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Voglia in treno

Sesso sesso sesso sesso sesso sesso! Erano giorni che questa parola mi rimbalzava nella mente. Avevo voglia di essere scopata alla grande, penso di non aver mai avuto così tanta voglia.
Sognavo di prendere un bel cazzo gigante, da poter succhiare per farlo diventare di pietra e poi farmi penetrare con violenza…

Il treno continuava il suo tragitto, il paesaggio era monotono e io continuavo a pensare, pensando non mi sono accorta che accavallavo le gambe e mi accarezzavo il collo. Che vergogna!
Un ragazzo moro, dal fisico atletico mi era seduto di fronte, mi fissava e non mi toglieva gli occhi di dosso. Certo si stava godendo un bello spettacolo.
I suoi occhi percorrevano ogni centimetro del mio corpo nudo mentre il resto me li spogliava.
Aveva con se uno zaino dei colori dell’esercito, lo guardai meglio e capii che era un militare, le targhette ad ogni sussultare della carrozza rimbalzavano contro il suo petto marmoreo. Che eccitazione
Avevo paura, paura che mi facesse qualcosa, ma allo stesso tempo lo desideravo e più avevo paura più lo desideravo. Iniziai a bagnarmi, come un lago.

Mi alzai per andare nella carrozza ristorante per calmarmi un po’, cavolo già ero agitata e per colpa di quel ragazzo lo ero ancora di più.
Nell’alzarmi, da brava provocatrice quale sono, gli urtai il ginocchio eravamo gamba contro gamba, lo guardavo, mi guardava, chiedevo scusa e come se non ci fosse stato nessuno su quel treno mi accarezzò la gamba nuda. Avevo i brividi, la sua mano calda e scura aveva lasciato cadere ogni mia inibizione.
Ma feci la preziosa e me ne andai come se niente fosse, anche se dentro di me, sapevo di desiderarlo.

Non avevo fame, così presi solo un bicchiere di vino bianco e mi misi a leggere un giornale, anzi facevo finta di leggere il giornale, giusto per darmi un tono.

Non passò molto tempo che lui arrivò. Mi cercava.

Si avvicinò al mio tavolo con indifferenza, chiedendomi se poteva farmi compagnia. E perché no pensai, ma con fare sprezzante accennai semplicemente un si.

Continuava a fissarmi, si soffermava sul seno, sulle labbra per finire sugli occhi. Dio, mi stavo sciogliendo.
Prese una birra e parlammo del più e del meno, lo trattai freddamente, con superiorità.
Ad ogni sua parola pronunciata con una voce calda e sensuale sentivo delle fitte allo stomaco, possibile che lo desiderassi così tanto?!
Non capivo niente di quello che diceva, ero ipnotizzata dalle sue labbra le immaginavo baciare il mio corpo. Immaginavo i suoi denti mordere i miei capezzoli.
Strusciava le sue ginocchia contro le mie, finché da sotto il tavolino non allungò una mano e iniziò ad accarezzarmi le gambe con forza.
Dovevo averlo non resistevo più.

Mi alzai e lui mi seguì, andammo nel bagno del treno, prima di entrare lo guardai e gli dissi:
– “Cosa vuoi? Non ti ho detto di seguirmi”.
Non disse una parola mi spinse dentro e richiuse la porta alle sue spalle e in un attimo mi trovai contro il muro con il vestito strappato all’altezza del seno e con la sua bocca che premeva sulla mia.
Sentivo le mani ruvide accarezzarmi le cosce.
Mi strappò quel piccolo lembo di stoffa che proteggeva il mio sesso.
Sentii prima un dito, poi due, poi tre insistere dentro, come se stesse cercando qualcosa, mi sgrillettava con forza, non c’era dolcezza nei suoi modi di fare, ma solo violenza, in quel momento ero sua, avrei dovuto fare ciò che mi chiedeva.
Iniziò ad insultarmi, dicendomi
– “Alle belle donne piace essere trattate da troie, tu sei una troia, guardati, non porti neanche il reggiseno”.
Continuava ad insultarmi ed ero sempre più eccitata.
Mi mordeva, mordeva i miei capezzoli il mio seno, le mie labbra.
Mi diceva di supplicarlo, di dirgli che avevo bisogno di lui e del suo cazzo, lo feci. Era vero!
Iniziai a tastare con le mani il suo petto liscio e abbronzato, potevo sentire sotto le mie dita gli scalini che solo un’intensa attività fisica poteva avergli dato sentivo il suo corpo premere sul mio.
Mi spinse in ginocchio e puntò la cappella sulle mie labbra facendosi spazio.
– “Succhialo!”
Nel succhiarlo roteavo la lingua, mi soffermavo ogni tanto sulla cappella e gli infilavo la lingua dentro il buchetto. Lo leccai tutto con gusto per tutta l’asta e poi continuavo a succhiarlo con foga.
Mi piaceva il suo gusto leggermente dolciastro.
– “Sei proprio brava, si vede che sei una puttana. Adesso alzati.”
Mi alzai, mi abbassò completamente il vestito facendolo finire a terra e rimasi vestita solo delle mie scarpe.

Mi girò di spalle, mi piego a 90° e inizio a infilarmi un dito nel buchetto.
– “Ti prego”, gli dissi, “li no”.
Avendo visto le dimensioni del suo pene avevo paura che mi facesse male.
– “Stai zitta, non ha diritto di parlare”.
Iniziò inumidendomi il buchetto ormai comunque bagnato dei miei umori e mi infilò un dito e poi un altro per prepararmi.
– “Sei pronta stronza?”
Avevo un misto di paura ed eccitazione insieme, ma di sicuro non ero pronta.
Mi penetrò con il suo pene e lo fece entrare per tutta la sua lunghezza, sentii le palle sbattere contro la mia pelle.
Vibrava dei colpi secchi e duri senza pietà. Mi stava facendo male, mi bruciava e lacrime rigavano il mio viso.
Mentre con una mano mi teneva per un seno, con l’altra iniziava a penetrarmi la figa.
Iniziai a godere, non sentivo più male, ma solo piacere, sentivo il mio ventre contrarsi per i colpi che mi vibrava.
Inizia a non capire più nulla gli dissi:
– “Si sbattimi, non fermarti, ancora, ancora di più, sono la tua puttana.”
Non se lo fece dire due volte, con le mani mi prese dai fianchi, in modo da poter dare più vigore alla spinte.
Lo sentivo sempre più dentro, stavo godendo.
Lo sentii esplodere dentro il mio culo, mi riempii completamente di sperma e venni anche io. Tremai e venni.
Tirò fuori il pene e mi disse:
– “Pulisci!”
Io glielo ripulii, quindi aggiunse:
– “Sei stata brava, voglio farti un regalo…”
Si inginocchiò e mi leccò con forza ripulendomi dei miei umori e del suo sperma, provocandomi ancora un leggero orgasmo finale.

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