La sera, quando il marito, dopo aver fatto la doccia, entra nella camera, trova Manuela che lo attende, seduta a terra sui calcagni, nuda, ai piedi del gran letto basso. Ella gli circonda i fianchi con le braccia e gli prende in bocca la verga. Dopo aver succhiato per qualche istante, l’asta si gonfia e si solleva. Manuela la fa scorrere tra le labbra finché non è durissima. Poi la lecca su tutta la lunghezza, chinando la testa, premendo la vena azzurrina che corre a fior di pelle e la cui congestione e il cui rilievo aumentano sotto il suo bacio. Giovanni le dice che sembra stia sgranocchiando una pannocchia di granoturco ed ella lo mordicchia coi piccoli denti per adattarsi a questo paragone. Ma smette subito, aspirando dolcemente nella bocca la pelle satinata dei testicoli; li solleva con le mani, fa scivolare sotto di loro la punta della lingua, accarezza un’altra vena, si bea del sangue caldo che sente battere più forte al tocco delle labbra, esplora sempre più intimamente, cerca, va, viene, risale bruscamente alla testa del fallo, la spinge quasi in gola, tanto che per un attimo le pare di soffocare; e lì, senza trarsi indietro, lo pompa con un movimento lento, irresistibile, mentré la sua lingua lo circonda e massaggia. Le braccia circondano le reni del marito, con una passione che cresce via via che succhia più regolarmente la verga e che l’eccitazione delle labbra e della lingua si comunica ai suoi seni, al suo sesso. Sente colare tra le cosce strette un liquido abbondante come la saliva con cui sta umettando nella sua bocca calda il membro apoplettico. Per poter gemere di voluttà e lasciare che un orgasmo parziale la liberi e le permetta di continuare la fellazione, fa uscire per un istante il pene dalle labbra, senza tuttavia smettere di accarezzare l’orifizio dischiuso con teneri colpi di lingua. Poi inghiotte di nuovo il ponte di carne palpitante che li unisce. Giovanni stringe tra le mani le tempie della moglie; ma non per guidare i suoi movimenti né per regolarne il ritmo. Sa che è meglio fidarsi di lei, lasciare che perfezioni a modo suo il comune piacere. Lo stile che darà a quest’abbraccio lo distinguerà ancora una volta da ogni altra. Certe volte, Manuela si diverte a far languire il marito: non si ferma su nessuna parte, scivola da un punto sensibile a un altro, strappa dalla gola della vittima lamenti, preghiere di cui non si cura, lo fa trasalire, ansimare, lo spinge al delirio, fino al momento in cui, con un ultimo gesto vivo e preciso, completa la sua opera. Ma oggi vuole essere dispensatrice di più serena soddisfazione. Senza stringere troppo la verga vibrante, aggiunge la pressione delle dita e il movimento regolare della mano alla suzione delle labbra, applicandosi a liberare armoniosamente l’organo del suo seme, a vuotarlo il più totalmente possibile. Quando Giovanni s’arrende, inghiotte con lente sorsate la sostanza saporosa che è riuscita ad estrarre dal fondo di lui; ma lascia che l’ultima stilla indugi sulla sua lingua amorosa. Manca così poco al suo orgasmo, basta che il marito le stringa il clitoride tra le labbra perché il suo godimento sia raggiunto.