Il pesante cancello di ferro nero si chiuse, inghiottendo l’ultimo della breve fila d’automezzi all’interno dell’alto muro di cinta. Nascondendoli alla vista delle poche case che si affacciavano sul castello in quel vecchio paese ormai dimenticato da chiunque. Sino a quel giorno almeno, la rumorosa carovana raccontava ai pochi che la avevano vista sfilare storie dal sapore antico, e promesse di un futuro diverso. Il cinema era tornato, come ai tempi in cui erano giovani, 20 anni prima, e a quelli prima ancora. I tempi in cui nel piccolo paese, abitato da meno di 200 anime, giungevano Sordi e Mastroianni, Totò e Peppino, la Loren e persino star americane, l’ultima, la più recente, Michelle Pfeiffer, poi più nulla, sino ad oggi. Arrivavano per il castello, un piccolo gioiello medievale incastrato tra le verdi colline, giravano scene tra i suoi merli, nelle sue stanze, nel suo verde parco. Portavano la vita in paese, con il loro codazzo di collaboratori e paparazzi, scuotevano le tranquille esistenze dei giovani del posto, tutti avevan fatto almeno una volta da comparsa al fianco di quei nomi immortali. Regalavano emozioni prima ancora dell’uscita delle pellicole, che poi in paese venivano proiettate orgogliosamente all’aperto, riconoscendone i luoghi, le comparse, sentendoli come propri.
Il castello, da sempre, dal milleduecento, il centro del paese. Il suo cuore pulsante, centro fisico e morale. Generazioni di ragazzi eran cresciute alla sua ombra protettrice, giocando nel grande parco, prendendo un pallone a calci davanti al cancello, porta da calcio improvvisata, trovando lavoretti da cameriere, o giardiniere, o guardia auto, o fac-totum, o qualsiasi altra cosa al suo interno, in attesa di finir le scuole, di andar altrove per le università, o per il lavoro, o per amore.
Così com’era sempre stato anche ai tempi dei propri padri la carovana del cinema, inattesa, ma non del tutto, qualche voce su di un contratto firmato dal nuovo proprietario con una promotion francese si erano già sparse in paese, creando attesa ed eccitazione, trovò ad attenderla nel parcheggio interno il solito gruppetto di ragazzi che lavorava al castello.
Pochi, in un paese così piccolo, i ragazzi sono ancora meno, ma sufficienti per i loro compiti. Dalle auto e dai mezzi smontarono uomini e donne, attori, attrici, regista, cameraman, truccatori, cineprese e macchine fotografiche e si avviarono su per il viale lastricato di pietre bianche che conduceva al piccolo tunnel, poi al ponte levatoio, all’atrio, e all’ampio salone d’ingresso. Gli ultimi ad avviarsi, probabilmente due inservienti, non riuscendo a prender tutte le valigie da un furgone chiesero ai ragazzi se potevano prenderle loro, e portarle di sopra, questi annuirono, d’altronde non vedevano l’ora di sentirsi parte di quella macchina fantastica che era il cinema.
Presero le pesanti valigie, chiusero il furgone, e pochi minuti dopo il resto della carovana, di cui in un certo senso si sentivano quasi parte in quel modo, si avviarono lungo lo stesso viale per raggiungerla. Arrivarono nell’atrio, musica ad alto volume veniva dal salone delle feste e dei banchetti, un tempo vanto dei conti e dei baroni che vi organizzavano i propri banchetti, ora riciclato per matrimoni e comunioni di gente che in quel modo per un po’ si sentiva come i nobili di un tempo, e in quel momento tornato ad esser come anni prima, set, cinecittà.
…
Je vais je vais et je viens
entre tes reins
je vais et je viens
entre tes reins
et je
…*
Così risuonava la musica dalla sala, voci di un uomo e una donna, in francese, lingua che solo due dei sei ragazzi conoscevano, ma nessuno diede peso alle parole, ed entrarono nella sala dei banchetti.
Restarono immobili, stavano già girando, ma nessuno di loro guardò la cinepresa, o il regista, o il fotografo di scena. Tutti i dodici occhi si concentrarono sul tappeto di corpi nudi avvinghiati sul pavimento, un’orgia, si ritrovavano inaspettatamente, senza saper che fare, arrossendo, ad osservar per la prima volta un’orgia nella loro vita. Il primo a riprendersi, marco, diede un colpo con il gomito a quello che aveva più vicino “Siamo più fortunati dei nostri padri, il cinema è tornato, ed è tornato per girar film porno.”
Posarono le valigie, e restarono a godersi lo spettacolo, con l’eccitazione che montava per quello che vedevano, e soprattutto per quello che pensavano. La parola “comparsa” si fece largo più volte nella mente di tutti e sei, creando dei sorrisi da ebeti felici sui loro volti.
* Je t’aime, moi non plus (Serge Gainsbourg e Jane Birkin)