Daria era una moglie come tante, infelicemente sposata con un militare, che era sempre assente a causa del suo lavoro.
Per fortuna, c’era il computer a tenerle compagnia…
Si era creata una sorta di seconda identità su Internet, dove tutto è alla portata di tutti ed è facile.
Girovagando per le chat, aveva conosciuto un ragazzo della sua stessa città, molto più giovane di lei, Fabrizio.
Tutto era iniziato in maniera molto innocente, avevano chiaccherato dei rispettivi interessi, delle loro aspirazioni, naturalmente Daria aveva detto una bugia sul suo stato civile.
E il suo amico virtuale si era convinto che lei vivesse con la madre, per quanto sembrasse singolare che una donna di 35 anni, bella come lei, non avesse una fila di uomini dietro.
Appena aveva visto la foto aveva avuto un fremito, era su una spiaggia, distesa su un’asciugamano viola, con un costume intero.
Il viso era comune, forse il naso era anche un po’ troppo lungo, ma aveva un vitino da vespa e due gambe lunghe e sode.
Fabrizio, studente fuori sede poco più che ventenne, si prese una bella cotta. Cominciò a trascurare lo studio e passava ore intere a chattare con la sua misteriosa amica, condividendo i suoi pensieri più intimi.
Si scambiarono anche i numeri di cellulare e lui cominciò a chiamarla sempre più spesso, quando non la trovava on-line.
Da brava moglie, lei aveva sempre tenuto spento il computer le poche volte che il marito era in casa e dopo poco le toccò anche tenere spento il cellulare, perché il ragazzo era diventato assillante…
“Ma tu non mi vuoi più bene?” le disse un giorno, tutto corrucciato, dopo che non era riuscito a trovarla per due giorni.
“Si che ti voglio bene,” rispose Daria “ma vedi, c’è una cosa che non ti ho detto..”
“Cosa c’è?? Non stai bene?? Sei arrabbiata con me? Ho fatto qualcosa che..”
Lei lo interruppe subito, senza esitazioni:
“No Fabrizio, io sono una donna sposata.”
“Cosaaa??”
“Si, sono sposata da 10 anni e mio marito non c’è mai. Volevo dirtelo subito, ma poi mi sono affezionata e, non so, forse speravo che nascesse qualcosa tra noi due, forse volevo sentirmi corteggiata.”
“Tu sei una schifosa puttana!” urlò il ragazzo, e attaccò il telefono.
Da allora non lo sentì più e per certi versi si sentì sollevata.
Se il marito avesse scoperto una cosa del genere, possessivo e geloso com’era, avrebbero dovuto separarsi e lei davvero avrebbe dovuto andare a vivere da sua madre, in quel seminterrato piccolo e buio in periferia.
Avrebbe perso tutti i suoi privilegi, le vacanze in crociera, la sua bella villa a due piani e la sua macchina blu metallizzato da trentamila euro.
Cosa le era passato per la mente?
Dopo due mesi, tutto era tornato alla normalità e Daria, per distrarsi dalla solitudine, decise di darsi alla lettura.
Andava tutti i giorni in biblioteca e sceglieva un libro, che una volta tornata a casa divorava intensamente.
Un giorno si dimenticò di andare a restituire l’ultimo volume preso in prestito, e il citofono bussò:
“Salve, io lavoro alla biblioteca X, devo ritirare il libro che ha preso in prestito.”
“Si è vero, mi scusi, venga su, sono al terzo piano.”
Aprì la porta e si trovò davanti un ragazzo alto, magro, che sembrava il classico secchione.
“Mi aspetti qui, che le porto subito il libro.”
Il ragazzo non disse una parola e la seguì verso il salotto.
Daria gli porse il volume, ma lui lo rifiutò.
“Lascia stare, glielo porterai tu di persona domani.”
La donna fece un gridolino, quella voce le era così familiare!
“Tu sei, Fabrizio!”
Il ragazzo non rispose e prese ad osservarla, con uno sguardo penetrante e crudele.
“Cosa vuoi da me?.. ”
Lui corse verso di lei e la avvolse tra le sue braccia, in una morsa da cui non poteva fuggire.
La baciò rudemente, aprendole a forza le labbra con la lingua, che entrò fino in fondo nella sua bocca.
Lei cercò di respingerlo, ma non aveva la forza né la volontà, il suo corpo era completamente arreso al desiderio, inebriata anche da quel profumo buono che lui aveva, una flagranza pungente al sandalo.
Non se l’era immaginato così deciso, e dopo l’ultima telefonata, credeva di averlo perso, anche se in fondo al suo cuore le era mancato.
I capezzoli duri premevano contro il maglione, mentre lui la baciava, desiderosi di essere stuzzicati, morsi, succhiati…
Fabrizio le slacciò i jeans stretti e glieli tirò giù, scoprendole il suo dolce triangolo.
Fu colpito quando si accorse che lei non portava le mutandine e inserì subito il dito medio tra le labbra della sua fica completamente depilata, sentendola tremare appena le sfiorì il clitoride gonfio e bagnato.
Poi lo fece scivolare dentro di lei e iniziò a masturbarla, uscendo ed entrando velocemente come un trapano.
Daria abbassò la scollatura del maglione scoprendosi una tetta e Fabrizio ci si fiondò sopra, imboccando finalmente i capezzoloni e le areole, uno dopo l’altro.
A questo punto non poteva più tirarsi indietro e decise di abbandonarsi totalmente alla passione…
Aprì con forza la cerniera dei pantaloni di Fabrizio, che per fortuna erano larghi, e quasi gli strappò le mutande, facendo uscire il suo cazzo ben dritto.
Quasi gli arrivava all’ombelico ed ben rigido e largo, doveva avere un diametro di almeno 15 cm.
Lei lo baciò sulla cappella e poi si stese sul tappeto del salotto, a cosce aperte, umida, con lo sguardo colmo di passione, una passione mai sopita, che nemmeno un marito assente avrebbe potuto placare.
Il ragazzo lo prese e se lo smanazzò, scappellandolo del tutto.
“Mettiti a pecorina.” le disse in tono fermo.
Lei si girò, esponendo le sue natiche invitanti e sode, senza un filo di cellulite.
“Il preservativo ce l’hai?…”
“No, ma non preoccuparti, non ho intenzione di scoparti in fica…”
“Cosa vuoi dire?”
Ma prima che potesse forumlare un pensiero, lui la avvolse con il suo corpo: le palpeggiava rudemente i seni e intanto spingeva il suo cazzo tra le cosce di lei, sfiorandole la fica.
Poi Fabrizio si alzò e e prese a carezzarle il culetto, con la punta delle dita spalancò delicatamente le sue natiche, poi le penetrò l’ano strettissimo con l’indice.
“Come sei stretta, aspetta che ti aiuto…”
Affondò la faccia tra quelle due pesche e cominciò a slinguazzarle il buco del culo, lo insalivò tutto.
Le mise ancora il dito dentro e gradualmente la penetrò sempre di più, ancora ed ancora, poi con due dita…
Daria teneva gli occhi chiusi e gli umori le colavano dalla vagina sempre più eccitata, mentre lei mugolava.
Improvvisamente lui tolse le dita e lei sentì la pressione della sua cappella enorme.
“No no ti prego! Non l’ho mai fatto!!…”
Lui non le rispose e la penetrò lentamente.
“Basta, toglilo…” diceva lei, ma intanto si abbassava ancora di più e avvicinava il suo culo a lui, per sentirlo ancora più in fondo.
Lui si abbassò su di lei, afferrandole le tette, e cominciò a pomparle il culo.
“Ti sto fottendo il culo, puttana, mmmh…”
“Fai pianoo, aaah.. mi fai male!”
“Zitta troia!” e le diede una pacca sul culo, lasciandole il segno delle cinque dita.
Poi le prese un capezzolo tra l’indice ed il pollice, pizzicandolo forte, era sempre duro.
Le palle di lui sbattevano contro la sua fica rasata, aumentando la sua eccitazione ma allo stesso tempo la sua frustrazione.
Senza rendersene conto, allungò un braccio e cominciò a masturbarsi.
“Siii puttana, toccati mentre ti martello il culo…”
Le allargò ancora di più le natiche e lo sbattè tutto dentro, nell’ano ormai completamente dilatato.
Daria si guardò nel vetro della finestra in altro e quello che vide non fu la moglie tenera e pudica che era sempre stata, ma una battona di strada affamata di cazzo.
Dopo un’altra sua spinta, inserì il suo dito fino in fondo nella fica e fu squassata da un violento orgasmo, che la fece tremare tutta per almeno trenta secondi.
Fabrizio le tolse il cazzone dal culo, la prese per i capelli e glielo infilò in bocca.
Lei era un pò disgustata dal sapore pungente e acre, naturale visto che le aveva fottuto l’ano, ma non lesinò ad andare su e giù, su e giù, finché lui sospirò forte e una bolla di sperma le riempì la bocca.
Ingoiò senza pensarci troppo e si abbatté stremata sul tappeto.
Senza nemmeno rendersene conto si addormentò, mezza nuda e sudata, e al suo risveglio Fabrizio non c’era più.
Sul tavolino accanto al divano c’era un biglietto, con accanto una banconota da 100 euro.
“Grazie per la meravigliosa scopata. Adesso non ti darò più fastidio, ma accetta questi soldi che ho risparmiato lavorando alla biblioteca. Una puttana va sempre pagata per i suoi servigi. Con riconoscenza, F.”
Daria mise i 100 euro nel suo portafoglio, poi prese il biglietto di carta, lo appallottolò e lo masticò fino a ridurlo in un’informe poltiglia, che sputò nel cesso.
Era stata umiliata, ma ne era contenta e, da brava moglie, con quei 100 euro, regalò un buono libri per il suo maritino assente e cornuto.