Mentre facevi la doccia pensavo a come ti avrei potuto eccitare. Sapevo bene come farti impazzire di desiderio, come farti bramare la quiete del porto, del mio corpo aperto al tuo fluire vulcanico.
Indossai il grande foulard trasparente, che fine lascia intuire il mio seno, che sfiora, seta, la seta della mia pelle che brucia di sole e di desiderio, la mia pelle che desidera le tue mani, le tue dita, le tue labbra sulle mie.
E tu mi attendevi, anche se non sapevo come sorprenderti, non sapevo se ti avrei sorpreso io o se tu mi avresti colta…in fallo.
Nel sole del terrazzo nel vasto aperto del cielo, simile nel suo azzurro lattiginoso al colore che inondava il mio sesso caldo, morbido, che si apriva e si chiudeva mimando il gioco del respiro.
Potermi incollare alle tue gambe e bagnare le tue cosce col mio desiderio e sfiorarti di piacere, mi sorridevi il tuo piacere, mentre io mi tuffavo nelle stelle dei tuoi occhi, nell’oscuro piacere che attendeva il nostro alito.
La danza che io ero sorprendeva il tuo movimento. In un cerchio di profondità il mio sesso cresceva sotto il fluire immenso della tua lingua, mentre le tue labbra accerchiavano il mio clitoride e lo succhiavano, indicandomi ciò che tu volevi.
E io lo feci, partendo dalla base della tua pelle, risalendo le gambe, sino al tuo fallo eretto, tremante di voglia e bramante l’umido della mia lingua.
E la lingua ti fu addosso, lenta e inesorabile colpiva la tua durezza, mentre il mio clitoride bruciava tra i tuoi denti, tra le tue labbra, mentre le tue dita, a grappolo, penetravano il mio ano, ancora illibato… e risalivo e scendevo, afferrando la base e infilando un dito, insalivato, nel tuo ano, dopo avertelo leccato, toccato, morso, mentre tu mordevi il mio.
E pensavo di volare, di morire, di affogare sotto il getto immenso che riempiva i miei occhi, incendiandoli, la mia bocca, soffocandomi, le mie guance, bruciandole e il mio sesso esplodeva e tremava urlando più forte ancora della mia voce impazzita.
E non ti fermavi, mi penetravi dal lato della schiena, delle natiche, mordendomi il collo sino a lasciarmi i segni dei tuoi denti d’avorio, delle mandorle che io gustavo sulla mia pelle, del tuo sorriso che lacerava il muro del piacere, che lo scardinava, perché, soddisfatto, urinavi nel mio sesso, portandomi verso ciò che non immaginavo, invadendo il nascosto punto di calore infinito…la mia vulva bruciava…