All’epoca frequentavo l’università. Un mattino di maggio nel corridoio della facoltà incontrai Laura, una ragazza conosciuta alle scuole superiori, di un’altra sezione. Dopo essermi diplomato non l’avevo più rivista.
Quella mattina fu lei ad accorgersi di me e a chiamarmi. “Ciao, come stai?”, mi disse mentre ci scambiavamo il classico bacio di saluto sulle guance.
“Oh Laura, da quanto tempo… Pure tu qui?”
“Sì, tu come ti trovi?”
“Beh, abbastanza bene, anche se ci sono delle materie abbastanza ostiche.”
“Per esempio matematica… tu l’hai già data?”
“La sto preparando proprio adesso” feci io, “anche se è molto tosta!”
“A chi lo dici… sono veramente disperata… è diventata il mio incubo, credo che mi impedirà di laurearmi…”
“Ma che dici, è solo una materia un po’ più impegnativa delle altre, vedrai che ce la farai.”
“Non è come dici, per me è arabo… avrei bisogno di qualcuno che mi chiarisse alcuni argomenti che non riesco proprio a capire.”
Allora le dissi: “Senti, io non è che sia una cima, ma se posso esserti d’aiuto con qualche spiegazione, o degli appunti… insomma, nel tempo libero, per quel che posso… potremmo studiarla insieme… sarebbe un’occasione anche per me per ripassare”.
“Magari” mi disse lei, “mi ricordo che a scuola i professori parlavano benissimo di te, specialmente quello di matematica”.
“Dai, vedrai che ce la faremo… senti: ti lascio il mio numero di telefono, se hai bisogno chiamami, così ci mettiamo d’accordo per studiare qualche volta insieme.”
Si appuntò il numero di telefono (all’epoca ancora non c’erano i cellulari), mi lasciò anche il suo, mi ringraziò e ci risalutammo.
Qualche giorno dopo squillò il telefono. Mi chiamò mia madre: “Ti cerca una ragazza, una certa Laura”. “Ah sì” dissi io, “passamela”.
“Ciao, sono Laura.”
“Ciao Laura, come va?”
“Senti, vorrei approfittare della tua cortesia, quando possiamo vederci per una lezioncina di matematica?”
“Aspetta un attimo… che ne dici domani pomeriggio alle cinque?”
“Per me va bene, basta che non ti disturbo…”
“Tranquilla, è un piacere per me.”
“Ok, a domani, e grazie.”
L’indomani, puntuale, Laura si presentò a casa mia. La feci entrare, le presentai i miei, che già conosceva di vista, dopodiché andammo in camera mia, dove studiammo per circa due ore trascorse le quali mi disse: “Non so davvero come ringraziarti, sei riuscito a farmi capire delle cose che non sarei mai riuscita a capire da sola”.
“Mi fa piacere, te l’ho detto che ce la farai, su, coraggio.”
“Grazie davvero… però come ci organizziamo per le prossime volte? Io non vorrei rubare del tempo al tuo studio, e poi… devi assolutamente dirmi quant’è il tuo disturbo!”
“Stai scherzando?” le dissi io, “ci mancherebbe altro… è una buona occasione anche per me per rivedere degli argomenti, e poi…” osai in tono scherzoso, arrossendo un pochino, “tutt’al più… mi pagherai in natura…”. Laura si mise a ridere, la qual cosa mi rincuorò perché non se l’era presa, anzi era stata allo scherzo. Poi le dissi: “Che ne dici di vederci i giorni dispari alla stessa ora di oggi? Poi, se uno dei due prevede di avere un impegno, di volta in volta ci organizzeremo”.
“Ok, per me va bene.”
La riaccompagnai al portone, salutò i miei, salutò me, riprese la sua macchina e se ne andò.
Da quel giorno ci vedemmo un giorno sì ed uno no e per Laura la matematica stava diventando quasi un piacere, mentre per me stava diventando un piacere stare in sua compagnia. Si rivelava di giorno in giorno una ragazza simpatica, spiritosa, e nelle pause approfittavamo per ridere ricordando qualche episodio strano successo quando frequentavamo la scuola superiore. Inoltre la stavo apprezzando anche dal punto di vista del suo aspetto fisico e della sua sensualità, a cui prima non avevo fatto mai caso, non avendo avuto tante occasioni di frequentarci. Abbastanza alta e slanciata, fisico atletico (aveva giocato in passato a pallavolo), capelli e occhi castani, carnagione scura, un bel seno. Anche la nostra confidenza stava crescendo, al punto che ogni tanto ci era capitato di soffermarci su qualche argomento piccante. Insomma, la situazione cominciava a farsi eccitante per entrambi.
Appena mi si presentò l’occasione, provai a sondare il terreno. Il pomeriggio successivo a uno di quei nostri incontri sarei stato solo a casa, per svariati impegni dei miei, perciò presi coraggio e le dissi: “Senti Laura, per te va bene se invece di dopodomani ci vediamo domani? Sai, domani sono solo tutto il pomeriggio”. Temevo una risposta deludente, invece con mia somma sorpresa e piacere, mi rispose: “Finalmente, non vedevo l’ora!”. Ebbi subito un’erezione. Quella notte non dormii rimuginando su quel “non vedevo l’ora”, ero eccitato all’inverosimile, ma nello stesso tempo timoroso di un retromarcia di Laura all’ultimo momento.
Invece Laura l’indomani pomeriggio non solo venne all’appuntamento, ma si presentò pure in anticipo. Al contrario di tutti gli altri giorni, in cui era venuta vestita abbastanza castigata, quel giorno si presentò con una camicetta bianca aderente che rivelava la forma generosa del suo seno, una minigonna di jeans, un paio di sandali dal tacco alto. Odorava di bagnoschiuma, di doccia appena fatta.
“Come siamo belle!” le dissi. Con tono spiritoso e sorridente, rispose: “Anche tu non sei male!”. Sentii che le cose stavano prendendo la giusta piega.
Salimmo come al solito in camera mia e ci sedemmo alla scrivania per iniziare la lezione di matematica. Ad un tratto Laura accavallò ad arte le gambe in modo che la minigonna già corta di suo, resa ancora più corta per il fatto di stare seduta, si sollevasse ulteriormente lasciandomi intravedere uno spicchio delle sue mutandine, bianche. I miei occhi, come una calamita, si soffermarono naturalmente lì. Laura se ne accorse e non si mosse da quella posizione, consapevole del fatto che mi stava facendo impazzire. Allora trovai il coraggio per poggiarle una mano sulla coscia dicendole, tra il serio e il faceto: “Laura, sono fatto di carne ed ossa…”. “Anch’io, cosa credi?” sussurrò e con fare sensuale scavallò le gambe, divaricandole leggermente.
L’invito era diventato esplicito: come risposta cominciai lentamente ad accarezzarle l’interno coscia, risalendo pian piano sotto la gonna fino ad avvertire l’umidità dei suoi slip, segno evidente della sua crescente eccitazione. Le scostai l’elastico e presi ad andare su e giù col dito lungo la sua vulva inzuppata, mentre lei reclinando il capo all’indietro cominciò a lamentarsi di piacere. Mentre io con una mano la masturbavo e con l’altra le sbottonavo la camicetta per potermi insinuare sotto il suo reggiseno torturandole i capezzoli diventati duri e appuntiti, lei allungò la mano sui miei jeans abbassandone la cerniera, quindi la fece entrare nei miei slip tirandone fuori un pene teso, duro e pulsante che iniziò a masturbare. Nel frattempo cominciammo a baciarci incrociando le nostre lingue, poi ci alzammo e cominciammo a spogliarci, fino a rimanere completamente nudi. Ci sdraiammo sul mio lettino, ci abbracciammo e continuammo a masturbarci a vicenda. Ad un tratto mi spostai in basso, divaricai le gambe a Laura e immersi la mia bocca nel suo sesso. Contemporaneamente, allungando le braccia, le palpavo i seni, mentre lei si contorceva godendo e ansimando. Quasi al colmo del piacere, mi disse: “Aspetta, anch’io voglio succhiarti…”. Ci sistemammo in modo da fare un “69”, io le allargai le grandi labbra e vi affondai la mia lingua facendola vagare dal clitoride alla vagina, mentre lei impugnando il mio pene ed accarezzandomi i testicoli, cominciò a leccarlo e ad ingoiarlo andando su e giù dal glande fino alla base. In breve tempo raggiungemmo tutti e due l’orgasmo, lei dissetandomi col suo liquido vischioso, io spruzzandole addosso un abbondante fiotto di sperma.
Ci asciugammo con un fazzolettino, quindi rimanemmo ancora a letto a coccolarci.
Dopo un po’ Laura mi disse: “Verso che ora torneranno i tuoi?”.
“Non prima delle otto.”
“Che meraviglia, abbiamo altre tre ore davanti! Senti, tanto per cominciare, hai visto che boschetto che c’ho, mi faresti la barba?”. Intrigante e fantasiosa Laura, considerando anche il fatto che in quegli anni non era usuale come oggi depilarsi le parti intime.
“Certo” le dissi eccitato, “aspettami qui, preparo l’occorrente”. Andai in bagno, riempii una bacinella di acqua tiepida, presi la schiuma da barba e una lametta, un asciugamani grande e portai tutto in camera mia. Facendola rimanere distesa, le sistemai l’asciugamani sotto il sedere per non bagnare il letto, le feci allargare le gambe, inumidii la peluria e la insaponai con la schiuma, poi incominciai a radere. Dopo un quarto d’ora la sua vulva era liscia e bagnata non tanto per l’acqua che colava quando ripulivo la lametta quanto per i suoi umori dovuti all’eccitazione provocata dalla situazione. D’altra parte anch’io, che ero rimasto nudo, avevo di nuovo il pene eretto, duro.
Laura mi disse: “Adesso posso ricambiare il favore?”.
“Se ti fa piacere, fai pure!”
Si alzò dal letto, mi sdraiai al suo posto, e cominciò a radere il mio pube. Di tanto in tanto afferrava il pene e lo masturbava, tanto che le dissi, per scherzare: “Non ti distrarre, se me lo tagli come facciamo?”.
“Hai ragione, non sia mai!”
Dopo un altro quarto d’ora anche io ero perfettamente rasato e… in tiro. Mettemmo tutto a posto, poi lei mi disse: “Perché adesso non ci rilassiamo facendo un bel bagno insieme?”.
Mentre aspettavamo che si riempisse la vasca, non perdemmo tempo per masturbarci reciprocamente e baciarci incrociando le nostre lingue. Appena la vasca fu pronta, ci immergemmo, uno di fronte all’altra, e ci sistemammo in modo da incrociare le nostre gambe in modo che il mio pene strusciasse contro la sua vagina. Poi cambiammo posizione: io mi appoggiai allo schienale, mentre lei, dandomi le spalle si appoggiò a me; inoltre allargò le gambe appoggiandole sui bordi della vasca. Giacemmo un po’ in quella posizione mentre io da dietro la abbracciavo palpandole i seni sodi e la masturbavo andando su e giù con tutta la mano lungo la sua vulva liscia e scivolosa. Decidemmo di continuare a letto; perciò, dopo esserci risciacquati ci asciugammo, rassettammo il bagno per non lasciare alcuna traccia e tornammo in camera mia.
“Bene” dissi io, “prima dal barbiere, ora andiamo in gelateria: tu mi offri una brioche con gelato ed io un bel cono. A proposito, aspetta: ti piace la panna?”.
“Ne vado matta!”
Era la stagione delle fragole e mi ricordai che in cucina c’era una bomboletta di panna spray che spruzzavamo sulla macedonia. Scesi in cucina, la presi, tornai in camera e ci risistemammo in posizione “69”. Prima di cominciare, spruzzai la panna sul sesso di Laura, quindi le passai la bomboletta e lei fece lo stesso sul mio pene; dopodiché cominciammo a gustare i nostri “gelati”. Adesso la vulva di Laura era liscia, la mia lingua la leccava avidamente. Anche lei con molta passione andava su e giù lungo il mio pene, leccandolo dall’alto in basso, prendendolo in bocca, succhiandolo.
Raggiungemmo l’orgasmo fino ad allora a stento trattenuto: questa volta, al contrario della volta precedente, Laura leccò il mio sperma, poi mi disse:
“Questo è il gelato più buono che abbia mai gustato!”.
Avevamo altre due orette di libertà, quindi pensammo di prendercela comoda. Ci sdraiammo uno accanto all’altra, ci abbracciammo, e stemmo così, per riprenderci, per circa mezz’oretta. Trascorso questo tempo, le appoggiai la mano sulla vulva: Laura era di nuovo bagnatissima e anche la sua mano aveva già raggiunto il mio pene, masturbandolo con molta delicatezza. Ad un tratto mi fissò con uno sguardo contemporaneamente serio e sensuale, dicendomi:
“Sono ancora vergine, ma stasera con te mi sento pronta…”.
“Ma cosa dici, ne sei proprio sicura?” le chiesi, baciandola.
“Certo, altrimenti non te l’avrei chiesto… aspettavo questo momento e ci ho riflettuto tanto… solo, ti prego… non farmi male…”
Mi vennero in mente le parole della canzone “Notte prima degli esami” e, cambiando il nome della protagonista, stavo per dirle: “Laura non tremare, non ti posso far male, se l’amore è amore…” ma, più semplicemente, le dissi: “Stai tranquilla, tesoro…”.
Indossai un preservativo che fortunatamente avevo in un cassetto, quindi ricominciai a masturbarla con la mano, poi a leccarle la vagina per farle crescere l’eccitazione e farla lubrificare al punto giusto; quando mi accorsi che era pronta a ricevermi mi posi sopra di lei allargandole le cosce e facendogliele sollevare ed appoggiare al mio petto, avvicinai il pene alla vagina e lentamente, facendo prima entrare ed uscire il glande un po’ di volte per predisporle l’apertura, la penetrai fino in fondo. La sua vagina mi sembrò bollente. Lanciò solo un piccolo gridolino di dolore, poi ansimando di piacere disse: “Bravo, che bello… continua, lo voglio tutto”.
Mi muovevo dentro di lei titillandole contemporaneamente il clitoride col dito, fin quando la sentii dire: “Sì, dai, sto venendo, ancora, ancora…” e, raggiunto l’apice del piacere, stringendomi le gambe attorno al collo: “Basta, ti prego, sono venuta”. Uscii dal suo corpo fremente di piacere e la strinsi a me. Stemmo per un po’ in silenzio, poi mi disse: “Sei stato dolcissimo, grazie… da ora in poi quando faremo l’amore sarà più semplice!”.
“Sei bellissima” riuscii soltanto a dirle io, più che altro felice per quella prospettiva: “da ora in poi…”.
Dopo poco Laura si ricordò che io non avevo ancora raggiunto l’orgasmo e generosamente mi disse: “Vieni, adesso tocca a te!”.
“No, non ti preoccupare, riposati, non mancherà l’occasione.”
“Ma…”
“Zitta, va bene così…” la rassicurai io “…piuttosto, vieni a sciacquarti”.
La deflorazione, infatti, le aveva causato la perdita di una piccola quantità di sangue che, misto agli umori della sua vagina, le era colato lungo le cosce. La accompagnai in bagno e fui io stesso a farle il bidet.
“Ma così mi fai eccitare di nuovo…”
“A chi lo dici…” pensai. Poi le dissi: “Pazientiamo fino a domani, anzi… che ne dici di vederci non più a giorni alterni, ma tutti i giorni?”.
“Vuoi darci dentro con la matematica, eh?” mi disse lei ridendo. “Eh sì” risposi ridendo anch’io, “altrimenti non arriveremo agli esami…”.
Eravamo entrambi molto felici per quel nostro primo rapporto. Ci rivestimmo, stemmo abbracciati per un po’, poi accompagnai al portone Laura, che quella sera abbandonò il saluto formale del doppio bacio sulla guancia per un passionale bacio sulla bocca, sussurrandomi: “A domani, amore…”.