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Topa di città, topa di campagna

“Ma che vadano tutti a farsi fottere!” pensò Samuele uscendo dall’aula del Tribunale: “Questi stronzi mi hanno messo in imbarazzo, anzi mi hanno proprio umiliato. Prostituzione e droga. E per fortuna che non hanno scoperto tutto! E manco mi hanno dato una condanna normale, no, mi hanno dato una condanna alternativa! Quei coglioni dei giudici mi mandano in fattoria! In fattoria! Ma per chi mi hanno preso, per Katia Ricciarelli?”
Samuele vide sua madre che, a spasso spedito, lo superava per raggiungere l’automobile. Non era più la stessa da quando aveva scoperto cosa faceva sua figlio quando le diceva che andava a studiare… Anzi, non gli aveva rivolto neppure la parola, se non lo strettissimo necessario, da quando era andata a prenderlo al Beccaria, il carcere minorile. A Samuele sembrava che lei non avesse minimamente tentato di salvarlo dalle grinfie del giudice. Grinfie che, doveva ammetterlo, non erano state poi così terribili. Doveva passare un anno in una fattoria, è vero, ma sarebbe stato molto peggio passare tutto quel tempo al Beccaria. Fatto sta che doveva partire già il giorno dopo: il biglietto era già pronto.
Appena arrivati a casa, la madre di Samuele gli sibilò un “testa di cazzo” e poi si chiuse nella propria camera.
Anche Samuele si chiuse nella propria stanza e, dopo aver trovato il borsone più capiente, iniziò a riempirlo coi propri vestiti. Poi prese il suo zaino e ci mise dentro il suo lettore CD e tutti i dischi che ci potevano stare. Samuele non riusciva a immaginarsi troppo bene come sarebbe stato quell’anno in fattoria, ma, dopo tutto, magari sarebbe stato meno peggio di quanto gli era sembrato di primo acchito. Chissà, magari si sarebbe pure divertito…

* * *

Aveva appena finito di svolgere il suo lavoro quando sua madre lo chiamò per parlargli. Cesare, a 16 anni, era già un ragazzo in ottima forma e ben fatto, grazie soprattutto a tutto il lavoro che svolgeva nella fattoria di famiglia.
“Ciao mamma, che cosa volevi dirmi?”
“Volevo parlarti un ospite che verrà a stare da noi” rispose sua madre, Matilde: “Ho fatto domanda per entrare a far parte di un nuovo programma statale a favore di ragazzi che sono finiti nei guai con la legge. Come ben sai il raccolto quest’anno non sarà molto fruttuoso, abbiamo davvero un gran bisogno di soldi, e per questo programma lo Stato paga bene. Insomma… La domanda è stata accettata.” “Aspetta… Vuoi dire che ospiteremo un criminale?”
“Che paroloni! È un ragazzo della tua età che ha avuto delle difficoltà. E inoltre, il caso vuole che sia tuo cugino.”
“Perché, io avrei un cugino? E come mai non l’ho mai visto?”
“Lui è il figlio della sorella del mio primo marito. Con quella parte della famiglia abbiamo perso i contatti. Comunque, arriverà domani e si dovrebbe fermare qui per un anno”v “Come idea sembra divertente!”
“Un’ultima cosa, amore. Dividerà la camera con te.”
Vedendo l’espressione del figlio incupirsi, Matilde decise di lasciarlo solo a riflettere un attimo. A Samuele faceva certo piacere avere un ragazzo della sua età in casa, ma dover condividere la propria stanza era ben altro affare. Inoltre, come avrebbe potuto fare quella cosa che aveva scoperto da poco più di un anno? Visto che era una cosa che tutti dicevano essere sbagliata e peccaminosa, quel ragazzo avrebbe potuto denunciarlo alla madre.
Dopo averci riflettuto un po’ e aver valutato i pro ed i contro (soprattutto i contro, a dire il vero…), il ragazzo si decise a chiedere a sua madre: “Ma è proprio necessario che questo ragazzo divida la camera con me?”
“Sì, amore, sai quanto costa riscaldare l’intera casa in inverno. E non possiamo certo farlo installare in una stanza che d’inverno lasciamo al freddo e al gelo… Dai, comunque credo proprio che non sarà una cosa terribile come la immagini.”

* * *

Samuele scese dal treno e si guardò intorno. Il borsone e lo zaino che portava a mano erano molto più pesanti di quanto aveva immaginato riempiendoli. Per questo si avviò verso una panchina per sedersi un attimo. Mentre si sedette, notò una donna ed un ragazzo della sua età che si guardavano attorno. La donna aveva una folta e lunga capigliatura castana. E il ragazzo… beh, il ragazzo era un gran bel pezzo di ragazzo! Lo sguardo di Samuele fu subito catturato dai suoi capelli biondo-scuro, lisci e piacevolmente spettinati. E dalla tranquillità dei suoi occhi verdi che non escludeva una certa luce di vivace intelligenza. Samuele si meravigliò di notare un simile dettaglio a oltre due metri di distanza, ma evidentemente quella era la prova di quanto il ragazzo lo avesse colpito.
Ora il giovane biondo lo guardò meglio e poi gli disse: “Scusa, tu sei Samuele?”v “Yes” rispose Samuele con diffidenza, cercando di sorride e non riuscendoci affatto: “E voi quindi siete la signora Matilde e Cesare…”
Il giovane gli porse la mano e Samuele, mentre contraccambiava, pensò: “Questi due mi stanno accogliendo solo per prendersi quelle quattro lire che gli darà il giudice. Mi aspetta un anno di inferno…” Sebbene la sua stretta di mano fosse decisa, Cesare parlò con timidezza: “Ciao. Sono tuo cugino Cesare. A quanto pare per il prossimo anno condivideremo la camera.”
“Condivideremo la camera?” pensò Samuele: “Ma che cazzo dice! Non avrò neppure una stanza per me? Ma sarebbe stato molto meglio finire in galera allora!”, ma, tenendosi queste considerazioni per sé, mormorò solamente un “Benissimo, amico.”
Samuele notò che l’espressione di Cesare ebbe un piccolo cambiamento. Di solito gli era facile capire le persone già dal primo sguardo, ma con questo ragazzo non ci stava riuscendo. Beh, era certamente una persona più complessa di quello che ci si potrebbe aspettare da un qualunque ragazzo di campagna.
E intanto Cesare pensava: “Accidenti! Spero proprio che la mamma sappia cosa sta facendo…”, ma anche lui non esternò le proprie sensazioni e anzi chiese: “Vuoi che ti aiuti con le valigie?” “Yes sir, grazie” rispose Samuele, abbastanza sorpreso dalla gentilezza di Cesare: non si aspettava proprio una proposta di aiuto. “Benissimo ragazzi” disse sorridendo Matilde: “Ho parcheggiato il furgoncino non lontano da qui.”
Samuele rimase a bocca aperta quando vide come Cesare sollevò le borse: sembrava che fossero prive di qualsiasi peso! Ed ebbe anche un principio di erezione osservando i muscoli del giovane contadino muoversi sotto la sua maglietta…
Cesare portò il borsone e lo zaino del cugino fino al furgone. Samuele si rendeva conto che in quel ragazzo c’era qualcosa di diverso da tutti gli altri ragazzi che aveva conosciuto, ma non riusciva a focalizzare di cosa si trattasse. Lo studiò per tutto il tragitto fino a casa, ma non riuscì a raggiungere alcuna conclusione.
Quando il furgoncino si fermò davanti alla fattoria, Cesare gli disse: “Dai, Samuele, vieni che ti mostro la nostra stanza. Dopo ti faccio fare un giro per la fattoria. Ti hanno detto che dovresti anche aiutarci in qualche lavoretto, vero?”
“Ma dai! Pensa che credevo fosse una vacanza premio…” pensò Samuele, ammettendo tra sé e sé che, però, fare qualche lavoretto con Cesare non sarebbe stato poi così male… Comunque gli rispose: “Ok, ma prima posso disfare le valigie e cambiarmi?”
“Certo! Dai, ti faccio vedere dov’è camera nostra.”
Cesare portò Samuele al primo piano e gli mostrò dove poteva sistemare le sue cose. Aveva notato che il cugino lo guardava in modo un po’ strano, ma decise che per ora era meglio non dire nulla. Anzi, gli chiese se avesse bisogno di qualcosa.
“Sì, di una cosa sì, se non ti spiace. Non riesco a capire dove ho messo il mio deodorante” rispose Samuele guardando con occhi carichi di desiderio come Cesare si guadasse attorno.
“Deodorante… Ah, certo, è quella cosa che profuma che papà si mette ogni domenica! Sono sicuro che non sarà per lui un problema se ne userai un po’ del suo, ma… per chi vuoi profumare? Per le mucche?” Samuele sorrise al pensiero di come certi stereotipi sui contadini sembrassero essere veri e disse: “Uhm… Dai, non importa. Ho qualche soldo e la prossima volta che la signora Matilde andrà in qualche supermercato le chiederò un passaggio.”
Mentre Cesare rimaneva in piedi, Samuele postò il suo borsone sul letto che sembrava non occupato, poi iniziò a tirare fuori i propri vestiti e a riempire la cassapanca che era accanto al suo letto. I cassetti erano completamente vuoti, quindi dedusse che fossero riservati per lui. Quindi, dopo aver scelto una vecchia maglietta e un paio di jeans molto consumati, si sfilò la maglietta ed i pantaloni che indossava, cercando di osservare con la coda dell’occhio il volto del cugino.
A Cesare non importava proprio nulla di osservare Samuele mentre si cambiava e anzi stava per chiedergli se voleva che uscisse, ma non ne aveva avuto l’occasione. Poi una volta che il giovane cittadino si era tolto la maglietta, le cose erano cambiate: non poteva fare a meno di notare come la sua pelle sembrasse molto più liscia di quella della maggior parte dei suoi amici e, senza neppure rendersene conto, si accarezzò delicatamente il pacco.
“Santo cielo!” pensò Samuele: “Questo ragazzino mi sta guardando! Beh, ci sono buone prospettive per quest’anno… ma cosa dirà quando scoprirà perché sono finito in galera? Oddio… Ma glielo avranno detto o no?”
Il giovane cittadino si rivestì lentamente, accertandosi di mostrare il suo petto ben formato che tanti soldi gli aveva fatto guadagnare in città. Quando alla fine si fu rivestito e sistemato, guardò direttamente Cesare.
“Bene Cesare, dimmi pure, cos’hai da farmi vedere?” chiese Samuele sorridendogli sinceramente.
“Eh… Ecco…” balbettò il contadino: “Possiamo iniziare dalla stalla.”
Cesare accompagnò il cugino fuori, chiedendosi perché si fosse sentito così strano a guardare Samuele cambiarsi. A scuola i suoi amici si cambiavano gli uni davanti agli altri senza problemi, nell’ora di educazione fisica, e mai aveva provato sensazioni strane. La cosa lo faceva sentire un po’ nervoso, così, mentre entravano nella stalla, si disse che non doveva pensarci più.
“Ma come mai sei finito nei guai, Samuele?” chiese Cesare senza pensarci.
“Ehm… ecco… Per cose che non avrei dovuto fare” disse Samuele, sentendosi in forte disagio per quella domanda a cui non sapeva cosa rispondere senza mentire: “Mi hanno scoperto con dell’erba. E quelli che mi hanno scoperto erano sbirri” continuò, sperando che, almeno per ora, Cesare potesse accontentarsi di quella risposta. “Hanno trovato anche dei miei amici con quella roba. Ma qui non ne fanno un dramma, di solito. Invece in città la polizia pedina ovunque tutte le persone?”
“Beh, non proprio. Però quando ti beccano, ti fanno il culo. Soprattutto se ti beccano più di una volta. Tu hai mai fumato? Io fumo da un po’ di tempo, ma dopo ‘sti casini mi sa che sarà meglio che smetto” replicò Samuele con un ghigno. Stava cercando di sviare il discorso. Si sentiva molto nervoso: Cesare lo stava facendo sentire un po’ senza il controllo della situazione. E questa era la cosa che Samuele odiava di più al mondo. Lui aveva bisogno di controllare la situazione.
“Non l’ho mai neppure provata. Mamma e papà mi hanno detto che è robaccia, che non va bene per me. Uno dei miei amici, Lorenzo, è stato scoperto a scuola con della marijuana una volta. Ha dovuto fare lavori di pubblica utilità per una settimana e mi hanno detto di non giocare più con lui, perché è un cattivo ragazzo.”
Cesare non riusciva proprio a capire come mai, per lo stesso misfatto, il suo amico fosse stato condannato a dieci giorni di lavori di pubblica utilità, mentre suo cugino era stato condannato al carcere, anche se la pena era stata poi commutata in una pena alternativa. Si rendeva però conto che il discorso innervosiva un po’ il cugino, quindi decise di cambiare discorso.
“Comunque anche io faccio cose brutte” confessò con voce colpevole il giovane contadino.
“Cioè, amico?” chiese Samuele, davvero curioso di capire cosa potesse aver mai fatto di male quel ragazzone con l’innocenza di un bambino. “Accidenti! Dovevo mordermi la lingua!” pensò Cesare, che però, di fronte all’onestà del cugino, non se la sentì di mentire o di ritrattare e disse arrossendo: “Ecco, non so se sai quella cosa che si fa giocando con il pisello per farlo diventare duro… Alcuni dicono che è una cosa sbagliata, ma io la faccio comunque.”
“Amico, tutti lo fanno, anche se nessuno lo dice” ribatté Samuele sorridendo e cercando di non scoppiare a ridere (Cesare era così dolce, così innocente…): “Non ti preoccupare, lo faccio sempre anch’io.”
Il volto del contadino si illuminò: “Davvero? Che bello! Io pensavo di non poterlo più fare quando sono steso a letto di notte. Di solito lo faccio in quel momento. Mi dà sensazioni molto piacevoli.”
Rendendosi conto che i propri pantaloni iniziavano a mostrare i segni di un certo gonfiore, Cesare decise di cambiare argomento. Ma quando si accorse che anche Samuele aveva un gonfiore simile, cambiò decisamente idea e chiese: “Ma tu hai mai fatto cose simili a questa?” Samuele esitò a rispondere. “Ecco… ehm… io… ehm… il fatto è che io sono finito nei casini per qualcosa del genere. Ti prego non ti spaventare. Non ho malattie o cose del genere, ma io… beh, io lo facevo per soldi…” disse, con gli occhi carichi di lacrime che chiedevano pietà a Cesare, anche se il giovane cittadino avrebbe preferito evitare di mostrare la propria debolezza. Ma sentiva di potersi fidare di un ragazzo così dolce come suo cugino.
“Non ti preoccupare, Sam” lo rassicurò Cesare, avvicinandosi e circondando con un braccio il cugino in lacrime: “Ma non capisco perché qualcuno voleva pagare perché tu giocassi col tuo pisello, comunque! E poi davvero a fare questa cosa si prendono malattie?” “Cazzo, non sarà facile farlo capire a questo bambinone!” pensò Samuele, che singhiozzando disse: “Non… non facevo solo quello, Cesare… Io… io permettevo che facessero altre cose con me… cose che possono passarti delle malattie.”
Samuele serrò gli occhi con tutte le sue forze, aspettando che il cugino, come tutte le altre persone che aveva conosciuto, se ne andasse via disgustato.
Cesare non ci stava capendo proprio nulla: che cosa voleva dire il giovane cittadino con “altre cose”? Poi gli si accese una lampadina in testa e, con gli occhi brillanti di ammirazione e di fascinazione, chiese: “Intendi dire che hai avuto rapporti sessuale con delle ragazze e che queste ragazze ti hanno pagato?” Samuele non sapeva cosa rispondergli. Cercò di ricacciare via le lacrime, sperando di riuscire a parlare senza scoppiare a piangere. “Cesare, io… io non ho fatto sesso con nessuna ragazza, a me non mi piacciono. Io… io ho fatto sesso con… con dei maschi!” mormorò il ragazzo, con le lacrime che riprendevano a rigargli le guance. Il giovane contadino si ritrovò con una completa confusione in testa. A scuola alcuni ragazzi parlavano di gente che faceva cose del genere, gente che Cesare aveva sempre immaginato come delle specie di orribili mostri… e invece Samuele non sembrava niente affatto un mostro! Aveva anche sentito come bisognerebbe trattare queste persone, ma si trattava di cose così atroci che il ragazzo si era sempre dispiaciuto che qualcuno potesse essere trattato in quei modi. E poi il cugino sembrava così carino… Cesare non avrebbe sopportato di vedere che gli succedeva qualcosa di brutto.
E così Cesare strinse a sé Samuele ancora più forte e gli disse: “Va tutto bene, cugino, per me non ci sono problemi. Anzi, mi spiace di averti turbato così tanto con le mie domande. Possiamo essere ancora amici?”
Con la voce rotta dall’emozione, l’altro gli rispose: “Sei davvero super! Continuiamo il giro, allora?”
Samuele era sinceramente grato a Cesare: nessuno lo aveva mai accettato in quel modo. All’uscita dalla scuola, quando ancora ci andava, era stato pestato un sacco di volte. Invece il giovane contadino lo aveva abbracciato. E lo aveva fatto sentire davvero bene. Sorridendogli, Cesare gli rispose: “Certo, cugino! Partiamo all’esplorazione della fattoria di famiglia. Ci sono tanti bei posti da vedere, soprattutto sul retro: da quel lato i nostri terreni arrivano fino ad un ruscello.”
Il giovane contadino prese Samuele per mano e lo condusse in ogni angolo della fattoria. Certo, continuava a pensare a quello che il cugino gli aveva rivelato, aveva un enorme quantità di domande che gli sarebbe piaciuto rivolgergli, ma per il momento capì che era meglio aspettare: ora voleva solo divertirsi con il nuovo ospite.

* * *

Finalmente il giro di visita della fattoria finì sulle rive del ruscello che scorreva ai confini dei terreni di proprietà della fattoria.
“Gesù, è stupendo qui, Cesare!” esclamò Samuele: “Non ci vieni mai a nuotare?”
“Il solo posto abbastanza profondo per farci il bagno si trova a circa duecento metri da qui seguendo il corso del ruscello. C’è una piccola ansa, che forma una specie di piccola piscina naturale. Tra l’altro è un posto molto isolato… A volte ci faccio anche il bagno nudo” concluse Cesare con un sorriso colpevole.
“Beh, ti capisco, è molto più bello nuotare nudi che col costume da bagno! E poi, magari, potremmo andarci qualche volta insieme, no?” “Certo! Non c’è nulla di male, dopo tutto siamo cugini. E poi sai, Samuele, mi piace la tua compagnia.”
Sì, a Cesare la compagnia del cugino piaceva davvero. Anche se sapeva che le cose che gli erano state confessate prima non le avrebbe approvate nessuno. Ma il giovane contadino non aveva nessuna intenzione di rivelare a nessuno il segreto del giovane cittadino. “Anzi, se vuoi abbiamo ancora del tempo libero prima dei lavori serali: ti va di andare a farci il bagno adesso?”
“Of course, di corsa!” rispose Samuele, desideroso come non gli era mai capitato con nessun altro di vedere quel gran bel giovane fattore come mamma l’aveva fatto.
Cesare accompagnò il cugino lungo il corso del ruscello, chiedendosi come mai con lui stesse provando sensazioni del tutto nuove, che mai aveva provato mentre era in compagnia degli altri ragazzi. Una volta giunti al piccolo laghetto, il giovane contadino si tolse i suoi vestiti senza un attimo di esitazione.
Samuele rimase a bocca aperta: Gesù, l’altro si stava spogliando completamente nudo! Dopo un primo momento di sorpresa, comunque, anche lui iniziò a sfilarsi i propri vestiti, senza levar di dosso lo sguardo da Cesare. Fatto che non passò inosservato da quest’ultimo, il quale, in un primo tempo, non riusciva a capirne il perché: dopo tutto erano entrambi ragazzi e avevano la stessa fisionomia! Ma poi ricordò quello che gli era stato detto poco prima: Samuele aveva fatto sesso con dei maschi.
Intanto però il giovane cittadino aveva qualche problema con la propria erezione, che si gonfiava nei pantaloni. Non poteva certo mostrarla al cugino, quindi gli disse: “Ok, facciamoci il bagno, Cesare”
Il giovane contadino, pur essendosi reso conto che Samuele stava avendo l’alzabandiera (come lo chiamava lui), controbatté: “Va bene, Sam! Ma non vorrai mica nuotare con i pantaloni indosso…” “Beh, io… ok” rispose, sfilandosi i pantaloni, ma non le mutande. Si trattava di boxer bianchi molto aderenti, attraverso i quali Samuele si rese conto che Cesare poteva vedere il profilo dei suoi 17 centimetri di cazzo in tiro.
“Dai Sam, le tue mutande sono strepitose, ma toglietele!” ridacchiò il giovane contadino, per poi subito mordersi la lingua la pensiero di aver definito “strepitoso” l’abbigliamento intimo dell’altro. Aggettivo che non passò inosservato neppure alle orecchie di Samuele, che lo gradì molto. Per quanto lo riguardava, lui con Cesare ci avrebbe provato volentieri, non fosse stato per il fatto che il cugino era eterosessuale. Il giovane cittadino si infilò i pollici sotto l’elastico dei boxer e se li calò. Mentre lo faceva, il suo fallo balzò su, colpendo la sua pancia con un colpo molto rumoroso. Samuele temette che Cesare si spaventasse a quella vista.
E invece Cesare, quando sentì il rumore prodotto dall’altro nel togliersi i boxer, scoppiò a ridere. Il fatto è che, mentre convinceva Samuele a spogliarsi, il giovane contadino aveva scoperto come la propria fava si stesse ingrossando, fino a raggiungere l’alzabandiera da 19 centimetri. Insomma, avevano decisamente lo stesso problema! “Mi sa che hai il mio stesso problema, Sam!” esclamò Cesare, girandosi per mostrare orgoglioso la sua erezione.
Il randello di Samuele era già completamente duro alla vista del corpo perfetto del cugino, ma iniziò quasi a gocciolare alla vista di quel pilastro di carne in tiro. Solo un barlume di razionalità lo trattenne dal gettarsi in ginocchio per ingoiarlo tutto in un colpo.
“Cesare, ma sei sicuro di voler nuotare con me, così?” chiese Samuele, non sapendo fino a che punto il cugino potesse accettare la sua omosessualità e temendo di commettere un errore e rovinare tutto. “Certo! Non lo farei se tu fossi una ragazza, ma qui non è strano trovare ragazzi nudi che fanno il bagno o perdono tempo. Oppure ti dà fastidio se stiamo nudi insieme? Per me non c’è problema, non mi interessa quello che hai fatto in passato.” rispose Cesare, non capendo perché Samuele fosse così nervoso per un fatto così semplice come farsi una nuotata nudi insieme. E non capendo, parimenti, come mai un fatto così semplice avesse acquistato tutta quella importanza anche per sé stesso.
“Beh, non volevo metterti a disagio, tutto qui. Sono gay e te l’ho confessato. Insomma, non mi devi trattare come un ragazzo normale solo per non ferire i miei sentimenti. E poi non hai paura che io possa avere voglia di fare qualcosa con te?” chiese Samuele, desiderando finire in acqua prima che Cesare si rendesse conto davvero del perché fosse in tiro.
Ma il giovane contadino gli si avvicinò e gli mise un braccio sulle spalle, sorridendo. “Ti tratto come voglio trattarti, Sam. Ti tratto così perché mi piaci. E ora, in acqua!” gridò, spingendo per gioco il cugino nell’acqua fredda.
“Faccia da culo!” urlò Samuele quando la sua testa emerse dall’acqua: non si aspettava quello scherzo da Cesare! Poi ridendo aggiunse: “Beh, non vieni Ce’? Magari l’acqua fredda ti risolve quel… piccolo problemino che hai! Scherzo, eh!”
Cesare saltò nel laghetto il più vicino possibile a Samuele (ma abbastanza lontano da non fargli male), cercando di schizzare più acqua che poté. Quando il giovane contadino vide il sedere del giovane cittadino galleggiare sulla superficie, con uno sguardo birichino gli diede una scherzosa pacca sopra, gridando: “Ce l’hai!”
“Ma che vuole fare, sculacciarmi?” si chiese Samuele, ma sentendo il grido dell’amico capì il gioco e lo placcò in acqua. Lottando corpo a corpo, i due ragazzi si ritrovarono a sfregarsi i propri cazzi ancora duri contro la pancia dell’altro. Non appena ciò accadde, il giovane ex prostituto fece un balzo all’indietro: il suo volto era completamente rosso per l’imbarazzo.
“Cesare, scusami cazzo. Non volevo farlo, lo giuro!” disse Samuele con voce tremante.
“Fare cosa? Stavamo solo giocando. Se darti una pacca sul sedere ti ha dato fastidio, ti prego di scusarmi, Sam” disse Cesare, amaramente pentito di quel gesto scherzoso, temendo che l’altro lo considerasse uno sciocco ragazzino di campagna: “Per favore, Sam, possiamo mettere una pietra sopra a quanto ho fatto e rimanere amici?”
“Cazzo, non sei tu il problema, sono io. Io è come se… ecco, mi piaci e mi piaci più di quanto ci piace di solito un amico. Non volevo dirtelo, ma intanto credo che prima o poi lo avresti capito da solo. Solo che non volevo spaventarti o offenderti, Cè. E va bene se mi dici che mi vuoi lasciare per i cazzi miei per tutto quest’anno, lo capirei” replicò Samuele, a cui Cesare piaceva davvero, anche se credeva che quel suo sentimento non sarebbe mai stato corrisposto. “Cosa vuol dire che ti piaccio più di quanto si solito ci piace una amico? Vuol dire che ti piaccio come quegli uomini di cui mi ha parlato prima, quelli che incontravi quando stavi in città?” “No, loro non mi piacevano in realtà. Mentre tu mi piaci davvero molto. Voglio dire, è come una specie di amore. Insomma, Cè, credo di essermi innamorato di te” spiegò Samuele, pensando quanto Cesare fosse ingenuo. Adorabilmente ingenuo.
Intanto, ancora una volta, il giovane contadino si trovava in una situazione di grande confusione. Da una parte era sollevato dal fatto che non aveva fatto nulla di sbagliato a Samuele, ma dall’altra non sapeva cosa pensare sul fatto che quest’ultimo gli avesse detto di essersi innamorato di lui. Sapeva solo che il cugino gli piaceva e che doveva comunque replicare qualcosa per farlo rilassare.
“Sam, tu mi piaci tantissimo. Non so cosa dire su questa cosa dell’innamoramento. Sono stato educato a pensare che giocare col proprio alzabandiera fosse una cosa sbagliata, ma so anche che mi piace farlo. Quindi, se tu… se tu ti sei innamorato di me, beh, sarò una cosa che affronteremo insieme” disse Cesare, non capendo perché con questo ragazzo sentisse cose diverse da quelle provate nei confronti degli altri e perché l’amicizia con Samuele avesse assunto, in così poco tempo, una tale importanza.
“Beh, Cè, io sono pronto ad accettare tutto quello che deciderai tu. Volevo solo che tu sapessi quello che provo. Comunque, adesso, possiamo farci una nuotata o dobbiamo tornare subito indietro?” disse Samuele, che non sapeva più cosa pensare: Cesare gli aveva dato un barlume di speranza e ne era molto felice. Ma era meglio non pensarci adesso.
“Dovremmo iniziare a tornare per fare i lavori serali. Comunque non possiamo mica tornare così!” rispose Cesare, puntando il dito con un sorriso birichino alle loro erezioni: “Ma io l’unico metodo che conosco per farlo tornare giù è quello di giocarci finché non sputa!” “Beh, Cè, vuoi una mano per farlo?” chiese Samuele, sperando di non disgustare il cugino.
Cesare non sapeva proprio cosa replicare. Sapeva solo che dopo quelle parole il respiro gli si era fatto pesante e la gola si era seccata. Alla fine, dopo essersi raschiato la voce, rispose: “Io… io credo che potremmo anche… se tu lo desideri veramente.”
“No, la questione è se lo desideri tu, non se lo desidero io. Io non voglio forzarti a fare nulla, Cè, voglio solo fare quello che vuoi tu”ribatté Samuele. Ed era sincero, anche se sperava con tutto il cuore che Cesare accettasse di giocare con lui.
Il giovane contadino serrò gli occhi nello sforzo di capire quali fossero i desideri di Samuele. Ed i propri desideri. Ed alla fine, con una voce abbastanza decisa, rispose: “Certo, dai. Facciamolo!”
Il giovane cittadino si inginocchiò di fronte al cazzo in tiro di Cesare e lo avvolse nel suo pugno, provocando un gemito del ragazzo. Poi iniziò a far lentamente scivolare la pelle del suo prepuzio avanti e indietro sulla sua cappella. Vide una goccia di liquido prespermatico spuntare fuori dal buchetto della cappella di Cesare e, chinandosi in avanti, lo leccò via dalla punta del membro del cugino. “Santo cielo! Non riesco a credere che tu l’abbia leccato, ma è stato così bello!” gemette Cesare che, non avendo mai fatto nulla di neanche lontanamente simile con altre persone, stava scoprendo delle sensazioni che non aveva mai neppure immaginato: “Stavo pensando che magari potrei anch’io giocare col tuo…”
“Possiamo fare tutto quello che vuoi, Cè. Ora però stenditi sull’erba accanto a me, ti farò vedere una cosa” disse Samuele. Cesare si stese sull’erba soffice e suo cugino si sistemò accanto a lui, ma in senso contrario, assumendo la posizione del 69.
“Fai tutto quello che hai voglia di fare, Cè. E va benissimo anche se non farai quello che farò io” aggiunse Samuele prima di ingoiare la mazza di Cesare fino alle palle.
Il giovane verginello lanciò un forte gemito a sentire la sua verga avvolta da quella bocca: quello era molto più che un gioco! Se qualcuno li avesse scoperti, don Tommaso li avrebbe dannati all’inferno per l’eternità, ma ora non gliene importava nulla: stava facendo sesso per la prima volta! Quindi allungò una mano per prendere il cazzo di Samuele ed iniziò a masturbarlo, fissando come ipnotizzato il buchetto della cappella di quest’ultimo, che si apriva e si chiudeva al ritmo delle sue sollecitazioni.
Samuele rimase senza fiato quando sentì Cesare giocare col suo cazzo e decise di rischiare, per vedere fino a che punto potesse spingersi: si leccò un dito e lo premette tra le chiappe del cugino; quando trovò il buco, ci infilò dentro metà del dito.
“Unngh!” grugnì Cesare con forza, sentendo qualcosa spingersi dentro il buco del suo sedere, e subito strinse la sua presa sul fallo di Samuele. Con una mano lo scappellò il più possibile senza arrivare a fargli male, con un dito dell’altra iniziò a carezzargli la cappella, per poi riprendere a masturbarlo.
Samuele gemette per quel trattamento e, notando che a Cesare il dito stava piacendo, lo infilò fino alla nocca ed iniziò a scoparlo col dito. Intanto, sentendo l’orgasmo montare, iniziò istintivamente a muovere di scatto le anche verso la bocca di Cesare.
Il giovane contadino sentiva il dito di Samuele andare sempre più in profondità dentro di sé. All’improvviso poi il dito toccò qualcosa dentro Cesare che gli fece girare la testa. Nella sua mano, la fava del cugino fremeva.
Samuele si tolse di bocca il randello di Cesare per dirgli che stava per sborrare, poi riprese a succhiarlo e a scopargli il culo col dito con furia. Pochi secondi dopo sentì quell’esplosione atomica in miniatura nel suo inguine e fece zampillare la sua sborra in grossi schizzi, gemendo forte intorno al cazzo di Cesare.
Quest’ultimo era così ipnotizzato da quello che stava accadendo che non aveva neppure sentito l’avvertimento di Samuele. E così, prima ancora di capire cosa stesse succedendo, si era ritrovato con il membro del cugino che gli schizzava in faccia. Quando sentì quel seme caldo colpirgli il viso, Cesare perse completamente la testa ed iniziò a dire gemendo con voce roca: “Schizzo… schizzo… schizzo!”
Samuele sentì l’avvertimento di Cesare e lo succhiò con più vigore, continuando a infilargli il dito nel buco. Pochi attimi dopo il giovane cittadino su ricompensato dalla sborrata bollente che gli venne schizzata in bocca. Ne bevve ogni singola goccia e coccolò la mazza di Cesare fino a quando non si ammosciò.
“Cè, ti amo, cazzo! Non ho mai… wow!” esclamò Samuele, estrando il dito dal culo del cugino e girandosi in modo da ritrovarsi faccia a faccia con lui… e rimase a bocca aperta!
“Ho la tua roba in faccia” ansimò debolmente Cesare.
“Cazzo, mi spiace se la cosa ti ha shockato. Ho provato ad avvertirti” ribatté Samuele, temendo che il cugino, come capita molto spesso ai maschi dopo aver fatto sesso per la prima volta con un altro maschio, si sentisse in colpa.
“Non c’è problema, non ti ho sentito. Ma mia mamma mi ammazzerà se torno a casa con questa cosa in faccia!”
Nessun senso di colpa, benissimo! Samuele si chinò su Cesare e gli leccò via ogni goccia di sborra che gli copriva la faccia. Poi lo baciò sulle labbra, facendogli sentire il sapore della sua sborra. Cesare si sentiva nervoso mentre le labbra di Samuele si avvicinavano al suo volto, ma allo stesso tempo voleva capire cosa avrebbe provato a baciare il giovane cittadino. Non sapeva perché voleva scoprire questa cosa e, dopo tutto quello che avevano fatto, ormai non gliene importava poi molto. Quindi aprì leggermente le proprie labbra, aspettando con ansia che, per la prima volta nella sua vita, le labbra di un altro ragazzo toccassero le sue. E prima che potesse capire cosa stava succedendo, la lingua di Samuele entrò nella sua bocca. Cesare si sentiva girare la testa.
Samuele sollevò la propria testa da quella del cugino. Con gli occhi carichi di lacrime di felicità fissava gli occhi dell’altro. Era la prima volta che si innamorava e glielo voleva dire: “Cè, ti amo!” Cesare guardava Samuele sentendo una tempesta di emozioni dentro di sé. Quello che avevano fatto gli era piaciuto molto, ma era anche molto spaventato: “Questo significa che sono gay come te, Sam? Che finiremo entrambi all’inferno?”
“Cazzo! No, non finiremo all’inferno! Ne sono certo, ti amo troppo perché accada. Non c’è da preoccuparsi per queste cose, cazzo, vedrai che lo capirai anche tu” replicò Samuele, anche se poi non ne era così certo (ma non era il caso di rivelarlo proprio ora…): “Quando dobbiamo tornare alla fattoria?” “Dovremmo muoverci. Ma non voglio che mia madre scopra quello che abbiamo fatto, Sam. Lei la pensa come don Tommaso e penserebbe che siamo il demonio. Va bene, Sam?”
“Ok, non lo dirò a nessuno se non vuoi. Non permetteremo a nessuno di scoprirlo fino a quando non ti sentirai pronto. E se ti ci vorrà molto tempo, non sarà un problema” rispose Samuele, abbracciandolo. “Va bene, Sam, questo mi fa sentire molto meglio. E c’è un’altra cosa.”
“Che cosa?”
“Quello che abbiamo fatto è stato davvero divertente. E molto eccitante. Non avevo mai provato sensazioni simili a quelle prima. Sei la prima persona con cui faccio qualcosa e credo di amarti anch’io” “Grazie Cè, non hai idea di quanto avessi bisogno di queste parole” replicò Samuele, che per la prima volta nella sua vita provava qualcosa di più del semplice desiderio sessuale nei confronti di un ragazzo. Sì, era amore quello per Cesare: si sarebbe impegnato perché tutto andasse bene.

* * *

Il giovane contadino ed il giovane cittadino tornarono insieme alla fattoria, godendosi la reciproca compagnia. Mentre Cesare accompagnava Samuele al piano di sopra per cambiarsi ed indossare abiti da lavoro, passarono accanto a Matilde, che disse: “Visto? L’avevo detto che avreste fatto amicizia in un attimo. Ti stai prendendo cura del mio tesoro, Samuele?”
“Sì, signora. Mi ha fatto vedere il ruscello e ci siamo divertiti a nuotare. Grazie per avermi accolto, signora Matilde!”
“Vieni, Sam, ti mostro come si munge una mucca” esclamò Cesare con entusiasmo: era ormai del tutto convinto che lo aspettava un anno fantastico con Samuele. Dopo che i due ragazzi si furono cambiati, ovviamente con grande lentezza per potersi osservare meglio nel frattempo, Cesare condusse il cugino nella stalla.
“Ehm… Cè, io non ho mai munto una mucca prima d’ora, non so se ne sono capace”
“Ma si che ne sei capace, è facile!” esclamò Cesare. Il giovane contadino preparò le quattro mucche che erano pronte a dare latte, poi prese uno sgabello e lo posizionò accanto alla prima mucca: “Ecco, siediti qui, Sam.”
“Ok Cè” replicò Samuele, sedendosi sullo sgabello e ritrovandosi davanti agli occhi il pacco di Cesare.
“Bene Sam, non appena avrai finito di fissarmi l’inguine, prendi questi due secchi. Per prima cosa devi mungere pochissimo latte da ogni mammella dentro il secchio piccolo, per assicurarti che il latte sia buono.”
“Scusa, non volevo fissartelo” rispose Samuele afferrando con una mano una mammella della mucca e provando a tirarla come aveva visto fare in tv, senza ottenere alcun risultato.
“Nessun problema, signor mungitore, stavo solo scherzando. Anzi, mi piace quando mi guardi in quel modo. Comunque, ricordi prima come mi tenevi quando mi hai fatto sentire così bene?”
“Yes… Ma che centra?”
“Prova a far sentire così bene anche la mucca!” scoppiò a ridere Cesare.
Samuele ci riprovò… e questa volta un po’ di latte uscì fuori! Il suo sguardo era raggiante di felicità.
“Bravissimo, signor mungitore! Ti ho appena insegnato come si masturba una mucca!” esclamò Cesare ridendo a crepapelle, poi, non appena si riprese, disse a Samuele di finire di mungere la mucca nel secchio grande. Il giovane cittadino, una volta riempito tutto il secchio, gli chiese cosa doveva fare a quel punto.
“Beh, perché non ti assicuri che il latte delle altre mucche sia buono, mentre io preparo la mungitrice automatica?”
“Ok, ma prima vorrei assicurarmi che è buono il tuo di latte.”
Cesare arrossendo replicò: “Aspetta fino a stanotte, quando andremo a letto. Ma non sperare che riesca a farne quanto una mucca!”
“Ok Cè… Ma se vuoi fare qualcosa, sarò felice di accontentarti!” Cesare e Samuele finirono di mungere le mucche, poi il giovane contadino portò il giovane cittadino a dar da mangiare alle galline.
Una volta finito, entrambi i ragazzi avevano bisogno di farsi una doccia prima di cenare.
“Beh, per oggi abbiamo finito, vero?” chiese Samuele, che non aveva alcun desiderio di rientrare nella fattoria, ma, d’altra parte, non era per nulla abituato a rimanere fuori di casa per tutto il giorno. Mentre Cesare chiudeva tutto per la notte, si girò verso Samuele e gli diede un bacetto sulle labbra, dicendogli ridacchiando: “Sì, abbiamo finito! Ora andiamo a farci una doccia prima di cena, signor mungitore!”
“Non è che tu profumi come una rosa, signor cowboy!” rispose Samuele ridendo e chiedendosi se Cesare avesse i suoi stessi progetti per la doccia…

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