“Mi recai dal marchese di Saint Giraud, la cui fantasia consiste nel far salire una donna nuda su un’altalena, e nello spingerla poi a una grande altezza. A ogni oscillazione, gli passate davanti al naso; lui è in attesa, e proprio in quell’attimo bisogna fare un peto, se non si vuole ricevere una pacca sul culo. Feci del mio meglio per soddisfarlo, mi presi qualche colpo, ma gli mollai un’infinità di peti. Avendo il libertino finalmente scaricato dopo un’ora di una simile cerimonia così noiosa ed affaticante, l’altalena si arrestò, ed ebbi il permesso di congedarmi. Dopo circa tre anni da quando ero divenuta la tenutaria della casa della Fournier, si presentò un uomo che mi fece una singolare proposta: dovevo procurargli libertini disposti a divertirsi con sua moglie e con sua figlia, all’unica condizione di poter assistere, nascosto in un angolo, a tutto quello che avrebbero fatto loro. Me le avrebbe consegnate, disse, e non soltanto sarebbe stato mio il denaro guadagnato per mezzo loro, ma mi avrebbe anche dato due luigi per ogni incontro che avessi organizzato. C’era solo una condizione: per sua moglie esigeva uomini con certe tendenze, e per sua figlia uomini con un diverso tipo di mania: per la moglie chiedeva uomini che le cacassero sul seno, per la figlia ne esigeva altri che, alzandole le gonne, esponessero totalmente il suo culo davanti al buco da cui avrebbe osservato, così da poterlo ammirare a suo piacimento, e che infine le scaricassero in bocca: per qualsiasi altra passione diversa da queste, non mi avrebbe affidato la sua mercanzia. Dopo aver fatto promettere all’uomo che si sarebbe assunto ogni responsabilità qualora sua moglie o sua figlia avessero poi avuto da lagnarsi per essere state condotte da me, accettai tutto quello che volle e promisi che le persone affidatemi sarebbero state trattate come voleva. L’indomani mi portò la sua merce: la moglie era una donna di trentasei anni, non molto graziosa, ma alta e ben fatta, con un’espressione di grande dolcezza e modestia: la giovinetta aveva quindici anni, era bionda, un po’ grassottella, e con un’espressione straordinariamente tenera e gradevole, “In verità, signore,” disse la moglie “ci costringete a fare certe cose…”. “Ne sono mortificato,” rispose quel vizioso “ma è necessario che sia così; credetemi, dovete rassegnarvi perché non recederò mai. E se opporrete la benché minima resistenza alle proposte e agli atti a cui stiamo per sottomettervi, proprio voi, signora, e anche voi, signorina, vi porterò domani stesso nel fondo di una terra da cui non farete più ritorno”. La moglie sparse allora qualche lacrima, e poiché l’uomo a cui l’avevo destinata era in attesa, la pregai di trasferirsi nella stanza a lei riservata, mentre la figlia sarebbe rimasta al sicuro in un’altra camera, in compagnia delle mie ragazze, attendendo il suo turno. In quel crudele momento, pianse ancora un poco, ed ebbi così la certezza che fosse la prima volta che quel marito brutale esigeva una simile cosa da lei: per sua sfortuna l’esordio fu duro perché, indipendentemente dai gusti barocchi del personaggio a cui la consegnavo, era costui un libertino incallito, molto imperioso e brutale, che non l’avrebbe certo trattata onestamente. “Allora, basta lamenti” disse il marito entrando. “Sappiate che vi osserverò, e se voi non soddisferete in tutto il rispettabile uomo a cui vi affido, entrerò io stesso per costringervi”. La donna entra e noi due, il marito ed io, ci trasferiamo nella stanza da cui era possibile veder tutto. E inconcepibile a qual punto quel vecchio scellerato si eccitasse vedendo la sua sciagurata sposa vittima della brutalità di uno sconosciuto. Si dilettava per ogni cosa che si esigeva da lei: la modestia, il candore di quella povera donna, umiliata dagli atti atroci del libertino che godeva di lei, rappresentavano ai suoi occhi uno spettacolo delizioso. Ma quando la vide brutalmente gettata a terra, e quel vecchio porco a cui l’aveva consegnata cacarle sul seno, e le lacrime e il disgusto della moglie alla proposta e all’esecuzione di quella infamia, non potè più contenersi, e la mano con cui lo masturbavo fu immediatamente inondata di sperma. Si consumò così il primo atto, e se già questo gli aveva procurato del piacere, fu ben altro quello che potè godere dal secondo. Non fu senza grandi difficoltà, e soprattutto non senza minacce tremende, che riuscimmo a far entrare la giovinetta, testimone delle lacrime di sua madre, e però all’oscuro su quanto aveva dovuto subire. La povera piccola accampò ogni sorta di pretesti, ma alla fine la piegammo. L’uomo a cui la consegnai era perfettamente istruito su quel che doveva fare: era uno dei miei clienti abituali a cui avevo riservato quel dono prezioso, e che, per riconoscenza, aveva accettato ogni mia richiesta. “Oh, che bel culo!” gridò quel padre libertino, quando l’uomo alzò le sottane alla figlia e ci mostrò il suo culo totalmente a nudo. “Oh, dio santo, che belle chiappe!”. “Ma come,” gli domandai “è forse la prima volta che le ammirate?”. “Sì, veramente,” mi disse “ho dovuto ricorrere a questo espediente per poter godere di un simile spettacolo; ma se è la prima volta che ammiro queste belle chiappe, vi garantisco che non sarà l’ultima”. Io lo masturbavo energicamente, lui era in estasi, e quando vide l’indegnità che si esigeva dalla giovane vergine, quando vide le mani di quel libertino incallito scivolare su quel corpo stupendo che mai aveva patito simili palpeggiamenti, quando vide che la faceva mettere in ginocchio, che la costringeva ad aprire la bocca,- che vi introduceva un grosso cazzo e scaricava lì dentro, cadde riverso, urlando come un indemoniato, affermando che mai in vita sua aveva gustato un piacere simile, e lasciando tra le mie dita la prova inoppugnabile del suo godimento. E fu tutto, le povere donne si ritirarono piangendo a calde lacrime e il marito, pazzo di entusiasmo per quella scena, trovò senza dubbio il modo di convincerle a replicare con frequenza quello spettacolo, perché le ho ricevute nella mia casa per più di sei anni, facendo sperimentare a quelle infelici creature, secondo l’ordine ricevuto dal marito, tutte le diverse passioni che costituiscono l’argomento dei miei racconti, con la sola eccezione di dieci o dodici, che non poterono soddisfare, non essendo praticate nella mia casa “.