Incrociò nuovamente le gambe, colsi il movimento solo con la coda dell’occhio, ma non mi sfuggì completamente. Come al solito, da quando Lory se ne era andata, cenavo in quel ristorante. Aveva il vantaggio di essere di strada tra il lavoro e casa, e anche se un po’ anonimo era tranquillo, il cuoco era bravo, i prezzi non eccessivi. Quella sera però c’era qualcosa di insolito, una bella donna, seduta ad un paio di tavoli da me, sola.
Era entrata qualche minuto dopo di me, alta, nel suo vestito elegante e un po’ fuori luogo, con quello spacco laterale che arrivava quasi sino alla vita, e con quella scollatura che metteva in evidenza un seno generoso. Era giovane, anche se non somigliava alle lolite della tv. Tirando ad indovinare le avrei dato meno di trent’anni. Lasciò la giacca all’appendiabiti, e si accomodò ad un tavolo alla mia destra.
Continuai ad osservarla, cercando di non farmi notare. Aveva la carnagione chiara, che metteva in risalto occhi e capelli, neri come la notte. Le labbra erano rosse, carnose, ma non esagerate. Quando aveva sorriso al cameriere che le aveva portato il menù ero rimasto affascinato dal suo sorriso bianco, splendente. Appena seduta aveva accavallato le gambe verso di me, coprendole con il vestito che ricadeva sopra di loro, ma era irrequieta, e le cambiava spesso di verso. Quando le accavallava con la gamba sinistra, quella dal mio lato, sopra, lo spacco si apriva, e metteva in mostra, almeno a me, le sue lunghe gambe, bianche, sottili ma non troppo, coperte solo dalle calze leggerissime e trasparenti.
Adesso le aveva nuovamente messe in mostra, le guardai di nascosto, come un bambino, seguii la loro forma dai fianchi sino ai piedi, coperti da un paio di scarpe nere, eleganti, con il tacco alto. Continuai a osservarla, avevo perso qualsiasi interesse per il cibo, quando il cameriere si avvicinò gli dissi di portar via il piatto, e di portarmi una bottiglia di Montalcino. Mi versai un bicchiere, e iniziai a sorseggiarlo, lentamente.
Dopo un po’ lei si alzò, chiese qualcosa al cameriere e si diresse verso la toilette.
“Evidentemente è la prima volta che viene qui” “E potrebbe anche essere l’ultima”
“O mi decido subito, oppure tra non molto uscirà da questo locale, e non la rivedrò mai più”
Ancora non tornava dal bagno.
“Si vive solo una volta, diavolo!”
Presi il block notes e la stilografica, e scrissi:
“Sei come l’alba e il tramonto insieme, togli il respiro come un’eclissi, ti guardo e mi convinco che c’è un Dio”
Strappai il foglio, lo appallottolai, e lo lasciai nel posacenere. Su un’altro foglietto scrissi:
“Sei bellissima, guarda alla tua sinistra, e sorridimi”
Trovai il coraggio di alzarmi, e fingendo di avvicinarmi all’appendiabiti per prendere qualcosa dalla tasca della mio impermeabile, lasciai cadere il foglietto sul suo tavolo.
Si apre la porta del bagno. “E’ lei”
Si siede, manda giù un sorso d’acqua. “Sarà astemia” “Ecco ha visto il mio foglietto” “Ora scoppierà a ridere e io avrò voglia di scomparire” “No!
Non ride!” “Si volta verso di me! Sorride!”
“Non ci credo, si alza” “Si sta avvicinando!” “Aiuto, uno schiaffo non me lo toglie nessuno”
All’improvviso, mentre si avvicinava deglutì, e notai una cosa che sino ad allora mi era sfuggita.
“Ma quello è il pomo d’Adamo!” “E’ un trans!” “Oddio, e ora che faccio!”
– Scusi, scusi! C’è stato un equivoco, debbo andare…
– Giorgio metti in conto, debbo scappare.
– Scusi, scusi…
Il giorno dopo, mi recai dall’ottico, per le lenti a contatto “La mia miopia sarà anche lieve, ma è pericolosa”