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In Facoltà

Eravamo come tutti i giorni alla B-08, ad aspettare il prof di AT, già annoiati dalle precedenti due ore di Tecnica I. Il Prof era stranamente in ritardo, erano le 11:45, aveva 15 minuti di ritardo, ed era strano, di solito era puntuale come un orologio svizzero.
All’improvviso entrò nella stanza un’inattesa figura femminile, che si diresse sicura verso la cattedra. Si fermò in piedi dietro di essa, io e il mio amico, seduto alla mia destra ci guardammo perplessi, era decisamente troppo bona per essere una prof, a ingegneria poi!
Lei aprì le sue labbra carnose e disse che De Andreis, il prof, aveva avuto un contrattempo, e che la lezione era rinviata al pomeriggio del giorno dopo. Salutò in modo molto formale ed uscì subito.
Mi girai verso Piero, il mio amico, e gli chiesi se sapeva chi era. Lui rispose che non l’aveva mai vista, e che ne era certo perché altrimenti se la sarebbe ricordata…
Presi al volo le mie poche cose sparse sul banco, le buttai nella borsa, e mi catapultai fuori dall’aula. Guardai nel lungo corridoio, e in fondo scorsi la sua figura che svoltava verso destra. Arrivai divorando il pavimento a quel angolo, lei era ferma lì, vicino ad una delle macchinette automatiche per il caffé.
Mi avvicinai, fermandomi alla macchinetta affianco, per prendere anch’io un caffé, intanto la osservai meglio, aveva un viso splendido, con due occhi azzurri luminosi, due labbra carnose, dei capelli lunghi, mossi, tinti di una sfumatura di rosso irreale, era alta, probabilmente più di 1,70, aveva un seno che mi urlava di toccarlo, due gambe che sembravano non finire mai, fasciate in un pantalone aderente, un fondoschiena pieno, bello, immaginai la mia mano che si allungava per toccarlo, ma poi riuscii a trattenermi. Valutai la sua età, era giovane, doveva avere circa 25 anni, ovvero più o meno la mia. Incredibile a dirsi lei si voltò verso di me, sorrise, mettendo in mostra un sorriso radioso, che mi fece trasalire, risposi al suo sorriso, poi ricorrendo a tutto il mio coraggio le domandai che corsi seguiva. (Sapevo che non era una studentessa, ma al momento del suo annuncio io ero come sempre in ultima fila, e non credo che mi avesse notato).
Lei rispose che non seguiva nessun corso, lavorava in amministrazione. Rimasi un attimo sorpreso, conoscevo tutti quelli che lavoravano nei nostri uffici, e lei non era certo tipa da passare inosservata. Ma , forse notando la mia espressione, aggiunse subito che lavorava alla segreteria generale, e l’avevano trasferita li per qualche giorno, a causa di una carenza di personale momentanea.
Adesso erano le 12, io avevo finito i corsi, almeno per quel giorno, la guardai dritta negli occhi, e le chiesi a che ora finiva di lavorare. (Sapevo già la risposta, la segreteria della nostra facoltà chiude proprio alle 12…)
Lei rispose che aveva appena staccato, sorridendo…
La facoltà, per colpa del decentramento che ho sempre maledetto è fuori città, a mezz’ora d’autobus, ma quel giorno mi ero alzato tardi, e mi ero fatto prestare l’auto da un mio coinquilino, per non arrivare tardi a lezione. Le chiesi se le serviva un passaggio, sperando che non avesse la macchina, lei rispose che le avrebbe fatto molto comodo, l’autobus non passava vicino casa sua, e avrebbe evitato di farsi una lunga camminata a piedi…
Dentro di me avvertivo i battiti del cuore che crescevano di ritmo e di intensità, e avvertivo anche un certo calore, cercai di controllarmi, per evitare di iniziare a sudare, fortunatamente ci riuscii. Salimmo entrambi sull’auto di Claudio, percorsi la strada che ci separava dalla meta molto più lentamente di come non facessi di solito, volevo avere il maggior numero possibile di minuti per cercare di capire qualcosa di lei, ovviamente senza esagerare, per non rendere la cosa troppo evidente. Le chiesi dove abitava, lei mi disse la via, la conoscevo, non era nemmeno molto lontano da casa. Parcheggiai l’auto sotto casa sua, lei mi invitò a prendere qualcosa su da lei.
Abitava al piano terra, entrammo in casa, e subito ci corse incontro un bambino di quattro-cinque anni, le saltò addosso, la baciò su una guancia.
Io stavo per svenire, aveva un figlio, il mio castello in aria era stato spazzato via come le foglie d’autunno dal vento. Poi il bambino aprì bocca per salutarla, e disse:
– Ciao zia
In un attimo passai dalla disperazione alla gioia più completa, era solo il nipote… non aveva un figlio, non era sposata… o almeno lo speravo.
Mentre preparava un caffé, quello delle macchinette in facoltà non aveva soddisfatto nessuno dei due, mi disse che nell’appartamento adiacente al suo viveva sua sorella, con il marito,e che erano appena usciti e per questo le avevano lasciato il piccolo Giorgio.
Mi accompagnò alla macchina, e lì le chiesi se le andava di uscire, qualche sera, lei non rispose subito, e allora io le dissi che sarei passato a prenderla alle 11, quella sera. Restò per un attimo assente, poi mi sorrise, e con la testa fece cenno che le stava bene.
La salutai e tornai a casa. Mancavamo molte ore alle 11, e io ero pervaso da un nervosismo esagerato, dopotutto non ero certo un liceale cotto! Le ore, bene o male, passarono, arrivai puntuale, solo pochi minuti di ritardo, per non mostrare di essere ansioso, lei rispose al citofono, e mi disse di aspettare, cinque minuti e sarebbe uscita.
Appena la vidi rimasi folgorato, era ancora più bella che al mattino, si era truccata davvero bene, e indossava un vestitino sexy che rischiava di procurarmi un infarto da li a poco.
Andammo in un pub, parlammo del più e meno tra un cocktail e l’altro, lei rise molto. Trascorsero così un paio di ore divertenti, poi all’uscita del locale decisi di rischiare. Presi la sua mano, la tirai verso di me, incollai la mia bocca alla sua, iniziai a baciarla, lei aprì le sue labbra, e rispose appassionatamente al mio bacio. Le nostre lingue si toccarono, si sfiorarono, si unirono. Poi ci fermammo di colpo, lei disse:
– Andiamo da me, tu non abiti da solo, io si…
La seguii, quasi scodinzolando per la gioia…
Una volta a casa sua lei mi spinse sul letto, un accogliente letto a due piazze, e iniziò a spogliarsi, lentamente, lanciandomi addosso i suoi vestiti uno a uno, restò con indosso solo gli slip, si girò, se li scese scoprendo il suo bel culo, tondo, sodo, non resistetti più, mi tolsi i vestiti di dosso nel minor tempo umanamente possibile, lei mi era addosso, il suo seno attaccato alla mia faccia, le nostre mani che esploravano i corpi nudi.
La girai sul letto, allargò le gambe, io spinsi la mia faccia tra di esse, inizia a leccarla, prima tutt’intorno, poi le labbra, poi il clitoride, infilai la lingua volte dentro di lei, gemeva e miagolava come una gatta, mi staccai dalla sua figa, misi il mio cazzo completamente eretto tra le sue tette, prendendole tra le mani per muoverle, strusciarle, stringerle intorno a me. Lei piegò la testa in avanti, per prenderlo in bocca, iniziò a leccarlo, poi a succhiarlo, la sua lingua si muoveva esperta intorno al mio membro, scendeva e risaliva con sapienza, poi si alzò, si girò di spalle, si mise a quattrozampe e mi urlò di penetrarla, perché non ce la faceva più…
Non aspettai certo che mi pregasse, la penetrai, entrai in lei senza nessuna difficoltà, mentre la scopavo con una mano afferrai una delle sue tette, e con l’altra raggiunsi in clitoride, per farla godere il più possibile. Scopammo a lungo, dopo un po’ lei volle farmi stendere per terra, per scendere sopra di me e impalarsi a smorzacandela. Resistetti il più a lungo possibile, rallentando il ritmo ogni volta che mi accorgevo che stavo per venire, ma a un certo punto mi accorsi che stavo per cedere, lo tirai fuori dalla sua figa, e contemporaneamente urlai vengo!!
Lei si lanciò di scatto con la bocca aperta verso il mio cazzo che stava per esplodere, lo accolse tra le sue labbra vogliose, ingoiò una parte del mio sperma, l’altra la lasciò cadere sul suo seno.
Dopo una veloce doccia, mi disse che non ci saremmo più rivisti, perché lei stava per lasciare la città, le era arrivata una proposta di lavoro dal
Giappone, come interprete (Era laureata in lingue orientali),e aveva l’aereo per il pomeriggio successivo.
Ci salutammo, e tornai a casa, soddisfatto, felice, ma con l’ombra di non poterla rivedere, almeno non così presto pensai…

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