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Il Pozzo dei Desideri

Beodon Hilg stava tornando a casa, da solo e in piena notte, aveva fatto tardi come al solito in taverna, ma tanto non era sposato, quindi non aveva nessuna moglie che lo aspettava adirata.
Camminava senza affanno, ascoltando i rumori della notte, guardando il cielo, e fischiettando un allegro motivo, ascoltato quella sera da Mithius, il bardo del villaggio, quando vide un lampo luminoso attraversare il cielo nero, non c’era neanche la luna a rischiararlo. Seguì il lampo con gli occhi e vide che la scia si diresse non molto lontano da dove si trovava lui.
“Un segno degli Dei” – Pensò Beodon – “Debbo andare a vedere di che si tratta, magari trovo Hydrabak, la spada delle leggende e divento re del mondo!”
Con questo, e molti altri pensieri nella mente l’uomo si avviò nella direzione in cui aveva visto esaurirsi il lampo. Alcuni pensieri erano tetri e parlavano di pericoli ed insidie, ma Beodon era un uomo coraggioso, che aveva sempre desiderato di partire per terre lontane e selvagge per compiere mirabolanti imprese, anche se non si era mai allontanato dal villaggio, e dal suo orticello ben coltivato, così li ricacciò dentro di se, ed affrettò il passo.
Camminò per più di un’ora, sino a quando giunse davanti ad un cratere, da cui si alzava ancora un intenso fumo, e si avvertiva un forte odore di bruciato. Beodon restò immobile per un po’, poi mise mano al suo spadino, e si avvicinò al cratere, ricorse a tutto il suo coraggio per guardare dentro il buco, e sul fondo vide un fuoco, che illuminava quella parte del cratere, e che gli permise di vedere uno strano pezzo di metallo, “Sembra la sfera magica della vecchia Krie, la veggente” “Ma è più grande, ed i colori sono ancora più strani”
“E’ un regalo degli dei” “E io non debbo farmelo scappare.” Si guardò intorno, per cercare qualcosa con cui recuperare la cosa caduta dal cielo, ma non trovò nulla. “Il buco è largo, ci passo, ma le pareti sono troppo ripide, mi farei male, e non riuscirei a risalire, mi serve una corda” “Casa non è lontana, andrò a prenderla subito”
Circa due ore dopo l’uomo era di ritorno, con una lunga fune, e un paio di attrezzi per fronteggiare “qualsiasi” evenienza. Si avvicino nuovamente con circospezione al pozzo, guardò al suo intorno, il fuoco era sempre accesso, e la sfera era sempre al suo posto. Assicurò un capo della corda all’albero più vicino, legò l’altro capo intorno alla sua vita, e iniziò a calarsi nel cratere, poco dopo ne raggiunse il fondo, il fuoco era relegato in un angolo, alimentato da una sostanza di cui non riconobbe l’odore ma che somigliava all’olio della sua lampada, e la sfera era davanti a lui, ora che la vide da vicino si accorse che non era più grande di un grosso melograno, e con un misto di timore ed eccitazione allungò una mano per toccarla.
Beodon arrivò solo a sfiorarla, perché una sensazione di calore molto intensa lo costrinse a ritirare di colpo indietro il braccio. “Non posso prenderla a mani nude” “Ma posso provare a metterla nel mio sacco!” Dopo essersi sfilato il sacco di tela dalla cintura, tenendolo per largo l’uomo lo infilò sotto la sfera, e poi lo sollevò di scatto, ma il sacco prese immediatamente fuoco, e si lacerò in fondo, e la sfera ricadde subito al suolo. Lasciò cadere il sacco in fiamme, e si ritrasse spaventato, appoggiandosi alla parete rocciosa, contemporaneamente la sfera iniziò ad illuminarsi, sino a rendere tutto il pozzo luminoso come in pieno giorno, e poco dopo, quando lui era ormai paralizzato dalla paura gli parlò. Le sue orecchie non udirono alcun suono, ma nella sua mente si formarono ugualmente con estrema chiarezza le parole della sfera.
“Non ti ho parlato sino ad ora perché non conoscevo la tua lingua, straniero” “Ma ora, si” “Portami fuori di qui, ora puoi toccarmi, non ti brucerai”
Il cuore di Beodon accelerò ancora di più i suoi battiti, era possibile udirli anche senza fare attenzione, per quanto erano forti, ma, quasi senza volerlo, si avvicinò di nuovo, lentamente alla sfera, poi allungò una mano, la sfiorò, e la trovò completamente fredda. Sorrise, ritrovando un po’ del suo coraggio, la toccò, stavolta per un attimo più lungo, poi la prese, delicatamente, e sempre spinto da una volontà che non sentiva come sua, la portò con se fuori dal pozzo.
“Posami qui, sotto quella roccia” – Disse la voce, sempre nella sua mente –
“Si, subito”
“Sono in debito con te, umano, li non potevo muovermi, per colpa di un sigillo malefico, ed ero condannato a restarvi per sempre, ma tu mi hai tirato fuori, ed ora ti farò un regalo”
In Beodon la paura stava sparendo, sostituita dall’eccitazione e dalla sua curiosità innata, quindi rispose:
“Di che tipo”
“Io non potrò lasciare il vostro mondo ancora per tre giorni e tre notti, in ognuna di queste notti tu potrai venire da me, e io esaudirò un tuo desiderio, il primo puoi chiederlo già questa notte”
L’uomo restò allibito, non sapeva cosa chiedere, e non sapeva se la cosa lo stava prendendo in giro, così, tanto per provare “Tanto me ne restano altri due, nel caso” pensò, e disse:
“Quando torno a casa voglio trovare un forziere con diecimila monete d’oro”
“Primo desiderio esaudito, ricorda, ne hai ancora due, ora vattene, che ho da fare”
“Va bene”
Beodon Hilg tornò a casa con il passo molto più affrettato del solito, gli ultimi metri li coprì di corsa, tanta era l’ansia di vedere se la cosa aveva mentito, spalancò la porta, si guardò intorno, e vide un grosso baule che prima non c’era, lo aprì, e lo trovò pieno di monete d’oro, non le contò, tanto era inutile, e si accasciò al fianco del baule, cadendo in uno stato di sonno profondo.
Il giorno dopo si svegliò più tardi del solito, non andò nemmeno a lavorare il suo campicello, era troppo stanco, “E poi ormai sono ricco”, mangiò qualcosa, e uscì di casa, si sdraiò sull’erba, con la luce tiepida del sole che lo confortava, e iniziò a pensare a quale poteva essere il secondo desiderio.
“Voglio diventare re” “No, è troppo faticoso, e poi i re vivono troppo poco”
“L’immortalità” “No, poi mi annoio”
“Un drago tutto mio” “E cosa dovrei farci, con un drago?”
“Un castello” “No, casa mia mi piace, e ci sono affezionato”
Dopo molte altre possibilità prese in considerazione, e sempre escluse per questo o quell’altro motivo, l’uomo si accorse che stava scendendo la notte e che era ora di andare dalla cosa, si incamminò, dicendosi: “Deciderò al momento, visto che ancora non ci sono riuscito.”
Durante la strada la sua unica preoccupazione era che la cosa poteva essersene andata, e con essa i suoi desideri, ma appena arrivato sul posto sentì, sempre nella sua mente, la voce che chiedeva:
“Qual’e’ il tuo secondo desiderio?”
Le parole uscirono dalla sua bocca senza passare per il suo cervello “Voglio tre donne bellissime, che stanotte esaudiscano ogni mio desiderio”
“Secondo desiderio esaudito, le donne scompariranno con l’alba, e ricorda, te ne resta uno solo, ora vai”
“Si, subito”
Beodon tornò a casa ancora più in fretta della sera precedente, non aveva mai impiegato così poco per coprire quel tratto di strada. Quando arrivò aveva il fiato corto, aspettò un attimo, si ricompose, ed aprì fiducioso la porta di casa. Trovò ad attenderlo, vicino all’entrata, tre splendide donne, completamente nude, che al suo ingresso lo salutarono sorridenti. Lui rispose al saluto, ed iniziò a guardarle lentamente, da destra verso sinistra.
La prima era alta, dalla pelle chiara e delicata, gli occhi cerulei, i capelli lunghi e biondi, le labbra sottili, i seni ampi che risaltavano su quel corpo snello, i fianchi che si allargavano con armonia, una fitta peluria bionda a coprire il pube, due gambe lunghe e ben fatte. L’uomo si accorse di essere già molto eccitato, sentiva il cazzo dritto che spingeva per uscire dai pantaloni, ma non si mosse e passò a guardare la seconda.
Questa aveva la pelle scura, come si raccontava delle donne di paesi lontani, così come scuri erano i suoi capelli e i suoi occhi, i suoi seni erano piccoli, ma sodi e ben fatti, la vita stretta.
I peli sul pube, pochi e corti, lasciavano vedere le grosse labbra della sua figa. Per l’eccitazione il rumore del suo cuore poteva udirsi in tutta la stanza, tanto batteva forte, e il suo cazzo gli faceva quasi male, spingendo per liberarsi dalle vesti, ma Beodon passò a guardare la terza.
Quest’ultima aveva i capelli rossi, e la pelle chiara, in qualche punto coperta da piccole macchiette, il viso molto bello, con due occhi verdi e luminosi che spiccavano immediatamente, un nasino piccolo e all’insù, due labbra carnose, un seno prosperoso e alto, due gambe lunghe e morbide anche solo a guardarle, e una peluria rossiccia che copriva completamente la zona pubica.
Soddisfatto della scelta della cosa, non sapeva come chiamarla, ma era contentissimo di averla tirata fuori dal pozzo, iniziò a svestirsi, e quando fu nudo, invitò le tre donne a seguirlo, e le portò in camera da letto. Si accorse con piacere che parlavano la sua lingua, gli chiese i loro nomi, e loro risposero: Ylenia la bionda, Jasmeene la nera, ed Helene la rossa.
Prese Ylenia per i fianchi la sdraiò sul letto, la baciò, giocò un po’ con le sue tette, poi le piazzò il cazzo dritto davanti la bocca, lei la aprì, ed iniziò a leccarglielo, intanto le altre due presero a strofinarsi contro di lui, una da dietro prese a leccargli le palle, l’altra si mise ad aiutare Ylenia a spompinare il suo cazzo, così mentre la bionda leccava e succhiava la cappella, rossa e gonfia, Helene passava la sua lingua su e giù lungo il cazzo. Le sue mani passavano da un corpo ad un altro, da una figa, ad una tetta, da un culo ad un’altra figa. Non potendosi più trattenere esplose, spedendo il suo sperma in gola e in faccia alla bionda, si sdraiò sul letto, si riposò un attimo, quindi richiamò le tre donne, stavolta prese Jasmeene, la piazzò sul letto, a pecorina, posò delicatamente le sue mani sui fianchi di lei, la baciò sul collo, e spinse con forza il suo cazzo dentro la figa calda e accogliente della nera, continuò a scoparla in quella posizione a lungo, le mani si staccarono dai fianchi e andarono a cercare prima i seni, poi la stessa figa, intanto Helene la rossa si accovacciò sopra la schiena di Jasmeene, e iniziò a baciarlo, mentre Ylenia iniziò a toccare e baciare Jasmeene.
Beodon scopò con le tre donne a lungo, provando molte posizioni e molti incroci, sino a quando, completamente senza forze, si addormentò sul letto. Si risvegliò molte ore dopo, ancora nudo ed eccitato, il sole era già alto in cielo, ed, escludendo il profumo, delle tre donne non era rimasta alcuna traccia, sospirò, e andò a vestirsi.
Si sdraiò sotto l’ombra protettiva di un grosso albero, appena fuori casa, e iniziò a pensare.
“L’ultimo desiderio”
“Non posso sprecarlo” “Non ne avrò altri” “Si, ma cosa posso chiedere?” “Non lo so, ma deve essere qualcosa di importante, qualcosa che resta”
Passarono le ore, ma l’uomo non riuscì a prendere una decisione, così si incamminò in preda ad una forte agitazione verso il pozzo dei desideri.
Stavolta ci mise moltissimo ad arrivare, le sue gambe sembrava non volessero muoversi, ma comunque arrivò vicino al pozzo, che non c’era più, il cratere si era completamente richiuso, e la solita voce echeggiò nella sua mente.
“Qual’è il tuo ultimo desiderio?”
Senza pensarci Beodon disse: “L’amore, voglio innamorarmi di una donna, che mi riami, e vivere felicemente con lei”
Passò un po’ di tempo. “Strano” – Pensò l’uomo – “Sin’ora aveva sempre esaudito i miei desideri in pochissimi istanti”
Passarono ancora altri minuti, poi la cosa tornò a parlargli.
“Ti ho fatto aspettare perché non sapevo cosa intendevi con la parola amore, ho dovuto guardare dentro di te per capirne il significato” “Ma non posso esaudire questo tuo desiderio, mi hai chiesto qualcosa che non posso fare, addio”
La cosa si smaterializzò davanti ai suoi occhi, scomparendo, probabilmente per sempre.
“Ho sprecato il terzo desiderio” “Ma ho capito una cosa” “Ho capito cosa mi manca per essere felice”

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