Io e Federica abbiamo diciotto anni, e che ci crediate o no, siamo ormai entrati nel nostro terzo anno di matrimonio; viviamo in un piccolo appartamento, con nostra figlia di cinque anni… la primogenita, ma ne volevamo altri, una volta che la nostra situazione economica si fosse sistemata.
Ovviamente la nostra non è stata una storia fortunata: lei è rimasta incinta di Aribella a soli tredici anni, e una volta che i nostri genitori lo scoprirono reagirono in maniera diversa: i suoi minacciarono di rinchiuderla in un convento, parlarono di farla abortire e di denunciare me per violenza sessuale; i miei, invece, fecero una proposta che accontentò tutti, soprattutto me e Federica: io e lei ci saremmo sposati una volta compiuti sedici anni, e saremmo andati a vivere in un appartamento di proprietà dei miei.
Accettammo: in questo modo, avremmo potuto smettere di dipendere dai genitori, e iniziare a vivere felici io, lei e la bambina in arrivo.
I primi tempi furono difficili: Federica dovette imparare a badare da sola alla bimba, perchè non aveva intenzione di chiedere aiuto alla madre, con cui aveva ormai pessimi rapporti. Io abbandonai la scuola e trovai abbastanza in fretta un lavoro; ero disposto ad accettare un pò di tutto, purchè si guadagnasse a sufficenza per dare a Federica ed Aribella tutto quello che loro desideravano. In effetti, con il mio stipendio, ci saremmo potuti permettere una baby sitter mattutina per la piccola, in modo che Federica potesse continuare gli studi. Tuttavia, anche lei decise di ritirarsi da scuola per fare lei stessa da baby sitter ad Aribella, e io non feci nulla per farle cambiare idea.
Col tempo le cose si sistemarono: diventammo una famiglia relativamente normale, anche se, ovunque andassimo, la gente ci guardava incuriositi, chiedendosi se la bambina che ci portavamo dietro fosse la sorella di Federica, o se fosse effettivamente nostra figlia. Certo, nel paesino dove abitavamo le vecchiette ci guardavano male, e la gente considerava Federica una puttanella da quattro soldi, e consideravano me uno a cui era andata male, mettendo incinta la puttanella al primo tentativo.
In realtà non era così: io e Federica eravamo fidanzati già da un anno, quando lei rimase incinta, e nè io nè lei prendemmo la notizia come una catastrofe: accettammo felicemente quello che era successo e non ci interessava quello che la gente diceva.
A turbarmi veramente, era il vecchio calvo.
Il vecchio calvo, era un omino basso, grasso e pelato, bruttissimo a vedersi; lo incontravo spesso sul treno che prendevo per andare al lavoro, intento a fumarsi una sigaretta e a guardare in un punto indefinito. A volte avevo la sensazione che osservasse me, ma quando lo guardavo, lui aveva già rivolto lo sguardo altrove, con un sorrisetto beffardo sul suo viso da schiaffi.
Sulle prime non gli diedi tanto peso; pensai che fosse divertito dal fatto che uno della mia età si ritrovasse su un treno, o forse che sapesse del mio matrimonio. Poi, quando cominciai ad incontrarlo anche fuori da casa mia, iniziai a preoccuparmi.
Quel pomeriggio Federica ed Aribella erano uscite per far compere, e io rimasi a casa da solo, a guardare tv, e a giocare a playstation, come non mi capitava più da quando avevo quattordici anni, quando ad un tratto suonò il campanello.
Andai ad aprire la porta, sicuro di ritrovarmi davanti il vecchio calvo, ed invece c’era la ben più attraente Valentina , un’amica e compagna di classe di mia moglie. Una bella ragazza sorridente, con dei bei capelli ricci (come quelli di Federica, che mi facevano impazzire) e l’aria ingenua; quando pensavo che ragazze come lei avevano solo un paio d’anni in meno di Federica, capivo come dovesse sembrare assurdo il nostro matrimonio agli occhi della gente comune. Ogni mattina Federica andava a scuola in compagnia di Aribella, entrambe con lo zaino sulle spalle, dovevano sembrare due sorelle, anzichè madre e figlia.
“Ciao” mi disse Valentina, sorridendo “C’è tua moglie?”
“No, è uscita con la bimba a fare compere…”
D’un tratto capii che Valentina sapeva che non avrebbe trovato Federica: era venuta appositamente per sedurmi. Adesso mi avrebbe chiesto di farla entrare, sempre con quel suo sorriso da tentatrice sul volto…e io avrei resistito alla tentazione?
“Ho capito. Non importa, devo solo lasciarle questi libri.” mi disse, passandomi un paio di noiosissimi volumi sull’economia aziendale. Io li afferrai e li appoggiai sul divano, quindi accompagnai Valentina giù per le scale, approfittandone per scambiare quattro chiacchiere. Alla fine la salutai e la guardai andare via sculettando.
“E’ la donna ideale per tradire la moglie, non crede?” mi chiese una vocina spaventosa dietro di me.
Quasi sobbalzai, e ancora prima di girarmi capii che finalmente incontravo faccia a faccia il vecchio calvo; difatti era lui, che mi guardava dal basso in alto con un sorriso arrogante stampato sulla sua faccia di merda.
Rimasi in silenzio, senza sapere cosa dire; avevo un mucchio di domande da fare a quell’omuncolo, ad esempio chi fosse, come mai lo incontrassi ovunque, o come diavolo sapesse che ero sposato; alla fine invece optai per una risposta banale alla sua domanda:
“Che ne sa lei?”
“Si vede da come la guarda; mentre scendevate le scale insieme, i suoi occhi sono caduti più volte dentro la sua scollatura. Pensavo che ci avrebbe infilato le mani per cercarli.”
Arrossii… effettivamente, mi ero lasciato andare parecchio; ma non mi era passato nemmeno per la testa l’ipotesi di tradire mia moglie con lei. Ma nemmeno con nessun’altra.
“Lei chi è? Come mai da un pò di tempo la incontro dappertutto?”
“Ho una proposta da farle…” mi disse lui, ed io accettai di sentire la sua proposta.
Scoprii che l’omuncolo non mi seguiva da qualche mese, bensì da diversi anni: per la precisione dal giorno in cui io e Federica ci sposammo. Passava il tempo libero bazzicando le cerimonie nuziali, con la sua fotocamera appresso, e scattava decine di foto alle spose che trovava di suo gusto. Quindi aspettava che passasse la luna di miele per proporre loro di girare film porno, di cui lui era regista.
Non credetti ad una sola parola di quello che diceva, ma volli approfondire comunque l’argomento:
“E perchè ha aspettato così tanto tempo per venire da noi?” gli chiesi, senza dissimulare la mia incredulità.
“Perchè Federica era minorenne quando vi siete sposati. Quando è diventata maggiorenne, ho atteso che la vostra situazione finanziaria si fosse stabilizzata…sà, non volevo passare per un profittatore.”
Non sapevo più cosa dire: in effetti il suo discorso aveva senso. Inoltre l’uomo aveva con se un fascicolo contenente decine di foto di Federica, dal giorno del matrimonio in poi, e un copione di cinquanta pagine in cui la parola più ricorrente era “zoom sulla fica”.
“Dovrei denunciarla per queste foto” gli dissi, cercando senza successo di essere minaccioso; “E anche per il copione, razza di maniaco”
“Non pensa che sia giusto consultare sua moglie, prima di dire queste cose? Ha mai pensato che lei potrebbe trovare questa esperienza di suo interesse?”
Rimasi colpito da queste parole… Federica era una ragazza di soli diciotto anni, ed era stata praticamente costretta a sposarsi; c’erano molte esperienze che non aveva mai avuto modo di provare…
Vedendo la mia reazione, l’uomo annuì soddisfatto; mi diede il suo biglietto da visita e mi disse:
“Ne parli con sua moglie. Se volete, possiamo discuterne nel mio ufficio, senza impegni; possiamo anche riscrivere il copione, se ci sono parti che potrebbero offendere la vostra sensibilità.”
Detto questo, si congedò.
Sei mesi dopo, io avevo perso il lavoro e mia moglie era ancora alla ricerca di un impiego a tempo pieno; fu in quel periodo di crisi economica che mia moglie trovò nella cassetta delle lettere una copia del copione che io avevo già letto.
Lo lesse tutto, senza dire una parola; poi lesse il foglio allegato sul fondo:
“Sono venuto a sapere che avete guai finanziari.
Non volevo fare la parte del profittatore, ma credo che se accetterete la mia proposta, possiamo trarne dei vantaggi tutti;
Vi allego il mio biglietto da visita, perchè immagino che quello vecchio lo abbiate buttato via.”
“Tu avevi il biglietto da visita di quest’uomo?” mi chiese Federica.
Per un attimo temetti che avesse frainteso, che pensasse che fossi stato io a contattare quell’uomo per primo; poi mi accorsi che non era arrabbiata, ma piuttosto confusa.
Era come se avesse ricevuto l’invito a partecipare ad un provino per un quiz televisivo, più che per un film porno.
Fissammo un’appuntamento con il vecchio, per vedere cosa avesse da offrirci.
Ci diede alcune assicurazioni che ci convinsero ad accettare: per prima cosa, il film sarebbe stato trasmesso unicamente all’estero; seconda cosa, il suo compenso per qualche ora di pellicola, sarebbe stato pari a quello che io guadagnavo in un anno del mio vecchio lavoro; terza cosa, e su questo il vecchio sembrava puntare molto, non dovevo vedere quello che sarebbe successo come un “tradimento coniugale”. Federica si sarebbe limitata a recitare, come una professionista.
Non che mi convincesse molto, questo punto, ma alla fine Federica accettò e io non potei che sottoscrivere.
“Molto bene. Inizieremo le riprese domani nei miei studi personali; ho già prenotato una camera d’albergo per voi due, così non dovrete tornare a casa inutilmente.“
“Domani? Abbiamo la bambina a casa da sola.” disse Federica, che evidentemente sperava di rimandare il più possibile il suo primo giorno di lavoro.
“Per stanotte torno a casa io, poi chiederò ai miei di tenercela per domani” la rassicurai io; volevo che questa storia si esaurisse presto; sarebbe stata la cosa migliore per entrambi.
“Va bene” intervenì l’omino. “Federica può fermarsi qui, ma ci terrei che ci sia anche lei durante le riprese”
Baciai Federica, che tremava e sembrava sul punto di mettersi a piangere; le dissi che sarebbe andato tutto bene e le chiesi se non ci aveva ripensato.
Lei fece cenno di no con la testa, quindi ci baciammo di nuovo e me ne andai.
Durante il tragitto in macchina, non potevo fare a meno di pensare a come avrebbe passato la notte la mia Federica, sola, o peggio con quel mostro di regista?
Non ero sicuro che sarei andato a vedere le riprese, il giorno dopo.
Alla fine non so se accettai di assistere alle riprese perchè fosse giusto che io condividessi la tristezza di quel momento con mia moglie, o se invece fossi inconsciamente (e meschinamente) eccitato all’idea di vedere Federica in azione con qualcun’altro.
Fatto sta che chiamai il vecchio per comunicargli che mi avrebbe fatto piacere essere presente sul set; lui si disse felice della mia iniziativa e mi disse dove mi sarei dovuto presentare.
Il luogo dell’appuntamento era un motel situato all’uscita di un casello autostradale; Federica aveva passato la notte lì, ma quando arrivai di lei non c’era traccia: c’era unicamente il disgustoso omino calvo, che mi porse la mano.
Gliela strinsi e gli chiesi: “Dov’è Federica?”
“E’ partita poco fa con la troupe; il film lo gireremo interamente nel mio studio personale, poco distante da qui.”
Vedendo che non facevo commenti, aggiunse: “Sua moglie ha dormito da sola, stanotte, se è questo che la preoccupa”
Il “set” era in realtà la ricostruzione, piuttosto infantile, di un giardino con tanto di staccionata e di cielo azzurro sullo sfondo; Federica era accovacciata a potare un cespuglio di rose. Trovavo stupido e avvilente che una donna dovesse stare in giardino a potare le rose con indosso unicamente un paio di scarpe, dei guanti, un cappello e un grembiulino verde, senza niente sotto; soprattutto trovavo avvilente che dovesse essere la mia donna a dover fare qualcosa di simile.
Lei sorrideva come una verginella oca, come prevedeva il copione, ma aveva le guance rosse ed era chiaramente imbarazzata; il regista era entusiasta di questo suo atteggiamento: a suo dire, quando aveva messo gli occhi su Federica, si aspettava esattamente questa scena.
Federica si spostò di lato e la telecamera la seguì: la fila di cespugli da potare era terminata, e ora, anzichè un simpatico vaso di fiori o un alberello con i rami troppo lunghi, si ergeva un aitante uomo di colore, completamente nudo eccetto che per un paio di calzini. Se ciò che aveva in mezzo alle gambe fosse stato un ramo, avrebbe necessitato di qualcosa di più rispetto ad una semplice potatura con una cesoia.
Forse sarebbe servita una
(sega)
motosega.
Federica si fermò ad osservare quel ramo nero e lungo e duro, che puntava direttamente contro la sua faccia e fece tutto quello che prevedeva il copione, con l’atteggiamento che le era consono: lo afferrò tra le mani guantate, lo tastò, saggiò la pesantezza dei coglioni.
Il nero la afferrò per i capelli e la costrinse ad alzarsi; quindi la girò di spalle per una rapida osservata al suo sedere, e la abbracciò, strappandole di dosso il ridicolo grembiule, accarezzandole il corpo, torcendole i capezzoli tra le dita grandi e forti, spalmando la sua erezione abnorme sulla sua schiena. Il viso di Federica era in fiamme.
La scena sarebbe stata senz’altro molto erotica vista in televisione, ma sul set l’atmosfera era surreale: il cameraman riprendeva la scena secondo le angolazioni che il regista gli urlava, masticando una gomma americana e con l’aria di annoiarsi. La truccatrice giocava con uno yo yo; i tecnici delle riprese si concedevano una pausa bevendo un caffè. Avevo una mezza idea che ormai si fossero abituati ad assistere alla rovina di una famiglia.
Intanto la scena stava già per arrivare al culmine: il nero buttò a terra violentemente mia moglie e la girò a pancia in su.
“Stop” urlò il regista “Niente male! Controllate la qualità dell’audio” disse, rivolto ai tecnici del suono. Mi chiesi che senso avesse l’audio, visto che mia moglie era stata zitta per tutto il tempo, e il nero si fosse limitato a grugnire qualche parolaccia nei suoi confronti.
“Ho esagerato, ti sei fatta male?” chiese intanto il nero a Federica, scusandosi per la spinta che le aveva dato. Le diede una mano e la aiutò a rialzarsi; nel farlo, i suoi capelli sfiorarono la punta ancora eretta del suo cazzo da primato. Questa gentilezza da parte sua mi fece quasi più male dell’indifferenza del resto del gruppo.
“Brava così, Federica. Ora la rifacciamo, però tu indossa questi occhiali.” le disse il regista, porgendole un paio di occhiali con le lenti finte e la montatura grossa.
Federica li indossò, e il regista commentò: “Le danno un’aria da giovane inesperta, non trova?”
Non commentai.
Si ripetè la ridicola scenetta della giardiniera allegra alle prese con il ramo extralarge, ma stavolta non ci furono interruzioni di sorta: dopo averla spinta a terra, il nero si era inginocchiato davanti a lei, l’aveva afferrata per le cosce e l’aveva attirata a sè, verso la sua erezione mastodontica.
Non gridò, come avevo temuto, per il dolore: il nero menava colpi secchi e costanti come un metronomo, quasi a ritmo dell’irritante musichetta di sottofondo; ma lei non provava dolore. Era rossa in volto, e osservava a bocca spalancata l’uomo che la stava fottendo.
Quando il nero iniziò ad aumentare il ritmo, Federica cominciò ad ansimare a tempo con i suoi colpi.
“E’ brava a fingere l’orgasmo” mi sussurrò il regista.
Non so se fosse serio o se volesse fare dello spirito; per quanto ne sapessi, Federica non sapeva fingere un orgasmo…
Per quanto ne so, fu da quel giorno che non solo il nostro matrimonio, ma la nostra intera famiglia fu distrutta; non sapevo come dire ad Aribella che sua madre era una puttana.
Federica venne ingaggiata per un’altra decina di film; lei accettò perchè disse che avevamo bisogno di molti soldi per garantire un bel futuro ad Aribella e agli altri figli che avremmo avuto.
A volte mi alzavo, di notte, e scoprivo che Federica non era a letto: non era nemmeno in casa. Mi chiedevo se per caso non si incontrasse con qualche superdotato collega di lavoro durante la notte per provare le scene per il giorno dopo; pensai che dovesse essere così: quando spariva, sparivano dal suo armadio anche la sua tenuta da porno-giardiniera e le cesoie.