Ho 44 anni, sposato ma a causa del mio lavoro sempre in giro per il mondo.
Sono consulente finanziario di una multinazionale che supporta gli istituti di credito.
Rimango assente anche per diversi mesi da casa, ah…il mio nome è Marco e voglio raccontarvi una cosa successa un paio di anni fa.
Il mio lavoro mi aveva portato a Verona a gestire un momento di seria difficoltà del Banco popolare, solita vita da stressato trattato con i guanti, lavoro casa, casa lavoro.
Per carità, che casa!…appartamento in piazza Erbe, arredato dai migliori architetti del momento, carta di credito senza limiti di spesa, ma, a parte il mio collega che aveva l’appartamento adiacente al mio, la vita si srotolava solitaria, monotona e stressante, anche perché il compito questa volta era tutt’altro che semplice.
Arrivavo a casa tutte le sere dopo le 21 ammazzato dalla fatica, l’unico lato positivo era quello che in ufficio, alla mattina, potevo entrare quando volevo.
Vita sociale quindi pochina, qualche cena di lavoro, qualche aperitivo ma poco altro.
L’unico svago era quella mezz’ora – ora che mi prendevo alla mattina, per andare a fare la spesa.
Già, la spesa…
Verso le 9.00 – 9.30 andavo al supermercato, fra barattoli, etti di affettato, cibi precotti e qualche sfiziosità da pseudo single.
Trascorrevo un’ora avvolto dai miei pensieri, quasi tutti orientati al lavoro.
Fino al giorno in cui la vidi, aria annoiata, carrello che non si capiva se era spinto da lei o se era lui che sosteneva lei. Gran bella donna, sui 40, fisico fantastico, femminile ma non volgare, uno sguardo che uccideva, arrapante, intrigante e tutto il meglio possibile si possa dire.
Cominciò a diventare la mia ossessione, cercai di capirne gli orari, sbirciavo nel suo carrello per capire che tipo di famiglia aveva, se era single, riuscii anche a scambiare poche parole di circostanza, mi affascinava come mai mi era successo.
Una mattina in coda al reparto salumi scambiammo qualche parola in più delle solito, feci fatica a non far scivolare lo sguardo sul suo splendido decoltè.
Era sicuramente una donna intelligente, con proprietà di linguaggio.
Presi il coraggio di condividere questa mia passione con il mio collega vicino di casa. Mi prendeva in giro dicendomi che mi stavo ammalando, di uscire, di vedere altra gente. Non ci riuscivo, nel tempo libero pensavo solo alla mia donna misteriosa. Spesso alla sera prima di addormentarmi l’ultima pensiero era per lei, me la immaginavo in tutte le maniere:
mentre lavorava, mentre faceva i lavori di casa, mentre si spogliava…
Tutte le volte finiva alla stessa maniera, mi ritrovavo arrapato, così socchiudevo gli occhi pensando che la mia mano fosse la sua, mi masturbavo come non facevo da quando avevo quindici anni e il pensiero era sempre lo stesso…
Così dopo l’ennesima sega a letto prima di addormentarmi, mi sono risvegliato con l’amaro in bocca. Basta! Non posso essere condizionato così da una donna, dovevo provare qualcosa.
Non volevo però correre il rischio di far la tua conoscenza in maniera sterile, ormai mi era entrata dentro, volevo conoscerla e scoparla, dovevo inventare qualcosa…
Il luogo dell’incontro forzatamente doveva essere il supermercato. Così misi in atto il mio piano:
L’occasione e la tempistica perfetta capitò dopo due giorni.
Pagai 20 euro ad un marocchino perché nel mentre lei fosse all’interno del supermercato a fare la spesa lui le sgonfiasse del tutto una gomma dell’auto.
(nota, nella seconda parte del racconto ho deciso di cambiare lo stile narrativo per rendere al meglio il contesto)
Tu uscisti e caricasti la spesa, mentre salivi sull’auto il tuo occhio cadde sul pneumatico, a terra completamente.
C’era caldo, avevi uno sguardo che era tutto un programma, un misto fra l’incazzato e lo scoraggiato. Come d’incanto comparvi io: “Salve, serve aiuto?” poi incalzai di nuovo “Noi ci conosciamo, di vista ma io la conosco, fa spesso la spesa qui?”.
Non capii mai se tu mi avessi riconosciuto o meno, fatto è che ci presentammo e il ghiaccio fu rotto. Stefania, il mio desiderio proibito si chiamava Stefania.
Avevi un vestito leggero come la stagione richiedeva, avevi il decoltè bene in vista, non riuscivo a staccare gli occhi dalle tue tette, belle, formose tutte da palpare…
Avevo già il cazzo che dava segni di risveglio, mi offrii per cambiarti la gomma, con un certo imbarazzo tu accettasti.
Nel fare il gommista, feci attenzione a sporcarmi il più possibile e a causarmi anche qualche escoriazione sulle mani. Ogni tanto ti chinavi alla mia altezza e quelle erano le occasioni che sfruttavo per sbirciarti fra la scollatura.
Alla fine del lavoro facevo schifo, sporco e un pò sanguinante, era il minimo della cortesia che tu mi offrissi un passaggio, visto che in precedenza ti avevo detto che ero senza auto perché in officina.
Infatti, finito il cambio del pneumatico e visto com’ero ridotto, fosti tu che molto gentilmente ti offristi di accompagnarmi a casa.
In auto parlammo del più e del meno, del caro vita, di lavoro, delle nostre famiglie, era bello parlare con te, averti in esclusiva tutta per me.
Subito capii che avevo un altro problema: la scollatura e la parte superiore delle tue tette erano ormai diventata una cosa mia, ma le gonne…
Non avevo fatto conto che guidando ti sarebbero salite un po’, lasciando scoperte una parte delle gambe fino a quel momento mai viste.
Bastò quello per farmi andare in tilt, non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso, tette gambe, gambe tette, il cazzo mi stava diventando duro in maniera imbarazzante.
Tu te ne accorgesti, il tentativo di coprirtele un po’ non fece altro che aumentare la mia eccitazione.
Nella mia testa a quel punto mi si presentò un bivio: nascondere la mia eccitazione o renderla evidente?
Dopo alcuni momenti per prendere coraggio, scelsi la seconda opzione.
Mi accomodai sul sedile in modo tale che, nonostante i pantaloni, la mia erezione non lasciasse alcun dubbio, anche perché, grazie a madre natura il mio cazzo mi permette di rientrare nella categoria dei ben dotati…
A quel punto aspettai le tue reazioni, aspettai il momento che i tuoi occhi cadessero lì dove volevo che cadessero.
La tua reazione arrivò; non te l’aspettavi sicuramente, ma i tuoi occhi, dapprima imbarazzati, guardavano il mio cazzo, e anche se ti imponevi di non farlo il tuo sguardo cadeva sempre lì.
Rischiai, ti misi una mano sulla coscia, dicendoti da quanto tempo stavo aspettando questo momento, tu mi guardasti stupita, subito non riuscivi a capire, poi dopo tutte le spiegazioni, le verità nascoste da tanto tempo, mi guardasti lusingata.
La mia mano a quel punto voleva andare oltre, mentre guidavi e quindi anche impossibilitata ad avere grandi reazioni, risalii con la mano fino a toccare le mutandine, ti toccai la figa da sopra la stoffa, non facesti nessun tipo di resistenza. Andai quindi verso il lato degli slip, li scostai e finalmente la sentii…mmmm…finalmente, eri già bagnata, avevi tanta voglia quanta ne avevo io.
Giocai con il clitoride, cominciavi ad avere qualche difficoltà nella guida, ma tutto sommato reggevi ancora bene, poi entrai, prima con dito, poi con due, stando bene attento di sfiorarti il grilletto ogni volta che entravo ed uscivo. la nostra storia era cominciata quello fu il ditalino più agognato della mia vita.
Ormai stavamo arrivando a casa mia.
Le mie mani erano ancora tra la tua figa, bagnata e vogliosa.
Al successivo semaforo presi la tua mano e la poggiai sul mio cazzo. mi guardasti sorpresa e con lo sguardo voglioso, non c’era bisogno che ti incitassi a stringerlo, cominciasti a menarmelo da sopra i pantaloni.
Una volta arrivati, salimmo in ascensore, lì in pochi ma interminabili secondi successe di tutto, le nostre lingue si intrecciarono, le mie e le tue mani scorrevano in ogni dove.
Nell’appartamento ci ritrovammo nudi in pochi secondi, ti stavo succhiando i capezzoli mentre ti sditalinavo come un pazzo, tu ti facevi fare tutto sospirando e mugolando sempre tenendo il mio uccello in mano.
Quasi ti gettai sul divano avevi le gambe oscenamente aperte, mi ci buttai in mezzo. Leccando, lappando e succhiando la tua figa colante.
Mi girai dandoti il cazzo ma continuando a leccarti la figa, perdendoci in un fantastico 69.
Succhiavi come una regina, avevi voglia di cazzo, si capiva chiaramente che sotto quell’aspetto così per bene covava una voglia incredibile di uccello.
Cominciasti a mugolare, penso ormai che tu fossi arrivata al tuo secondo orgasmo, eri fradicia, quando all’improvviso si aprì la porta ed entro il mio compagno d’appartamento. Rimase basito mi disse solo “vedo che alla fine ce l’hai fatta”.
Noi lo guardammo per un attimo e continuammo a scopare, ora eri alla pecorina che mi stavi succhiando il cazzo.
Da quella posizione e da come eri messa tu non potesti vedere il cenno che feci al mio collega, quello di unirsi a noi…
Pochi attimi dopo aveva l’uccello in tiro ed era dietro di te, ignara che ti stava puntando il suo cazzo asinino verso la tua figa.
In un attimo ti fu dentro. Lì per lì mollasti la presa del mio uccello guardandomi in cerca di spiegazioni, ma con la voglia che avevi e con quei 23 cm di uccello nella pancia che ti sconquassavano la figa non capivi più nulla, godevi e basta. Avevi smesso di succhiare però, così non andava bene.
“Succhia dai” fu il mio perentorio ordine anche perché stavo quasi per venire.
Nella stanza si sentivano solo mugolii e ansimi.
Il rumore della tua figa fradicia prossima a venire faceva da sottofondo. Un tuo urlo di godimento ruppe il silenzio, eri venuta.
Ti mettemmo seduta sul divano a gambe aperte, i nostri cazzi, uno destra e l’altro a sinistra davanti al tuo viso sfinito dal godimento.
Tu ti alternavi, pompino a uno sega a quell’altro. Il mio collega mi guardò ed a alta voce disse: “ma quanta voglia ha!?”.
Non passò tanto tempo che cominciammo a sborrare, quasi all’unisono, schizzi di sperma cominciarono a volare sul tuo viso, tette, dentro alla bocca, che tu tenevi aperta come un passerotto in attesa di cibo.
In pochi secondi ti ritrovasti coperta completamente di sperma, fu li che mi accorsi che incredibilmente avevi ancora voglia, avevi le gambe ancora aperte ed eri partita con un arrapantissimo ditalino.
Il mio cazzo riprese subito vigore, avevo sognato quella scena segandomi un sacco di volte, e così feci anche quella volta, presi a menarmi il cazzo con una foga che attirò subito la tua attenzione, mi dissi con una voce rocca per gli orgasmi “Ti piacciono i ditalini…”, ti avvicinasti, sensuale, mi facesti leccare le dita che avevano penetrato la tua bagnatissima e vogliosa figa, li leccai con un grandissimo piacere, lessi l’eccitazione nei tuoi occhi, mi negasti le tue dita e le avvicinasti al mio pisello.
Pensavo volessi segarmi personalmente, tutti i miei sogni si stavano avverando, ma con uno scatto e una destrezza felina mi infilasti 2 dita belle lubrificate nel culo…
Venni immediatamente, mi cosparsi di sperma, abbondantissimi schizzi mi si posarono sul ventre.
Ridesti sguaiatamente “Hahaha, direi che si, ti piacciono…”.
Il mio compagno intanto, nel vedere la tua determinazione e la carica erotica con cui avevi compiuto quel gesto, si era ripreso e il suo cazzo svettava maestoso, caldo lungo e durissimo.
Non perdesti un secondo, saltasti subito in groppa a quel pisello, eri fuori di te.
Mentre cavalcavi con gran piacere, volgesti la testa verso di me, che, incredulo della prestazione a cui stavo assistendo e ancora imbrattato del mio stesso seme, ti guardavo inebetito e cominciavo ancora una volta a eccitarmi. Il tuo sguardo era un misto di compassione e pena, ma anche di scherno e disdegno dettati dalla “superiorità” nella quale si trovava. Non potei fare altro che prendere in pugno il pisello e segarmi ancora una volta, mentre il mio compagno scopava con forza la donna che mi aveva stregato.
Lei fece un ghigno e torno a concentrarsi sul mio compagno.
Assistetti a tutto l’amplesso, fino alla fine, rimasi molto colpito, era più di quanto in effetti potessi mai offrire a una donna così vogliosa di uccello, lo capirono tutti in quella stanza…
La mia vita ora è cambiata, ma non come avrei sperato, non solo non ho conquistato quella donna, ma me la sono fatta rubare dal mio compagno, spesso lo fanno spudoratamente anche in mia presenza, o mi fanno sentire tutti i loro gemiti, per ore.
Mi sembra di sentirli anche quando sono a casa da solo, sto impazzendo…e non posso fare altro che tirarmi fuori l’uccello e segarmelo…