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Brezza spagnola

Estate 1988, vent’anni, quattro amici, tanta spensieratezza e un sogno: le vacanze in Spagna.
Chi ha la mia stessa età ricorderà che la penisola iberica è stata, per molti anni, una meta gettonatissima per le vacanzre estive tra amici. Anch’io con i miei amici ci organizzammo e la meta, manco a dirlo, cadde su Lloret de mar, poco distante da Barcellona; i preparativi fervevano, tenda, sacchi a pelo, studio del percorso più economico per risparmiare benzina e, naturalmente, tante tante fantasie e tanti propositi sessuali da mettere in atto una volta arrivati. Queste fantasie erano alimentate da altri amici che c’erano stati negli anni precedenti e che, come tutti, ma lo avremmo capito dopo, tendevano ad “amplificare” la portata delle loro conquiste.
Sta di fatto che alla sera si arrivava sul lungomare gremito di turisti praticamente con la “divisa” da cucador: pantaloni bianchi, mocassini scamosciati, magliette Virtus Palestre o Stone Island, retaggio del periodo post-paninaro, e giacchettine alla Sonny Crockett di Miami Vice. Ci divertivamo, molto ed una sera mi accadde la più eccitante e strana avventura della mia vita. In una discoteca di Santa Cristina avvicinai una ragazza che scoprii essere francese, Joelle il suo nome, ne bella neè brutta, un fisico minuto con bei fianchi ed un seno discreto. Lei, oltre al francese, parlava tedesco, io qualcosina di inglese e di spagnolo, praticamente non ci si capiva, ma nessuno dei due era lì per fare conversazione. In breve, dopo aver saputo le rispettive età e da dove si veniva, finimmo sui divanetti, dove cominciò a salire la temperatura, le nostre effusioni presero un andamento piccante che costrinse una coppia poco distante ad alzarsi imbarazzata; le mie mani avevano liberato i suoi seni da una canottiera abbastanza ridotta e le mie labbra saltavano da un capezzolo all’altro. Di contro le sue mani avevano abbasato la cerniera dei miei pantaloni e mi stava masturbando con passione. Capimmo che si stava passando il limite, eravamo pur sempre all’interno di una discoteca, e decidemmo di andarcene in spiaggia, uscimmo dal locale ed imboccammo il sottopassaggio che portava al mare. Fu lì che, ormai senza più freni inibitori, la appoggiai al corrimano ed iniziai a spogliarla. Lei lasciava fare, le piaceva questa situazione e mi spogliò pure lei, le divaricai le gambe, mi inginocchiai ed iniziai un connilinguo impetuoso, lei godeva e stringeva la mia testa al suo pube. Mi rialzai e continuammo quell’appagante giochino fatto di strusciamenti, tocchi ma mai di penetrazioni, volevamo ritardare al massimo il compimento della serata. Dapprima incuranti di quelli che ci passavano vicini, perlopiù coppiette come noi, ci spostammo in spiaggia quando due coppie di mezz’età ci apostrofarono in malo modo: avevano ragione, ma lo dico ora che ho quarant’anni! In spiaggia dapprima ci sdraiammo sul tavolo di un bar all’aperto, lei distesa ed io che, eccitatissimo, cominciavo a penetrarla, poi, romanticamente, ci avviammo a pochi metri dal bagnasciuga, stendemmo le nostre magliette sulla sabbia, ci sdraiammo avvinghiati in un impeto amoroso di fuoco, e qui accadde l’imprevisto, l’impensabile evento che rende un incontro, già straordinario di suo, e lo trasforma in un atto unico, irripetibile. Penso ancora a quell’istante ed ancora mi chiedo: come fu possibile, come feci si che lei, probabilmente, non si scorderà mai più di me? Per farla breve, nel pieno dell’attività amatoria, un brutale colpo d’aria soffiò dal mare, fui preso da una sensazione di freddo ed ebbi una defaillance tremenda, tutta la mia virilità si risolse in una salamina intirizzita che neanche il carro attrezzi riuscì più a far star sù. Mi alzai, mi rivestii e con la coda, o quel che ne restava, in mezzo alle gambe me ne ritornai in discoteca.
Excuse me, dissi io, allargando le braccia, au revoir rispose lei alzando le spalle. Che sfiga però!

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