Lisa lavorava come archeologa ricercatrice presso l’Università di Venezia nella facoltà di archeologia.
Il suo lavoro consisteva nel catalogare i vari reperti ed a volte li ricercava lei stessa.
Stava lavorando alla catalogazione di alcuni manoscritti reperiti in un vecchio palazzo, manoscritti che a prima vista sembravano essere datati ai tempi di Marco Polo, quando i veneziani attraversavano l’Asia alla ricerca di merce da commerciare.
Il manoscritto parlava di un tempio in cui era custodito un libro preziosissimo, custodito gelosamente da un casta di monaci, che aveva la facoltà di sovvertire il senso del tempo.
Vi erano mappe che sembravano portare in una zona della Birmania.
L’autore del manoscritto non era molto chiaro, ma a suo dire chi aveva a che fare col libro avrebbe tratto esperienze indelebili.
Di fronte alla lettura di questo testo Lisa si incuriosì.
Ogni tanto riusciva ad organizzare delle spedizioni finanziate da un vecchio conte, suo mecenate, il quale esigeva in cambio i diritti d’autore su eventuali documentari o libri redatti dopo le spedizioni.
Decise che voleva vederci chiaro e quindi andò dal Conte.
In breve tempo ottenne un cospicuo finanziamento e si mise ad organizzare il viaggio.
La zona era nella Birmania occidentale, vicino ai confini tra la Thailandia.
Ottenuti i necessari visti partì.
Da ulteriori ricerche fatte individuò un tempio che a suo modo di vedere doveva essere il luogo cercato, anche perche’ era custodito da un antichissima casta di monaci che in lingua del posto erano detti “I custodi del tempo”.
Arrivò sul posto in un giorno di ottobre, quando ormai i monsoni erano placati, sotto una leggera pioggia che rendeva l’aria ancora più afosa.
Dall’aeroporto partì a cavallo con i suoi accompagnatori locali attraverso piste che la condussero, dopo molti giorni di viaggio, su un altopiano pieno di vegetazione, una zona densa di monasteri e templi.
Arrivò di sera al villaggio dove doveva esservi il tempio che custodiva il prezioso libro.
Durante tutta la giornata aveva notato che le sue guide la avevano osservata a lungo, a volte ridevano ed a volte avevano sguardi preoccupati.
Lei aveva comunque capito che doveva stare attenta a certi personaggi.
Si fece ospitare da un anziana donna in una capanna del villaggio, posto in cui pote’ scaricare i suoi bagagli e, finalmente, godersi un meritato sonno ristoratore.
L’indomani all’alba scoprì che le sue guide erano fuggite, lasciandola sola.
Preso atto di questo, decise che poteva continuare da sola.
Chiese alla anziana donna di indicarle la strada per quel tempio, dopodiche’ si mise a cavallo e si addentrò sulla collina che ospitava il tempio.
Dopo un’ora di cavalcata nell’umidissima foresta arrivò al tempio.
Con sua sorpresa non vide nessuno.
Il tempio era stupendo, adornato di statue coperte d’oro, bianchi pinnacoli si innalzavano al cielo e l’impressione era di un luogo religiosamente custodito in perfetto ordine.
Lisa indossava un completo composto da pantaloncini corti da esploratore e giacca sahariana color sabbia, aveva ai piedi le sue inseparabili scarpe da ginnastica bianche e, dato il caldo, non indossava biancheria intima.
Sulla testa aveva un kepì modello “legione straniera” che la aveva sempre accompagnata nelle sue esplorazioni nei climi tropicali.
Grondante di sudore arrivò alla porta del tempio che era aperta.
Lì si tolse il cappello e si asciugò la fronte dal sudore.
Come desiderava essere nella sua camera d’albergo per un bagno ristoratore!
Comunque, incuriosita dalla porta spalancata, vi entrò.
Il Sole fuori era accecante e quando entrò nel luogo buio non vide nulla a causa del cambio di luce.
Vi si addentrò, guidata da un intenso profumo di incenso che impregnava l’aria fresca dell’interno del tempio.
Fece diversi passi prima che i suoi occhi si abituassero all’oscurità del luogo e, passo dopo passo, le immagini si fecero nitide.
Andò avanti fino a quando giunse in una sala grande.
Davanti a lei vide un grande altare, tutto circondato da centinaia di grossi ceri accesi.
Sull’altare vide un libro aperto.
Vi si avvicinò e, quando vi giunse innanzi, vide che dietro l’altare vi era un monaco che la osservava.
Era un uomo di mezza età, vestito con una tunica arancio, i capelli rasati, bellissimo, un tipico monaco di quei posti.
Il suo sguardo le fece pensare che lui la stesse aspettando e che già sapesse tutto del motivo per cui lei era lì.
Nel silenzio si sentivano solo i passi di lei.
Ella aveva in mano il suo cappello ed era visibilmente accaldata.
Il monaco continuava ad osservarla e, con un gesto della mano, le indicò una grande vasca di pietra nell’angolo della stanza, nella quale arrivava acqua da una sorgente che sgorgava dalla parete della stanza stessa, che era di roccia.
Lei capì che lui la stava invitando a fare un bagno, così si avvicinò a quella grande fontana e, nel silenzio, appoggiò il suo cappello per terra, si sbottonò la camicetta e lasciò cadere i pantaloncini. Con un gesto rapido si slacciò le scarpe e rimase completamente nuda.
Dando la schiena al monaco si immerse nella vasca provando una incredibile sensazione di ristoro.
Lui osservò con cura tutti i movimenti di lei che rimase diverso tempo in acqua con la testa rivolta a lui in attesa di coglierne un cenno.
Dopo un po’ il monaco fece un gesto con la mano, invitandola ad uscire.
Lei uscì, si rimise i vestiti, le sue inseparabili scarpe e, ad un cenno del monaco, si avvicinò all’altare.
Attorno le candele continuavano a bruciare, con impercettibili vibrazioni delle fiammelle, ed attorno vi era un fortissimo odore di incenso.
Lui le fece un cenno di stendersi sull’altare e lei vi si sdraiò.
Non servivano le parole, ad ogni cenno del monaco lei sembrava capire precisamente quello che lui la stava spingendo a fare.
La pietra su cui si sdraiò era fredda, ma in un istante questa sensazione svanì, coperta dal calore della sua pelle.
Lui le si avvicinò, lei sentì una sensazione di pace e chiuse gli occhi.
Con gli occhi socchiusi intravide il monaco accanto a lei che con delicatissimi movimenti le slacciava la sahariana e le toglieva i pantaloncini.
Era rimasta nuda, il monaco le aveva lasciato solo le scarpe da ginnastica.
Sulla sua pelle le gocce d’acqua del bagno che aveva appena fatto.
Con delicati movimenti il monaco iniziò ad esplorare il suo corpo nelle sue parti più intime.
Intorno a loro il silenzio, il fumo delle candele ed il profumo di incenso.
Quando con la mano arrivò sulla sua vagina lei ebbe una contrazione sentendo quelle dita che la esploravano, ma si lasciò subito andare permettendo al monaco di toccarla.
Le sue carezze la percorrevano su tutto il corpo e lei sentiva di perdere dolcemente il controllo per salire ad uno stato di estasi.
Il suo corpo fremeva dal desiderio di essere posseduta, di abbandonarsi completamente in balia di quello sconosciuto.
Lui si spostò sul lato dell’altare dove vi erano i piedi di Lisa.
Dolcemente prese i piedi di Lisa con le mani e aprì le sue gambe.
Lei si lasciò guidare in questa posizione e rimase con le gambe completamente divaricate.
Lui continuava ad accarezzarla, lei aveva la sensazione che un flusso di calda energia percorresse il suo corpo.
Il monaco le slacciò le scarpe e le denudò i bianchi piedini e, tenendo le scarpe nelle due mani, iniziò a massaggiare Lisa prima sui polpacci poi sulle cosce in un inesorabile avvicinamento al sesso di lei.
Lei vide questo e, presa dal piacere, chiuse gli occhi ed inclinò la testa all’indietro.
La sua passione per le scarpe da ginnastica era totale e capendo che il monaco sapeva di questo si abbandonò al puro piacere dei suoi pensieri.
Davanti ai suoi occhi scorrevano immagini di scarpe da ginnastica di tutti i colori e le forme.
Le sembrava di nuotare in un mare di scarpe e pensò alle scarpe che aveva da bambina e a tutte le volte che si era masturbata con le sue scarpe.
La sua eccitazione stava salendo, sentì il monaco che con le mani infilate nelle scarpe le strofinava sulle sue labbra ormai aperte nell’attesa di accogliere le scarpe.
Il movimento di lui era ormai come un onda che nel suo costante moto la travolgeva.
Era ormai eccitatissima, il suo frutto era completamente bagnato e desideroso di essere penetrato.
La sua pelle era ormai in un lago di sudore, il desiderio era lancinante.
Sentì che il monaco la penetrava e provò un orgasmo misto ad una sensazione di dolore.
Il monaco continuava a violarla con la scarpa e lei con gli occhi socchiusi provava nuovamente piacere e poi dolore ed allo stesso modo, per ogni movimento che lui faceva, lei provava intensi brividi di piacere e di dolore.
Lei ebbe diversi orgasmi.
Ormai non riusciva più a distinguere il piacere dal dolore di quella cosa gigantesca che la stava penetrando.
I suoi gemiti di piacere rimbombavano nella stanza, generando echi che amplificavano la sensazione di piacere che lei provava.
Sfinita da delle sensazioni così intense aprì gli occhi e vide la sua scarpa quasi completamente affondata dentro la sua vagina.
Capì che la cosa che la aveva così intensamente penetrata era la sua amatissima scarpa e di questo provò gioia.
Il monaco stava in ginocchio tra le sue gambe ed era anch’egli completamente nudo.
Lui le tolse la scarpa dalla vagina e la avvicinò al viso di Lisa.
Era completamente bagnata degli umori di Lisa e lei si mise a leccarla con avidità.
Lui a questo punto si sdraiò sopra di lei, le infilò il suo fallo nella vagina e si mise a penetrarla intensamente.
Lei ad ogni colpo che lui le vibrava si leccava con maggior intensità la scarpa per godere al massimo di quei sublimi momenti.
Prima di venire lui estrasse il suo pene, quando lei capì questo aprì gli occhi e si vide davanti al viso il glande del monaco.
In un istante lo prese in bocca e come lei lo cinse con le sue labbra lui venne.
Lisa bevve tutto il nettare che sgorgava da quel durissimo frutto.
Sentiva l’odore dello sperma misto a quello dei suoi umori ed entrambi si misero a leccare quella scarpa da ginnastica che li aveva uniti.
Sfinita al piacere chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno.
Quando si svegliò si sedette sull’altare: il monaco era sparito, il libro non c’era più e dei ceri non rimaneva che alcuni moccoli fumanti.
Accanto a lei le sue scarpe…
Scese da quella posizione e si avvicinò alla vasca.
Si sciacquò la vagina ancora completamente aperta ed il viso.
Si rivestì, raccolse il cappello e si diresse all’uscio del tempio.
Arrivata sulla porta guardò all’ orizzonte.
Il Sole era basso e di colore arancione, il cielo era di porpora.
Era già sera.
Da lì si vedeva tutta la vallata in basso, i tetti dei templi affioravano dalla intensa vegetazione e la valle ne era piena.
Si rimise il cappello e si affrettò al cavallo per tornare al villaggio.
Sull’aereo che la portava a casa pensò al libro di cui era andata in cerca.
Forse quel giorno valeva più del tempo di un intera vita, forse in un secondo si provano emozioni lunghissime.
Forse un giorno passato così diventa eterno.
Poche ore possono essere il momento più importante e bello di una vita.
Mise la mano in tasca e, guardando dal finestrino dell’aereo le nuvole, strinse quei granelli di incenso che aveva raccolto nel tempio…