno in lei, il pensiero che mi ha sempre eccitato di meno in lei, sarò pazzo, ma è la figa. È la prima cosa che guardo, quasi disinteressato. Poi la faccio voltare, le guardo finalmente il culo nudo, le chiedo di masturbarmi di nuovo. Sto per venire una prima volta, non sarà l’ultima, lo so. Sto per sfilarle anche il reggiseno. Ha due tettine piccole, così delicate. Vengo, le dico: vorrei farlo addosso a te; ma lei non vuole. Vengo dove capita. Lo sperma finisce tutto per terra. Ora però sono io a toccarla, a leccarle la fichetta ormai bagnata. Più gode e più godo; le spiego che vorrei andare oltre, che già lo stiamo facendo. Non dice no adesso; non dice nulla. Allora allungo un dito tra le sue natiche; lei è di nuovo perplessa; smetto di colpo di leccarle la fica, lei mi prega di ricominciare. Allora io riallungo le dita dietro; finalmente mi lascia fare. Ora le rilecco meritatamente la fica. Il buco del culetto è vergine, si straintuisce. Lentamente, ma molto lentamente, con dolcezza, il dito medio vi si inflila; gode, anch’io con lei. Mi alzo, le chiedo di girarsi. Lei però mi chiede di metterglielo prima nella figa; acconsento. Avanti e indietro; è bellissimo. Penso a Cesasre. Non mi sento in colpa; in una situazione eccezionale potrei accettare lo stesso da lui. Questa è una situazione eccezionale. Ora riprendo a toccarle il culo. Questa volta le dita sono due. Lei ci sta. La giro. Mi vedo davanti quel culo da favola. Vorrei venirle dappertutto. Cerco di entrarci. È difficile. Ha un buchetto stretto già per la fica, figuriamoci dietro, non avendolo mai usato. Ma questa situazione mi eccita a dismisura. Sento i suoi gemiti, mi implora ad essere delicato. La ripenso a com’era pochi minuti fa, così trattenuta; cosa le avrà fatto cambiare idea; ormai ci sono quasi; sta entrando, è dentro. Godo troppo, così anche lei. Vado su e giù. Mi implora di continuare. Lo faccio. Quando sto per venire le chiedo di potergli mettere, solo per soddisfazione personale l’uccello sulle tette. Sulle tette, badate, non tra le tette. Sono così piccole che una spagnola propriamente detta sarebbe impossibile. Gliele accarezzo col pene duro, per un poco. Sembra apprezzare, al punto che ora lo vuole anche in bocca. Non sia mai, penso, ed eccola accontentata. Poco dopo, vengo; lo faccio copiosamente nella sua bocca; lei non capisce più nulla, è evidente. Lascia uscire, lentamente, il mio sperma dalla sua bocca. Va giù, tocca le tettine, se lo spalma sopra; poco dopo ricominciamo; siamo in soggiorno, ora; le sollevo le gambe; il suo culo poggia sul divano ora; mi è venuta voglia della sua fichetta; non appena sento di venire le guardo i peli tutti intorno, estraggo il cazzo duro e le vengo addosso; sulla pancia, sullo stomaco, ma soprattutto, in faccia e sui capelli.
Per fortuna che era pudica…

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