Diciassettenne, Mile de Donis era bionda. I suoi capelli superbi la ricoprivano totalmente, gli occhi erano del più bel marrone: non se ne videro mai di più vivaci, scintillavano allo stesso tempo d’amore e di voluttà. La bocca deliziosa si apriva unicamente per abbellirla maggiormente, e i suoi denti, i più belli delmondo, assomigliavano a perle che fossero state sparse sulle rose. Nuda, quella splendida ragazza avrebbe potuto far da modella alle Grazie. Che monticello rilevato! Che cosce tornite e appetitose! Che culo sublime! O Fontange! Quanto bisognava essere crudele e libertina insieme per non fare grazia a tante qualità, e per non fare eccezione, almeno, con te, al destino crudele al quale condannavo tutti i miei oggetti di lussuria!
Esortata da cinque anni, dalla madre, a portarmi rispetto ed ogni possibile attenzione, non appena seppe che ero io che la mandavo a prendere, si congratulò con se stessa di tanta fortuna. Una volta giunta, abbagliata dal fasto, dalla moltitudine di valletti, di donne, dai mobili magnifici di cui non aveva idea, poiché non era mai uscita dal convento, immaginò di trovarsi in Olimpo e si credette trasportata, da viva, nel soggiorno azzurato degli dèi: forse mi prese addirittura per Venere. Si getta alle mie ginocchia, la sollevo, bacio la sua graziosa bocca di rosa, i grandi occhi, le guance di alabastro che il pudore ravvivava, sotto le mie labbra, con il più grazioso rossore naturale. La serro al seno, e sento il suo piccolo cuore battere sul mio petto, come quello della giovane colomba che si strappa alla madre. Era vestita abbastanza bene, anche se con semplicità: un grazioso cappellino ornato di fiori, superbi capelli biondi che ricadevano a boccoli, ondeggianti su due spalle deliziosamente disegnate. Mi dice, con voce dolcissima e incantatrice: “Madame, rendo grazie al cielo che mi procura il privilegio di dedicarvi la mia vita. So che mia madre è morta e quindi ho soltanto voi al mondo”.
A quel punto i suoi occhi si inumidiscono e io sorrido: “Sì, figlia mia”, le dico, “vostra madre è morta. È stata la mia amica; è morta in maniera singolare… mi ha lasciato del denaro per voi. Se vi comporterete bene con me, potrete diventare ricca ma ciò dipenderà dal vostro modo di fare, dalla vostra cieca obbedienza a tutte le mie volontà”.
“Sarò vostra schiava, madame”, mi rispose, chinandosi a baciarmi la mano.
Allora le baciai la bocca una seconda volta, però con un po’ più di accuratezza. Le scoprii il seno… Lei arrossiva, era turbata, e mi ricambiava tuttavia, sempre con intelligenza, quanto poteva facendo salvi l’onestà e il rispetto. La prendo una terza volta tra le braccia, con i capelli sciolti, il grazioso seno a nudo, e le dico: “Credo che potrò amarvi, poiché siete dolce e fresca…”.
Poi mi venne l’idea di scandalizzarla: niente è più piacevole come lo scandalo che il vizio offre alla virtù. Suono per chiamare le donne. Mi faccio denudare davanti alla graziosa ragazza, quindi, osservandomi davanti ad uno specchio: “E vero, Fontange”, le dico baciandola, “è vero che ho un bei corpo?”.
La poverina distolse gli occhi arrossendo. Avevo, attorno a me, quattro delle mie più belle donne: Phryné,
Lais, Aspasie e Théodore. Tutte e quattro avevano dai sedici ai diciotto anni ed erano più belle di Venere.
“Avvicinatevi, su, signorina”, le dice Lais, “è un favore che Madame vi concede, bisogna saperne approfittare.”
Si avvicina ad occhi bassi. Le prendo la mano, me la metto addosso.
”Come è bambina! “, dico alle donne. “Phryné, fate vedere, su, alla ragazzina, ciò che deve fare…”
Chinandomi su una ottomana, Phryné si siede accanto a me, mi prende la testa sul seno e mi masturba il clitoride. Nessuna donna esegue tale incarico come lei. Adempie con scientificità, i suoi ditalini sono lascivi, bacia e accarezza straordinariamente il posteriore. La lingua, quando lo voglio io, stuzzica l’ano a meraviglia. Le sue manovre sul monte di Venere si accordano stupefacentemente bene con quelli rivolti all’altro tempio, che succhia gustosamente al mio comando. Mentre faceva così, Lais, appollaiata sul mio petto, viene, accoccolandosi sulla mia bocca, a farmi succhiare la fichetta. Théodore mi masturbava il culo, e la bella Aspasie avvicinava Fontane allo spettacolo, obbligandola a guardare e masturbandola per addolcire le sue ritrosie.
“Non avete mai fatto queste cose con le vostre compagne?”, le chiese Aspasie.
“Oh! Mai!”
“Impossibile”, dicevo mentre succhiavo il culo di Lais, “so che in convento ci si masturba parecchio… Alla vostra età avevo già guardato sotto la gonna di tutte le mie compagne.”
Poi, lasciando la fica che sto succhiando: “Venite a baciarmi”, le dico.
Avanza e me la divoro.
“Spogliatela, su”, dico alle mie compagne.
Le posizioni si rompono per un poco per far loro lasciare, tutte insieme, gli scomodi vestiti che ostacolano i miei piaceri. Tutte e cinque sono quindi, in un attimo, nude come me. Dio! Come era bella Fontange in quel modo! Quanta bianchezza! Quali proporzioni!
“Su”, dico, “mettetemela sopra, in modo che possa avere la sua fichetta sulle labbra. Voi, Aspasie, vi impadronirete del culetto che lei mi metterà in mostra per questa posizione, e le slinguerete l’ano.
Phryné, voi le stuzzicherete il clitoride, in modo che la broda che ne uscirà venga a sgocciolarmi in bocca.
Adesso spalanco le cosce: voi Théodore, voi mi brucherete la fica, e voi, Lais, mi leccherete il buco del culo. Di grazia, belle amiche mie, adoperate tutto quanto sapete, usate tutte le vostre finezze, poiché questa ragazzina mi eccita molto e voglio avere, per lei, un’infinità di orgasmi.
Non ho bisogno di descrivervi tutto il piacere che trassi da quella scena voluttuosa: ero ebbra. Finalmente la voluttà si impadronisce della giovane Fontange che non può resistere alle delicate sensazioni che la inondano. Il pudore cede al piacere e la novizia se ne viene. Oh! Quanto è squisito il primo orgasmo! Lo divorai con gran gusto!?
“Rigiratemela”, dico alle donne. “Fatele mettere la testa tra le cosce di Théodore, e così la brucherà, io, invece le stuzzicherò il culo con la lingua, Lais mi ricambierà questa cosa, e io palpeggerò un culo con ogni mano.”
Nuova estasi, nuovo orgasmo da parte mia, poi non resisto più, mi impadronisco di Fontange, mi precipito su di lei, accosto il mio clitoride al suo, strofino con ardore, le divoro la bocca. Le donne intanto mi masturbano il culo, lo frustano, passano le mani da sotto per stuzzicarmi il monticello, mi colmano, in poche parole, di piacere e me ne vengo almeno per la decima volta, inondando con la mia impura broda la fica squisita della più vergine e più graziosa delle ragazze.
Una volta orgasmato, l’illusione scomparve. Bellissima che fosse Fontange, non la vedevo altro se non con quell’indifferenza maligna che risveglia in me la crudeltà, una volta saziatami degli individui di cui ho goduto, e presto la loro sentenza viene incisa nel fondo del mio cuore.
“Rivestitela”, dico alle donne.
Io faccio altrettanto e restiamo sole.