Giuseppe non era un tipo espansivo, aveva vissuto con difficoltà il suo primo anno d’università, resistendo, ma sentendosi comunque come un cervo colpito dai fari di una macchina. Odiava vivere nel pensionato dopo avere avuto la sua camera nella casa dei genitori. Era un ragazzo di bell’aspetto, alto un metro ed ottantatré, i suoi muscolosi erano ben distribuiti in 77 chili, capelli castani ondulati e corti, ma con un ciuffo che di tanto in tanto scendeva a coprirgli gli occhi verdi. Era un individuo tranquillo che non avrebbe mai fatto del male a nessuno o fatto qualcosa di sbagliato. Aveva avuto una sola ragazza in vita sua, che l’aveva lasciato per un altro durante l’ultimo anno di liceo. In un mondo di sesso e passione, Giuseppe era ancora vergine. Lui vedeva questo fatto come una virtù, la maggior parte dei suoi amici erano dispiaciuti per lui, fino a che, nel primo semestre dell’università…
L’intelligenza era sempre stata una delle sue doti migliori, otteneva i voti più alti in tutte le prove, miglior studente del suo corso, tutti gli predicevano i migliori successi e nessuna sorpresa allora che partecipasse fin dall’inizio a lezioni di alto livello.
I test d’ingresso l’avevano subito qualificato e partecipava a corsi con studenti degli anni successivi. Era in uno di questi corsi, Biologia Cellulare Avanzata, che l’aveva vista.
Elena era la quintessenza della bellezza agli occhi di Giuseppe. Il suo corpo snello, alto solo un metro e sessanta, lo faceva impazzire, gli erano sempre piaciute le ragazze piccole. Nella sua piccola figura le sue gambe flessuose, muscolose, salivano a due natiche strette e sode che gridavano di essere afferrate da un amante; lo stomaco era stato reso piatto e sensuale da anni allenamenti. I suoi seni erano grandi rispetto al suo corpo, ma non davano una sensazione opprimente o fuori luogo. Erano morbidi e tuttavia sodi, mantenevano la forma senza il bisogno di un reggiseno. Il suo viso era quello di un angelo con la linea della mascella angolosa, mento snello, ossa delle guance alte, naso piccolo e profondi occhi blu. Gli occhi di Elena erano ciò che veramente faceva la differenza. Se il corpo era formidabile, gli occhi mandavano in trance Giuseppe; cadeva nella loro profondità, si perdeva nella loro bellezza. I capelli biondi, lunghi sino alle spalle si arricciavano leggermente alle punte e le coprivano il viso di quel tanto per renderlo ancora più attraente. Sì, Elena era qualche cosa di speciale. Aveva lottato ed era riuscita a passare gli altri corsi di biologia, ma ora gli occorreva questo per laurearsi. Giuseppe ed Elena non lo sapevano che quello sarebbe stato il palcoscenico del loro incontro.
Era la seconda settimana di corso e quel venerdì era previsto un test. Giuseppe non era preoccupato, conosceva l’argomento come il palmo della sua mano. Elena, invece era confusa e non era sicura di riuscire a passarlo. Il fato aveva voluto che Elena fosse seduta al banco di fronte a Giuseppe. Al termine della lezione l’aveva sentita domandare alla sua amica Diana se conosceva qualcuno che potesse aiutarla a studiare. Era l’occasione di cui Giuseppe aveva bisogno; dal primo giorno di lezioni si era innamorato di Elena, non poteva credere ai suoi occhi quando si era seduta di fronte a lui. Girava sempre lo sguardo per l’aula per cercare la vista splendida del suo corpo che si agitava irrequieto durante le noiose lezioni. Giuseppe necessitava solo di una scusa per parlargli, ed ora finalmente ne aveva una. Dopo che la lezione era finita, Elena era uscita rapidamente dalla classe prima che Giuseppe potesse raccogliere i suoi libri. Evidentemente aveva fretta di andare da qualche parte, però Diana era ancora seduta a riordinare la borsa ed a mettersi del rossetto. Giuseppe aveva compreso che era la sua occasione e l’aveva toccata sulla spalla.
“Um, ciao, mi chiamo Giuseppe. Tu sei Diana vero?” aveva detto impaperandosi.
“Non volevo origliare, ma ho sentito Elena dire che aveva bisogno di un aiuto o qualcosa del genere, ed io…”
Gli occhi di Diana si erano mossi lungo il corpo di Giuseppe, lo esaminava come un lupo esamina la preda. Un leggero sorriso si è impresso sul suo viso mentre lo interrompeva.
“E ti piacerebbe aiutarla, essere il suo tutor personale. Vedo. Cosa ti fa pensare di essere sufficientemente qualificato, Giuseppe?” Lui l’aveva fissata per un momento pensando a cosa dire e poi aveva risposto.
“Bene, conosco la materia ed ho sempre fatto il tutor al liceo.”
“E vuoi incontrare Elena, giusto?” Giuseppe aveva sentito il viso arrossire mentre gli veniva meno la parola. Alla fine, semplicemente aveva risposto, “Sì.”
“Bene, dico di sì” aveva risposto Diana,
“Elena è una ragazza speciale. È la mia compagno di stanza sai, e non voglio che le accada niente che le faccia del male.”
Diana aveva sogghignato mentre diceva.
“Aveva appena rotto col suo ragazzo e so che è stato duro per lei.”
Così dicendo aveva guardato Giuseppe ed aveva visto che anche per lui era “duro”.
“OK, vieni stasera, stanza 235, vedremo che bravo tutor sei.” E così dicendo se n’è andò.
Giuseppe era rimasto immobile a guardarla mentre si allontanava. Sentiva il membro turgido che cercava di liberarsi dei pantaloni ed aveva pensato se anche lei l’aveva notato.
“Stasera deve essere una sera speciale!” aveva esclamato fra di se. La pressione aveva continuato a salire dentro Giuseppe per tutto il giorno finché finalmente non erano arrivate le otto. A dire il vero era davanti alla stanza di Elena dalle 7 e 45, ma si era seduto fuori ad attendere le 8. Quando finalmente era stato il momento, era saltato in piedi e aveva bussato piano alla porta. Diana aveva aperto ed aveva squadrato Giuseppe. I pantaloni alla marinara e la camicia color crema gli stanno veramente bene, aveva pensato. Anche Giuseppe aveva guardato Diana, non era bella quanto Elena, ma era una ragazza attraente. Stava nel vano della porta avvolta in un accappatoio, i capelli bagnati per la doccia che aveva appena fatto e delle pozzanghere d’acqua intorno ai piedi nudi. Finalmente aveva detto,
”Ehi, entra! Elena sta facendo la doccia, ma sarà qui in un minuto.”
”Perché fa la doccia ora,” aveva pensato Giuseppe fra di se mentre si sedeva sul letto per aspettare. Aveva cominciato a sistemare dei libri e degli appunti sul pavimento di fronte a lui, così da essere pronto per suo compito di tutore. Inoltre voleva dimostrare a Diana che era veramente un tutor.
Aveva alzato lo sguardo mentre la porta del bagno si apriva leggermente; aveva sentito la dolcissima voce chiamare,
“Diana, mi puoi dare quel vestito, ho dimenticato di portarlo qui.”
Diana aveva guardato Giuseppe ed aveva detto,
“Ehi, puoi darle quel vestito che c’è lì accanto a te. Sei più vicino.
“Lui aveva risposto rapidamente,
“Sicuro, nessuno problema!”
Aveva attraversato rapidamente la piccola stanza con l’accappatoio in mano. Come si era avvicinato il braccio snello di Elena si era allungato a prenderlo. Giuseppe le aveva dato l’accappatoio e la sua mano aveva strisciato contro quella della ragazza. L’aveva sentito indurirsi semplicemente a quel contatto. Elena aveva osservato da dietro la porta,
“Oh, sei Giuseppe?”
“Sì, um, sono Giuseppe. Sono venuto per aiutarti a studiare per quella prova di biologia cellulare, sai il test di venerdì.”
La porta si era aperta ed aveva mostrato Elena, coi capelli bagnati e l’accappatoio che copriva il suo corpo sensuale. Gli aveva teso la mano perfetta dicendo,
“Ciao, Giuseppe, che piacere vederti. Spero che tu non faccia caso se non sono vestita bene, ma avevo voglia di sentirmi comoda stasera. Studio meglio quando sono libera.”
“Oh, sicuro, non c’è problema. Davvero stai molto bene anche così”.
Aveva sentito che il suo viso arrossiva e il membro, duro come la roccia, a quelle semplici parole aveva fatto un balzo quasi volesse toccarla.
“Allora, grazie! Stai bene vestito così. Così, dovremmo cominciare, giusto?”
“Sì. Ho portato alcuni libri ed appunti. Spero non ti dispiaccia se li ho posati sul pavimento davanti al letto. Dunque queste sono le cose che dobbiamo sapere per superare il test.”
Giuseppe era sceso dal letto e si era lasciato cadere sul pavimento. Mentre si sedeva Elena si era stretta vicino a lui, le splendide gambe scoperte; si era avvicinata, le loro spalle si erano toccate mentre lei sorrideva, apparentemente ansiosa d’imparare. Diana li guardava mentre i due parlavano di biologia ed avevano proseguito per quasi due ore. Giuseppe era bravo a spiegare i temi complessi e ben presto Elena aveva capito tutto ciò che era necessario sapere. Ogni tanto si muoveva scoprendo un po’ di più le gambe o la spalla. Una volta Giuseppe avrebbe potuto giurare di aver visto un capezzolo. Quella volta il suo pene aveva avuto un sussulto e lui aveva emesso un lamento. Per il resto la serata era stata completamente di lavoro e studio, ma Giuseppe era eccitato, voleva sentirla con tutta la sua forza, toccargli le labbra con le sue, muoversi dentro il suo corpo perfetto; tuttavia ogni volta resisteva e si focalizzava sul lavoro. Finalmente avevano finito di studiare e Giuseppe si era apprestato ad andarsene.
“Grazie per essere venuto. Mi hai aiutato molto. Ora so che posso prendere una buona votazione!” aveva detto Elena sottovoce.
“Il piacere è stato mio, veramente. Se hai bisogno di qualcuno che ti aiuti sono disponibile ogni sera. Dormite bene, ci vediamo domani in classe.”
Elena aveva aperto la porta e mentre Giuseppe usciva gli aveva afferrato un braccio. L’aveva fatto girare verso di lei e l’aveva abbracciato con altre parole di ringraziamento. Giuseppe per poco non si era messo a gridare a trovarsi abbracciato a lei. Non avrebbe mai voluto lasciare il calore e la sicurezza di quell’abbraccio. Mentre scendeva le scale pensava,
“Oh, cazzo! Spero che non abbia sentito questa roccia nei miei pantaloni! Mi aveva veramente eccitato! Oh, è stata veramente una magnifica serata!!”
Rientrata nella stanza Elena aveva guardato Diana e aveva riso.
“Sei riuscita a sentirlo?” aveva domandato Diana.
“Oh, sì! Caspita, quello ragazzo era veramente eccitato! Posso dire che si era scaldato per me! È stato sufficiente mostrare un po’ di gambe ed un capezzolo? L’hai sentito gemere?”
“Sì, ma tu? Amica, sembri terribilmente eccitata.”
Prima che Elena potesse rispondere, Diana aveva afferrato il suo accappatoio e l’aveva tirato via. Era vero, Elena era sicuramente eccitata. I capezzoli erano duri ed eretti e l’inguine era bagnato. Elena era arrossita e poi aveva mosso lentamente le mani giù lungo lo stomaco.
Giuseppe era corso al suo pensionato ed aveva visto che il suo compagno di stanza non c’era. Non aveva perso tempo a liberare il suo corpo dalla costrizione dei vestiti. Ben presto il suo pene congestionato sporgeva eretto dal suo corpo nel pieno dei suoi centimetri. Le sue mani erano scese ed aveva cominciato a pomparlo rapidamente in attesa di liberare il suo traboccante succo d’amore.
Elena stava sdraiata sul letto con un’espressione di assoluta estasi sul viso. Le dita si erano inzuppate dei suoi umori mentre lavoravano rapidamente sul suo clitoride, penetrando sempre più profondamente nel suo corpo. I suoi lamenti riempivano la stanza e di tanto in tanto gridava il nome di Giuseppe chiedendogli di pomparla più forte e più velocemente. Aveva mosso la mano sinistra ai seni per strofinare i capezzoli doloranti tra le punte delle dita bagnate. Giuseppe faceva scorrere la destra lungo l’intera lunghezza del suo cazzo aumentando di velocità; con la sinistra aveva afferrato le palle tirandole e sentendo aumentare il piacere. I suoi occhi erano chiusi e l’aveva vista, Elena. Aveva immaginato il suo corpo grondante di sudore mentre l’accarezzava e lei chiamava il suo nome. Poi i lamenti di Giuseppe erano diventati un grido
“Ti amo, Elena! Prendimi dentro! Non fermarti!”
Era passata mezz’ora da quando Giuseppe se ne era andato ed Elena sentiva arrivare l’orgasmo. Le sue dita si erano mosse intorno al clitoride con abbandono, una mano scandagliava la vagina inzuppata, l’altra faceva rotolare il clitoride tra le dita bagnate. Ora gridava il nome di Giuseppe.
Le ragazze delle altre stanze sicuramente la sentivano, ma in ogni modo Elena aveva continuato. Aveva inarcato la schiena mentre l’orgasmo veniva. Le pareti femminili spasimavano intorno alle sue dita mentre emetteva un respiro lungo, lento. Si era abbattuta sul letto bagnato di sudore. Il corpo era scosso dall’orgasmo mentre continuava ad accarezzare lentamente ed amorevolmente i sacri luoghi, immaginando che fosse lui a muoversi dentro di lei con la sua virilità dura, solida.