Ho sempre saputo cosa volevano gli uomini da me, sin da quando, ad appena quattrordici anni, mi spuntò un seno già florido e abbondante.
Lo conoscevo da sei mesi, e avevo deciso che quella sera avrei soddisfatto il suo desiderio: si, gli avrei finalmente dato il culo. Lo sapevo sin da quando mi rimorchiò quella sera al Manniken, quando indossavo la mia gonna blu elettrico ben stretta sui fianchi carnosi. È stato subito amore, e non c’è stato giorno da allora in cui non abbia sfiorato il mio didietro con la mano, quasi timidamente, oppure non abbia dato al mio generoso fondoschiena un’occhiata tanto vogliosa quanto imbarazzata: adoro gli uomini che arrossiscono, e adoro realizzare i loro desideri più proibiti.
Lo attesi a casa mia per una cena, ma il risotto ai funghi e la mousse al cioccolato rimasero quasi intatti, mentre ci vollero ben due bottiglie di vino per decidermi definitivamente a fare il grande passo, perdere la mia verginità anale. È lui l’uomo giusto, pensai. O forse sarà stato il vino, non so.
Mi spogliò dolcemente, come al solito, quando gli calai il boxer il cazzo era già tutto in tiro pronto a farmi la festa; gli sfoderai il mio sorriso più seducente e lo invitai ad entrare nel mio fiore segreto: “Fa piano per favore “ dissi quasi sottovoce “ È la prima volta per me”. Quasi incredulo cominciò a lubrificare bene il mio buchino, per un tempo che mi è sembrato interminabile: quando appoggiò la cappella avvertii quasi un sussulto, come se una scossa attraversasse il mio corpo: “No aspetta, ancora non sono pronta”. Era la mia paura del dolore a fermarmi? Non lo amavo abbastanza? Mentre questi pensieri ansiogeni mi frullavano in testa e stavano per smontare la mia eccitazione, sentii un liquido caldo che entrava tutto dentro di me: era la sua saliva che colava e si spalmava dentro e tutto intorno, e sentivo il suo ditino curioso e fremente che esplorava il mio secondo ingresso. Mi stavo di nuovo eccitando: “Forza entra dentro di me, ora o mai più” gli intimai in un misto di adrenalina e terrore.
A causa della sua cappella molto grande, mi sentivo ancora un po’ rigida: me lo appoggiò pianissimo, di una delicatezza che non sospettavo avesse. All”improvviso un bruciore atroce, ed era solo a metà del suo cammino; mi morsi la lingua, non volevo che si fermasse, volevo essere piena del suo amore. Finalmente la cappella entrò tutta, sentivo il sudore della sua fronte che colava sulla mia schiena per lo sforzo di non farmi male: fatta la cosa più difficile, cominciò a spingere, e ogni suo colpo corrispondeva ad un mio urlo, straziante. Ma non poteva più fermarsi, non avrebbe più potuto calmare la bestia infuocata del suo cazzo stretto dentro il mio ano lacerato. Le lacrime cominciarono a rigare il mio viso, il ritmo si fece sempre più veloce, lo sentii mugolare come un cane in calore: dalla mia posizione potevo udire il rumore delle sue palle sulle mie chiappe, come un’onda impetuosa che si infrange sugli scogli.
Non ricordo a che punto cominciai a godere e dimenticarmi delle mie budella devastate. Ricordo il suo respiro sempre più affannoso, le mani scivolose sui miei fianchi, il morso che mi diede sulla spalla per soffocare il suo copioso orgasmo. Fu in quel momento, senza più voce e con il culo in fiamme, che capii di amarlo: per la seconda volta in quell’animalesco amplesso mi sorprese, cominciando a leccarmi l’ano, a gustare la sua stessa sborra che mescolata alla saliva era come balsamo per le mie ferite.
Quando mi coricai ero dolorante e a pezzi, passai un dito là dove il suo cazzo mi aveva violato, e sentii un liquido che mi scendeva: era sangue. Andai a rattopparmi come meglio potevo, per fortuna non era messo così male. Guardando il mio riflesso sullo specchio, fui sorpresa di vedere un mezzo sorriso, un volto sereno e rilassato, tutto in contrasto con il mio retto sfondato: felice e sanguinante per aver dato via il culo al mio uomo, ditemi voi se questo non è amore.