L’eccitazione mi rese un po’ più ardita. Mi azzardai a scostare di più la tenda, giusto quel tanto che bastava per poter osservare dalla fessura. I miei amici erano troppo occupati da loro stessi per rendersi conto di qualcosa. Sempre in piedi, gambe divaricate, cominciai ad accarezzarmi con entrambe le mani, senza lasciarli nemmeno un istante con gli occhi. Quegli uomini che mi avevano fatto godere erano ora intenti a scambiarsi piaceri maschili, una sorta di lotta in cui due virilità si sublimavano e si annullavano al contempo, ed era lo spettacolo più conturbante che si potesse immaginare.
L’uno cadde di nuovo in ginocchio davanti all’altro e, sempre leccandolo, si infilò tra le sue gambe. Spostandosi come un penitente, fece giocare la lingua sul cazzo, poi sui coglioni, poi fra le natiche dell’amico, e, quando fu passato dall’altra parte, si alzò e, con un colpo di reni preciso e ben assestato, lo inculò.
Il gesto era stato così perfetto che lanciammo tutti e tre un rantolo di soddisfazione. Poi l’uno cominciò a fare avanti e indietro, con movimenti vigorosi delle natiche leggiadre, continuando a tenere il compagno per il petto e mordicchiandogli la nuca e le spalle. L’altro si masturbava allo stesso ritmo, come d’altronde facevo anch’io, dietro la tenda. Spettatrice clandestina, avevo già goduto più volte. Non resistendo più in piedi, ero caduta in ginocchio, ma lo spettacolo era tale che, gambe sempre aperte, trovai ancora la forza di darmi tutto il piacere possibile, divorando con gli occhi il furore erotico dei due amici.
Raggiunsi l’ultimo orgasmo quando vidi le loro reni tendersi e i visi contorcersi per effetto di un’estasi violenta e nervosa. Fiottarono insieme, l’uno nel culo dell’amico, l’altro nella propria mano. Urlai assieme a loro, e il mio corpo continuò a torcersi mentre guardavo spruzzare e schizzare lontano dalla sua fonte il bel liquore bianco dell’altro.