La vidi da lontano, in mezzo alla folla sciamante, ferma nella sua posa, innocente e conturbante, con una mano appoggiata al muro, la schiena piegata, le gambe leggermente divaricate e la bocca aperta, nel semplicissimo atto di bere un sorso d’acqua dalla fontanella della stazione, nella speranza di trovare un momento di refrigerio dall’insopportabile caldo di quel pomeriggio di luglio.
Vidi la sua mini color ciclamino spostarsi dal basso verso l’alto, a scoprire altri preziosi centimetri delle sue splendide gambe, e, mentre lei continuava a piegarsi per bere, il pezzetto di seta che la fasciava arrivò sino al bordo delle natiche, che si intravidero per un momento, ma tornarono immediatamente ad esser celate alla mia vista, dal rialzarsi della ragazza.
In quel momento si fermò nella stazione un nuovo treno, e io fui investito dalla massa di gente che si “catapultò” da esso verso l’esterno, l’aria, e la possibilità di sopravvivere al caldo.
Mentre io venivo travolto da quello sciame di persone, la ragazza si mosse, in lontananza la vidi prendere un sottopassaggio, e, appena riuscii a liberarmi dalla folla, cercai di seguirla. Mi tuffai giù per le stesse scale che le avevo visto scendere poco prima, ma, appena arrivai di sotto, vidi che lei non c’era.
Mi guardai intorno, c’erano ben sei rampe di scale che conducevano ad altrettanti treni per destinazioni diverse, percorsi la prima rampa divorando i gradini a tre a tre, ma, arrivato in cima, mi ritrovai ad osservare pochissime persone che attendevano un treno, e lei non era tra queste.
Ridiscesi la scala rischiando di cadere più volte, e sempre di corsa raggiunsi la seconda rampa, e mi “arrampicai” su di essa più velocemente che sulla precedente. Giunto sul binario numero due vidi un treno che partiva, un lungo intercity, che era annunciato come Torino-Lecce. Da uno dei finestrini che mi passarono davanti intravidi la sua splendida figura, e mi accasciai al suolo, li nella stazione di Bologna.
Disperato decisi di tornare a casa, con nella mente quell’immagine che mi avrebbe perseguitato ancora a lungo, ma tanto ormai non c’era nulla da fare, lei era appena partita su di un treno che attraversava tutta l’Italia, e poteva scendere in una qualsiasi stazione della penisola.
Non l’avrei più rivista, e per questo ero triste.